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«La mafia, lo ripeto ancora una volta, non è un cancro proliferato per caso su un tessuto sano. Vive in perfetta simbiosi con la miriade di protettori, complici, informatori, debitori di ogni tipo, grandi e piccoli maestri cantori, gente intimidita o ricattata che appartiene a tutti gli strati della società. Questo è il terreno di coltura di Cosa Nostra con tutto quello che comporta di implicazioni dirette o indirette, consapevoli o no, volontarie o obbligate, che spesso godono del consenso della popolazione». (Giovanni Falcone)

Il volume che avete tra le mani è la risultante di alcuni anni di collaborazione con la rivista periodica online “Girodivite”, testata siciliana nata come supplemento cartaceo a quel prezioso giornale che fu “I Siciliani” (fondato da Pippo Fava) e, in seguito, diventata esclusivamente telematica.

Nel corso dei tre anni circa che separano il primo articolo pubblicato dall’ultimo, chi scrive si è dedicato per ragioni professionali – insegno in un liceo artistico statale torinese – alla messa a punto di un sapere meno approssimativo sul tema delle mafie, cercando, prima ancora che di informare, di formarsi, di rintracciare, dove possibile, una storia e un’evoluzione delle consorterie criminali di stampo mafioso.

Non è, dunque, un sapere esperto quello che guida e che governa gli articoli che formano la struttura del presente volume, ma un’indagine a tratti miope e imprecisa, un percorso di auto-formazione che, nel corso del tempo, ha affinato qualche strumento conoscitivo e reso meno incerto tale percorso; per quanto non possa dirsi che si tratti, a oggi, di un percorso lineare e scorrevole e ciò non solo per la natura di un fenomeno che, volutamente, cerca di interrarsi, ma anche per la vastità di un argomento che si intreccia profondamente con i principali aspetti della vita associata della nostra storia nazionale, da quelli politici a quelli economici, da quelli sociali a quelli culturali.

Ecco, se un primo approdo conoscitivo c’è stato, se un primo tassello non occasionale si è presentato alla mente dello scrivente, si è trattato proprio di questo, ossia la consapevolezza che non possano intendersi la storia e le graduali metamorfosi delle mafie nostrane se non alla luce del loro profondo intrecciarsi con le vicende del Paese. In particolare, è impossibile spiegare la loro plurisecolare persistenza se non individuando alla base di tale longevità un intreccio tossico e, a quanto pare, ancora oggi ineludibile tra le consorterie criminali e i pubblici poteri; e ciò ancora prima che lo Stato unitario, nel 1861, prendesse forma.

Tale consapevolezza corre lungo tutto il volume, appare qua e là, in un articolo su un’inchiesta o un processo oppure in un altro riguardante un testimone che narra la propria vicenda esistenziale graffiata dall’incontro con la violenza mafiosa, egli stesso approdato a un simile riconoscimento, alla coscienza che dietro la morte di un famigliare ci fosse una mano criminale mafiosa guidata da una mente criminale meno mafiosa, ma non meno violenta; è il caso, ad esempio, di Stefano Mormile e Gianluca Manca, fratelli entrambi di vittime di mafia, per quanto a oggi in nessuno dei due casi le zone d’ombra siano state chiarite a livello giudiziario.

Le zone d’ombra, appunto, quelle che il titolo dell’opera qualifica come “dintorni” e che ricalca esattamente la denominazione del corso di formazione per docenti del Piemonte che lo scrivente ha organizzato in questi anni presso il proprio liceo. Mafie e dintorni, dunque, come voluta dichiarazione di un assunto che occorre ribadire perché repetita iuvant e perché, a dispetto di questa coscienza ormai diffusa a vario livello (giornalistico, giudiziario, accademico, cinematografico ecc.), un certo blocco di poteri e lo stesso immaginario collettivo sembrano refrattari al riconoscimento dei “dintorni”, ossia di tutte quelle forme di vita associata, formale o informale, che hanno consentito l’affermazione, lo sviluppo, il consolidamento e l’espansione ormai planetaria di Cosa nostra, della Camorra e, soprattutto, della ‘Ndrangheta.

Politica nazionale e locale, apparati deviati dello Stato, logge massoniche, la stessa Chiesa, eversione nera, colletti bianchi e innumerevoli figure di professionisti hanno consentito e consentono, in vario modo e con diverse finalità opportunistiche e ambiziose, ai boss e ai loro sodali di correre lungo tutta la storia italiana, dal Regno alla Repubblica sino a oggi. E se per oltre un secolo, la mafia è stata la marca di un detersivo, come con ignobile ironia aveva affermato il cardinale Ernesto Ruffini arcivescovo di Palermo, oggi non vi è alcun dubbio che esista e questo non è un risultato da poco, se ci si pensa. Per quanto, per arrivare a questo risultato, strade e contrade italiane abbiano dovuto pagare un prezzo altissimo: giornalisti, magistrati, membri delle forze dell’ordine, cittadini ignari e lontani da ogni forma consapevole di contrasto alle mafie sono stati sacrificati sull’altare di una volontà di dominio e di potere che va spesso allargato oltre i confini nazionali. In tal senso, può essere utile la lettura dell’articolo dedicato a Pio La Torre o quella di altri articoli che mettono bene in evidenza come le stragi di mafia siano coeve alla dissoluzione di un mondo, quello del bipolarismo Usa-Urss, o di altri che sottolineano come la Repubblica sia stata insanguinata da una serie di atti di sangue in cui le mafie hanno intrecciato i loro interessi con quelli di altre consorterie istituzionali.

La mafia, oggi, esiste, dunque. Però, è stata ed è capace di evolvere e adattarsi al cambiamento, superata la fase stragista corleonese, che tanto è costata a Cosa nostra in termini di prestigio e di primazia nel Paese. Un adattamento e un cambiamento di cui si fa protagonista la ‘ndrangheta, il suo parlare silente, la sua ricerca proficua di capitale sociale, di entrature in ogni dove, la sua graduale costruzione di una rete di relazioni utili e finalizzate a un profitto cancerogeno per l’economia nostrana, là dove i mafiosi calabresi riescono a insediarsi. Ma, attenzione. Sarebbe sbagliato ritenere queste dinamiche cristallizzate sull’assioma del contagio mafioso, ossia sulla capacità di penetrazione e di infiltrazione mafiose irresistibili, a fronte di un territorio vergine e incolpevole, vittima del sopruso e della sopraffazione. Perché, se un secondo approdo conoscitivo del fenomeno è arrivato al sottoscritto, è che l’homo mafiens è sempre meno distinguibile dal sapiens etico e legale. Sempre meno, oggi, è possibile descrivere l’espansione mafiosa alla luce delle sole – e non sono poche – capacità di intimidazione dei clan, perché tali capacità si combinano in un impasto sgradevole sul piano etico e morale con la disponibilità del sapiens a incontrare il mafiens, a usarlo, salvo poi farsene usare.

In tal senso, illuminante può essere l’analisi che del fenomeno corruttivo ha avanzato il prof. Vannucci dell’Università di Pisa: la corruzione è anche un’attività mafiosa, ma non tutte le prassi che svillaneggiano le pubbliche economie hanno bisogno di mafiosi per prendere forma; in alcuni casi, anche dinanzi a esplicite richieste dei clan, questi sono stati invitati a rimanere fuori.

Dunque, un altro nodo concettuale è reperibile dall’insieme degli articoli che vi apprestate a leggere: le mafie non bastano da sole e hanno ben compreso che una comunità poco incline ai valori del pubblico e poco avvezza alla democrazia e alla forte richiesta di affermazione di uno Stato di diritto possa essere permeabile e disposta a una collaborazione criminale; ovviamente, a sfavore di chi quelle pulsioni così potentemente ambiziose ed egoistiche riesce, quantomeno, a raffrenarle o a mediarle con una diversa considerazione della vita associata.

Nelle pagine che seguono, dunque, è possibile intravvedere almeno questi due aspetti generali, che sono, forse, poca cosa, ma che rappresentano, al di là dei dettagli, gli esiti dell’incontro fra lo scrivente e la redazione di Girodivite.

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Il libro è reperibile in formato kindle su Amazon e in formato epub su Ibs al costo di 3 euro, così come su altri bookstores internazionali.

La versione cartacea può essere acquistata presso i principali bookstores; ed è anche presente, al costo di 20 euro e in modalità print on demand, sulla seguente piattaforma: Clicca qui!

Parte del ricavato della vendita sarà devoluta al Rifugio “Il Bau” di Alpignano (TO) dell’Associazione Bastardini Odv.

*Tratto dall’introduzione di “Mafie e dintorni”, di Franco Plataroti  (edizioni Zerobook, 2023)

Info: Girodivite

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