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Le azioni delle banche quotate a Piazza Affari hanno subito un duro colpo a causa dell'annuncio del vicepremier Matteo Salvini riguardante l'imposizione di una tassa del 40% sugli extraprofitti degli istituti di credito. Questa notizia ha spaventato gli investitori e ha causato un calo significativo nei valori delle principali banche. Nel corso delle prime ore di negoziazione, si è assistito a un crollo di quasi 10 miliardi di capitalizzazione, una cifra tripla rispetto a quanto previsto inizialmente dal governo.
All'orario di 11:40, la peggiore performance è stata registrata da Bper, che ha visto un calo di quasi il 9,5%, seguita da Finecobank (-9%). Anche Banco Bpm, Banca Monte Paschi di Siena e Intesa Sanpaolo hanno subito un forte calo superiore all'8%, mentre Unicredit ha subito una flessione del 6,5%. In generale, tutto il settore dei principali titoli bancari è in sofferenza. Banca Generali, Banca Mediolanum e Mediobanca hanno riportato ribassi superiori al 2%.
Gli analisti mettono in evidenza che "l'impatto stimato di questa nuova misura è persino più grave rispetto alla simulazione effettuata lo scorso aprile". Le stime indicano che i profitti netti delle banche nel 2023 potrebbero diminuire di circa il 10%. Dai calcoli iniziali, emerge che solo per il 2023 l'effetto potenziale potrebbe superare i 2,8 miliardi di euro. Considerando un'applicazione retroattiva (che includerebbe anche i risultati del 2022), questa cifra potrebbe aumentare ulteriori 1,5 miliardi di euro.
La norma aveva preso forma a Chigi su input di Giorgia Meloni e del sottosegretario Giovanbattista Fazzolari. La premier aveva condiviso la notizia con i vicepremier Salvini e Tajani solo il lunedì mattina. Poi, durante il Consiglio dei ministri, ma solo a porte chiuse, il testo era stato letto rapidamente da Giorgetti. Il documento, completato nel weekend, era stato inviato al Tesoro la mattina del lunedì, senza alcuna informazione preventiva. Non vi era stato alcun passaggio nemmeno con le grandi banche o con l'Abi, la Confindustria del settore.
Tecnicamente, la misura mirava a tassare il margine di interesse, che rappresentava la differenza tra i tassi pagati ai correntisti e ai depositanti (in media solo dello 0,3%) e quelli applicati ai prestiti erogati, vicini al 5%. Questi tassi erano allineati con i rialzi effettuati dalla Bce nell'ultimo anno e mezzo. L'imposizione del 40% scattava nel caso in cui il margine nel 2022 "eccedesse per almeno il 5%" il valore dell'esercizio 2021. Questa percentuale saliva a "almeno il 10%" nel confronto tra il 2023 e il 2021. All'inizio, i differenziali rilevati erano del 3% e 6%, ma bastò mezza giornata e i primi contatti con gli istituti per innalzare le soglie.
Tuttavia, l'impatto era significativo. Nel 2022, il margine d'interesse era stato di 45 miliardi, 7 in più rispetto all'anno precedente, e nel 2023 si prevedeva che superasse i 60 miliardi, a meno che le istituzioni non avessero reagito aumentando la remunerazione per i depositi bancari. Fonti bancarie stimavano un gettito di 7-9 miliardi, mentre le stime del Tesoro lo ridimensionavano a circa cinque miliardi. Questi fondi dovevano servire per tamponare la manovra d'autunno, ma solo per le spese non strutturali.
Il testo non doveva essere pubblicato sulla Gazzetta prima di Ferragosto, per concedere al Parlamento, chiuso per le ferie, il tempo di convertirlo.
"La misura proposta dal ministro dell'Economia e delle finanze, condivisa e approvata dal consiglio dei ministri nasce sulla scia di norme già esistenti in Europa in materia di extra margini bancari" e "gli istituti bancari che hanno gia' adeguato i tassi sulla raccolta cosi' come raccomandato lo scorso 15 febbraio con specifica nota da Bankitalia, raccomandazione poi richiamata dal ministro Giorgetti in occasione dell'assemblea Abi lo scorso 5 luglio, non avranno impatti significativi come conseguenza della norma approvata ieri in Cdm" ha precisato il Mef in una nota.  "Al tempo stesso", prosegue il comunicato, "la misura, ai fini della salvaguardia della stabilita' degli istituti bancari, prevede anche un tetto massimo per il contributo che non può superare lo 0,1 % del totale dell'attivo. A questo proposito si ricorda che la base imponibile di tale imposta è determinata dal maggior valore tra l'ammontare del margine d'interesse di cui alla voce 30 del conto economico, redatto secondo gli schemi approvati dalla Banca d'Italia, relativo all'esercizio antecedente a quello in corso al 1 gennaio 2023 che eccede per almeno il 5 per cento il medesimo margine nell'esercizio antecedente a quello in corso al 1 gennaio 2022 e l'ammontare del margine di interesse di cui alla voce 30 del conto economico, redatto secondo gli schemi approvati dalla Banca d'Italia, relativo all'esercizio antecedente a quello in corso al 1 gennaio 2024 che eccede per almeno il 10 per cento il medesimo margine nell'esercizio antecedente a quello in corso al 1 gennaio 2022".

Foto © Imagoeconomica

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