“Questa sera ci troviamo qui per raccontare storie del passato che raccontano verità sommerse di vittime innocenti di mafia di cui nessuno parla. Vittime non blasonate e in quanto tali, spesso, passano nel dimenticatoio. E noi, per questo, vogliamo ricordarle”. A parlare è Luigi Lombardo, segretario Provinciale del Siap Palermo, intervenuto ieri sera a Trappeto nell’ambito della rassegna culturale “di libri e pensieri”. La prima tappa di una lunga serie che vedono il piccolo comune in provincia di Palermo protagonista della kermesse organizzata da “Il Tarlo”. Ieri sera, in piazza Umberto I, sono stati presentati tre libri alla presenza dei rispettivi autori. “Dietro ogni lapide” di Alessandro Chiolo, “Sangue innocente” di I.M.D. e, infine, “Albicocche e sangue” di Francesca Bommarito. Ad alternare gli interventi vi sono state le letture di Filippo Grillo.
“Nel mio libro tratto le storie di 10 vittime innocenti sconosciute. Parlo di vittime che spesso si ritengono di Serie B perché appartenenti alla società civile e non a organi istituzionali”, ha detto Chiolo, autore di un volume che ha raccontato, tra le altre, la storia del piccolo Giammatteo Sole ucciso dopo essere stato torturato per volontà di Bagarella. Quelle raccontate nel libro di Chiolo sono storie accomunate non solo dal “classismo” istituzionale della retorica celebrativa, ma anche da “una sistematica macchina del fango che cerca subito una giustificazione che esuli la pista mafiosa”. “È una cosa scientifica - ha aggiunto -, che fa a capo a una regia occulta”.
È stata poi la volta di I.M.D. e del suo Mario Castrogiovanni, un commissario di Polizia inventato ma che porta con sé il nome e il cognome di due investigatori della Squadra Mobile di Palermo di primo ordine - Rosario Castrogiovanni e Mario Bignome - che post mortem continuano ad ispirare tanti giovani agenti e continuano a vivere grazie a questo soggetto “strambo”. “‘Sangue Innocente’ è l’ennesimo tentativo di romanzare un pezzo di storia del nostro Paese in cui la verità emerge con fatica e, quando avviene, con estremo ritardo. A volte anche di 30 anni”, ha detto l’autore che oggi lavora alla DIA e per tanti anni ha lavorato nella Catturandi a Palermo, ed è stato presente in alcune delle più importanti operazioni antimafia, tra cui la cattura di Provenzano, Lo Piccolo e i fratelli Brusca. “Spesso la macchina del fango che segue un delitto di mafia è funzionale anche a mantenere l’immagine dell’organizzazione mafiosa che spesso ha ucciso persone scambiandole per parenti, omonimi o perfetti sconosciuti - ha detto -. Non potendo ammettere l’errore ecco dunque che la mafia puntualmente avvia la macchina depistatrice”. Ecco perché è importante scrivere, “perché è un ulteriore modo per informare ed essere informati. Ed è anche un modo per pretendere la verità e impedire alla politica, per esempio, di raccontarci falsità. Dobbiamo pretendere la verità anche se amara. E persino in un romanzo, che di suo romanza le storie, io mi sforzo di dire la verità”.
L'intervento di Aaron Pettinari
Nel corso della serata è stata data la parola anche ad Aaron Pettinari, caporedattore di ANTIMAFIADuemila, presente tra il pubblico, che ha ricordato che “per fare memoria è importante far rispettare anche i diritti. Il primo su tutti, appunto, il diritto alla verità. Ma anche l’art. 21 che non è il diritto di ‘noi’ giornalisti, ma di tutta la collettività di informare e di essere informati”. Pettinari ha poi invitato a fare attenzione quando si fa memoria, affinché sia attiva e non reclusa al passato. Che parta dalle storie per poi giungere al presente. “Oggi si cerca di riformare, normalizzare e restaurare alcune cose tornando al passato. E non possiamo permetterlo - ha continuato -. È fondamentale porsi le giuste domande e chiedersi cosa sia la mafia oggi. E domandarsi cosa ci sia dietro un carico di droga che arriva a Palermo e i cui primi consumatori sono uomini che rappresentano la nostra politica e le nostre istituzioni”.
È stata poi la volta di Francesca Bommarito, sorella dell’appuntato Giuseppe ucciso il 13 giugno 1983 nella strage di via Scobar assieme al Capitano Mario D’Aleo e il carabiniere Pietro Morici. In “Albicocche e sangue”, la Bommarito ricostruisce la strage che le ha strappato il fratello 40 anni fa, ma - vestendo i panni di una detective - ricostruisce anche la trama che ha portato al triplice omicidio e il depistaggio che ne è conseguito. Un volume che offre un importante contributo di verità. “La ricerca di verità per me significa rendere giustizia alla memoria dei caduti, tra cui mio fratello”, ha detto l’autrice nonché familiare di vittima innocente di mafia. Anche lei ha dovuto affrontare la mostruosa macchina del fango dopo la strage. “Un tentativo di depistaggio che voleva farlo apparire come una vittima del caso, che non doveva essere lì nel luogo della strage - ha aggiunto -. Mio fratello era un preciso obiettivo del commando di killer perché stava guidando il Capitano D’Aleo nel riprendere le indagini del Capitano Basile, ucciso poco tempo prima”.
L'intervento di Francesca Bommarito
A chiusura dell’evento è intervenuto anche Jami El Sadi, membro del collettivo antimafia Our Voice che da qualche anno si trova anche a Palermo e che, in queste settimane, sta organizzando assieme al “Coordinamento 19 luglio” alcune attività di memoria per la strage di via d’Amelio.