Il fondatore di Libera precisa che l’intervento dello Stato a Caivano è importante ma occorrono anche obiettivi per i giovani
“L'intervento delle forze dell'ordine a Caivano è stato un buon segnale, ma lì, come altrove, bisogna recuperare il senso di una parola cruciale: prevenzione, che significa agire prima, per impedire che certe cose accadano”. Lo ha spiegato il fondatore di Libera, don Luigi Ciotti, che ai microfoni del quotidiano “La Stampa” ha ribadito quanto siano inadeguati gli “interventi repressivi” come soluzione ai reati e alle violenze perpetrate da minorenni. Sottolineando l’importanza di interventi come quelli messi in atto dallo Stato a Caivano e nelle zone limitrofe, don Ciotti, durante la sua intervista, ha specificato che non saranno certamente le “bonifiche” dei territori a risolvere problemi che hanno, in realtà, un’insorgenza di tipo culturale. “Sia ben chiaro, è stata un'azione importante, che mi auguro possa essere replicata dappertutto, perché non c'è solo quel territorio, ma purtroppo in Italia ci sono tante altre Caivano. Detto ciò, prima di annunciare ‘bonifiche’ e mandare le forze di polizia, bisogna chiedersi tutti, io per primo, cosa abbiamo fatto o, meglio, non abbiamo fatto per arrivare a questo punto? Una politica che non ha il coraggio dell'onestà, dell'assunzione di responsabilità, anche di fronte alle proprie omissioni, non sarà mai in grado di costruire un bene comune, di realizzare democrazia. Le periferie - ha proseguito il fondatore di Libera - sono territori infestati da paure, rabbie, risentimenti. Legati a condizioni sociali ed economiche precarie, a loro volta frutto di politiche sociali assenti o insufficienti. Il degrado materiale trasmette agli abitanti delle periferie un senso di abbandono, il sospetto, anzi la convinzione, di essere ‘vite di scarto’, prive di valore. E a volte questo sentirsi senza riferimenti diventa rabbia e degenera in violenza. Una politica che voglia essere davvero strumento di progresso e giustizia sociale deve mettere al centro la questione delle periferie”. La disamina che don Ciotti ha presentato ai microfoni de “La Stampa” sembra essere avvalorata da altri contesti europei, come quelli di Francia e Germania, dove “i numeri dei minori in carcere sono tre volte superiori” rispetto all’Italia, addirittura in Inghilterra, “quattro volte di più”. Tuttavia, in questi Paesi “non c'è stato un effetto deterrente; da loro - ha precisato - la criminalità minorile non è meno preoccupante che da noi”. Per il noto protagonista della lotta alla mafia, è giusto “inchiodare i giovani alle proprie responsabilità”, ma è opportuno che ci sia anche “la messa in prova, l'accompagnamento, oltre ai percorsi che portano più risultati rispetto a interventi repressivi calati dall'alto e dettati dalla paura” di azioni orribili messe in atto dai giovani, azioni che potrebbero essere contrastate con il “sostegno alle famiglie”, sia dal punto di vista lavorativo che economico. “Il malessere giovanile - ha proseguito - è uno straordinario indicatore di una disumanizzazione e mercificazione della vita. Oggi, le emozioni dei ragazzi sono intercettate dal ‘mercato’ e rese veicoli di profitto. E il loro bisogno di considerazione si manifesta anche in forme perverse, violente. Non dobbiamo stupirci di comportamenti che rivelano un vuoto sentimentale e morale, una totale assenza di empatia. In più, queste violenze vengono quasi sempre riprese da telefonini e poi diffuse nei canali social. Segni di un disperato bisogno di apparire, di gridare al mondo la propria esistenza, anche a costo di uccidere o violentare quella di altri”. Secondo don Luigi Ciotti, un altro aspetto sottovalutato è l'abuso da parte dei più giovani di alcool e droghe: “I dati sull'abuso di alcol tra i 15 e i 19 anni sono terribili e le droghe stanno di nuovo dilagando, complice la scelta strategica delle mafie di ridurre drasticamente i prezzi. La società del capitalismo avanzato evita di parlarne; anni fa c'era più attenzione. Si risponde al malessere dei giovani non con l'ascolto, ma con gli psicofarmaci, il cui uso è pure in crescita allarmante: una risposta che imbavaglia le inquietudini, ma, al tempo stesso, prosciuga i canali emotivi”. Una società, dunque, meno attenta ai suoi giovani, più incline ai palliativi, mentre edifica “quartieri della rabbia” che si espandono attraverso il “vuoto di una città incapace di relazione e di cura. Noi - ha concluso - dobbiamo fare di tutto per riempire quel vuoto, dobbiamo inondare quei territori di progettualità, di spazi, di opportunità per le persone”.
Foto © Paolo Bassani
ARTICOLI CORRELATI
Povertà e degrado, don Ciotti: ''Futuro a rischio, la politica deve dare risposte concrete''
Don Ciotti: ''No all'indifferenza. Nella lotta alle mafie la scuola è essenziale''
La vicinanza del governo alle vittime di Caivano, Foggia e Tor Bella Monaca? Ipocrita e inutile