Il fotomodello è indagato, perquisita la casa. “Io cittadino onesto, ma siccome mi chiamo Fabrizio Corona si sospetta che abbia fatto qualcosa di losco”
Un maresciallo dei carabinieri e un consigliere comunale avrebbero tentato di vendere oltre settecento file segretissimi sulle indagini che hanno portato all'arresto del boss Matteo Messina Denaro attraverso la mediazione di Fabrizio Corona (in foto), l'ex 're dei paparazzi' da anni scivolato in un abisso di guai giudiziari. I primi due sono stati arrestati e posti ai domiciliari secondo disposizione della procura di Palermo guidata da Maurizio de Lucia e dell’aggiunto Paolo Guido. Si tratta del maresciallo dei carabinieri di Mazara del Vallo, Luigi Pirollo, e del consigliere comunale Giorgio Randazzo. Il tesoretto investigativo sarebbe dovuto finire al giornalista Moreno Pinto che però ha denunciato l’accaduto invece di pubblicarlo sul sito 'Mow' da lui diretto. Dallo "scoop pazzesco" sognato in primavera, come lo ha definito in un'intercettazione il fotografo, agli esiti dell'inchiesta giudiziaria coordinata coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia e dall'aggiunto Paolo Guido, il passo è stato breve. Il militare e il politico sono finiti ai domiciliari e Corona, la cui casa milanese è stata perquisita dai carabinieri, è indagato. Tutto è partito da alcune intercettazioni disposte a carico del fotomodello. Dopo la cattura dell’ex latitante di Cosa Nostra, Corona venne in possesso di una serie di audio di chat tra il boss e alcune pazienti da lui conosciute in clinica durante la chemioterapia quando, ancora ricercato, usava l’identità del geometra Andrea Bonafede. La circostanza spinse gli inquirenti a mettere sotto controllo il telefono di Corona. In una di queste conversazioni (del 2 maggio) il fotografo fa riferimento a uno “scoop pazzesco” di cui era in possesso un consigliere comunale - successivamente identificato in Randazzo - grazie a non meglio specificati carabinieri che avevano perquisito i covi del capomafia e che volevano vendere il materiale. Nei giorni successivi Corona ha continuato a manifestare l’intenzione di rivendere il materiale che il consigliere gli avrebbe procurato. Il 25 maggio Pisto, Randazzo e il fotografo si sono incontrati. In quella occasione il giornalista di Mow, con uno stratagemma, è riuscito in segreto a fare copia dei file a lui mostrati e offerti dal politico.
Dopo averli visionati e rendendosi conto della delicatezza del materiale si è rivolto a un collega che gli ha consigliato di parlare con la polizia. Pisto, allora, è andato alla Mobile di Palermo e ha raccontato tutta la vicenda. Sulla base delle sue testimonianze gli investigatori hanno cominciato a indagare e hanno scoperto, attraverso indagini informatiche, che i documenti copiati dal giornalista ad insaputa del consigliere erano stati rubati e che l’autore del furto era Pirollo che aveva lasciato tracce del suo “ingresso” nel sistema e che era uno dei soli due ufficiali che avevano avuto accesso al server della Stazione di Campobello (l’altro carabiniere è risultato estraneo ai fatti). Continuando a indagare gli inquirenti hanno inoltre scoperto che il carabiniere aveva rapporti di frequentazione con il consigliere. Il tentativo di piazzare i file è stato così sventato e sono state chiarite a quel punto le parole di Corona intercettate a maggio.
"Mi sono comportato come un cittadino onesto, ma siccome mi chiamo Fabrizio Corona si sospetta che abbia fatto qualcosa di losco" ha fatto sapere attraverso il suo avvocato Ivano Chiesa. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, il militare sarebbe entrato illegalmente nel sistema informativo dell'Arma facendo una copia dei file sull'inchiesta che ha portato all'arresto di Messina Denaro il 16 gennaio scorso, e li ha consegnati a Rattazzo. Il politico ha poi cercato di farli arrivare, su consiglio di Corona, a Pisto proponendogli l'acquisto. "E' ritenuto certo il movente economico che ha indotto il maresciallo dei carabinieri Luigi Pirollo, accusato di accesso abusivo al sistema informatico e violazione del segreto d'ufficio, a cedere al consigliere comunale Giorgio Randazzo documenti riservati sulla cattura di Messina Denaro da vendere a Fabrizio Corona"- scrive il gip - ma questo, non è incompatibile con il movente in via ipotetica individuato dal pubblico ministero, di alimentare teorie `complottistiche sulla cattura del latitante Messina Denaro e ciò sia perché proprio eventuali retroscena nascosti di quella cattura rendevano più appetibili per i media quei documenti, sia perché esistevano - ed esistono tuttora - ragioni di legittimo approfondimento degli accadimenti connessi alla cattura del latitante".
Foto © Imagoeconomica
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