Luigi de Magistris: “Le mie indagini sul 'sistema' distrutte da bombardamenti istituzionali”
Due libri per parlare di antimafia, di sistemi di potere, ma anche di impegno politico e sociale. Il primo è “Fuori dal sistema” (Piemme edizioni), un libro scritto da Luigi de Magistris, politico ed ex magistrato che ha saputo raccontare un sistema ben collaudato che nel tempo ha fagocitato denaro pubblico, anche attraverso la compiacenza e gli interessi della politica, di una parte delle istituzioni e della massoneria deviata. Un sistema che non intende retrocedere, ma attacca con fermezza e determinazione tutti coloro i quali intendono mostrare fedeltà alla Costituzione italiana. Il libro “Fuori dal sistema” si avvale della prefazione del magistrato Nino Di Matteo e della postfazione di Pablo Iglesias, fondatore in Spagna del partito politico Podemos. Il secondo è “Sulle orme dei veri eroi” (Iod edizioni), un libro scritto da Mario Bruno Belsito: “un operaio dell’antimafia sociale”, come lui stesso ama definirsi. Belsito ha ripercorso la strada della lotta alla mafia attraverso le storie dei testimoni di giustizia, delle vittime di mafia e dei loro familiari. Un viaggio storico che vede la prefazione di Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo Borsellino assassinato in via d’Amelio insieme agli uomini della sua scorta il 19 luglio del ‘92; mentre la postfazione è scritta invece da Piera Aiello, testimone di giustizia e cognata di Rita Atria: la 'Settima vittima' di via d’Amelio che, purtroppo, ha deciso di togliersi la vita dopo la sensazione di essere stata abbandonata dallo Stato.
L’antimafia come nuovo modello educativo
Attraverso le testimonianze, i racconti e le analisi dei due autori, insieme al contributo di Salvatore Borsellino e del giornalista nonché caporedattore di ANTIMAFIADuemila, Aaron Pettinari, che ha moderato il dibattito che si è svolto presso la Casa di Paolo a Palermo, sono emersi i valori che conferiscono la vera forza all'antimafia, voluta e realizzata dalla società civile. Un dibattito che, senza indugi, è arrivato dritto al punto grazie all’intervento di Belsito: “Da insegnante ho creato modelli educativi in grado di spiegare che l’antimafia non è quella delle grandi manifestazioni dove spesso partecipano anche personaggi che non credono molto in quello che fanno; credo di più - ha spiegato Belsito - ai cortei che partono dal basso e ‘prendono le manganellate’ (in riferimento alla repressione subita dal corteo antimafia in via Notarbartolo il 23 maggio scorso, ndr) e alla società civile che intende migliorare questo Paese”.
La criminalità istituzionale
Le parole pronunciate dall'autore del libro “Sulle orme dei veri eroi” non solo hanno evidenziato la necessità di rafforzare la lotta alla mafia, inserendo la sua storia nel programma ministeriale per la formazione dei giovani studenti, ma hanno anche introdotto le parole che de Magistris ha utilizzato per spiegare l'impatto di un sistema corrotto sulla società. Infatti, durante il suo intervento, l’ex magistrato ha ricordato il momento in cui il suo lavoro è stato colpito da bombardamenti istituzionali che, oltre alla sua carriera, hanno compromesso anche le indagini su un inquietante rete di corruzione che vedrebbe la partecipazione di lobby, logge massoniche, mafie e settori deviati dello Stato. “La criminalità istituzionale all’interno dello Stato ha utilizzato legalità formale, carta da bollo e proiettili istituzionali per neutralizzare chi non era controllabile. Per questo motivo - ha spiegato de Magistris - mi sono sentito in pericolo nel luogo in cui dovevo essere maggiormente protetto: il Palazzo di Giustizia. Io porto con me un record che mi fa male, ma lo considero anche una medaglia al valor civile. Ho fatto una ricerca e ho constatato che, nel mondo, sono il magistrato che ha collezionato il maggior numero di interrogazioni parlamentari: ben 117.” - prosegue - “Purtroppo oggi c’è meno attenzione, meno tensione morale e un livello di credibilità in seno alla magistratura che si è abbassato, basti pensare al Palamara gate come sistema interno alla magistratura”. Infine, il commento di Salvatore Borsellino sulla vicenda che ha determinato la fine della carriera di Luigi de Magistris come magistrato: “Io ho un rimorso nella mia vita. Quando hanno ucciso mio fratello Paolo Borsellino, io ero a 1500 chilometri di distanza. Ho il rimpianto di non aver vissuto la sua vita da magistrato perché ero andato via da Palermo; in qualche modo ho sentito di non esserci stato quando lo hanno ucciso. Ma quando sono andato a Catanzaro per difendere de Magistris - ha ricordato Borsellino - ho capito che mi stavo riscattando perché in quel momento ho difeso un giudice che era ancora in vita, ma che stavano cercando di uccidere in maniera diversa rispetto a come hanno fatto con mio fratello”.
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