E’ un trend negativo quello che investe gli istituti di pena dell’isola: le aggressioni agli operatori in continuo aumento, le condizioni dei detenuti sempre più drammatiche. Si è svolto a Catania un convegno dal titolo “Il tempo trascorso in carcere” organizzato dalla CGIL Funzione Pubblica Sicilia il cui intento è stato quello di rilanciare il tema in un’ottica risolutiva delle criticità.
La popolazione detenuta siciliana è di circa 6200 unità, di cui 1000 stranieri, un altissimo numero di reclusi per reati di associazione a organizzazioni mafiose, molti dei quali con problemi psichiatrici.
Gaetano Agliozzo, Segr. Generale della FP CGIL Sicilia: “Gli operatori sono sottoposti ad un altissimo stress fisico per il rischio delle aggressioni da parte dei detenuti che sono in netto aumento, così come i suicidi. La sanità penitenziaria necessità di grande attenzione e di decisioni e azioni da assumere in fretta. La mancanza di infermieri e di polizia penitenziaria rischiano di fare esplodere il sistema che non è più in grado di assicurare la giusta tutela per i lavoratori e livelli di assistenza sanitaria adeguata per i detenuti. Chiediamo da tempo protocolli che attivino servizi di salute mentale per i detenuti che presentano disturbi psichici e l’istituzione di osservatori di cui parte integrante siano anche le ooss.”
Nell’ambito del convegno si è anche affrontato il tema dei detenuti minorenni, i più esposti e che, proprio per questo, necessiterebbero di maggiore attenzione: purtroppo anche qua la situazione carceraria non è per niente positiva con l’aggravassi di situazioni legate a tossicodipendenze, a problemi psicologici gravi che sfociano sempre più in atti di violenza generica ma anche di autolesionismo. La prerogativa, costituzionale, di un carcere che riabilita e rieduca viene sicuramente meno in uno scenario come quello in cui versano le carceri siciliane (il dato nazionale comunque non si differenzia di molto), ed emerge con forza l’aspetto meramente detentivo e punitivo che poi è quello che riporta in carcere, il più delle volte, gli stessi detenuti.
Nel XVII rapporto sulle condizioni di detenzione redatto dall’Osservatorio Antigone viene riportato che alla metà del gennaio 2021, erano 281 i ragazzi detenuti nei 17 Istituti penali per minorenni presenti sul territorio nazionale. Un numero sostanzialmente identico a quello del 15 maggio 2020, quando erano 280. Tre mesi prima, alla metà di febbraio, erano invece oltre il 33% in più, vale a dire 374. Un numero pari al 24,7% dei 1.513 ragazzi presenti nelle varie strutture residenziali della giustizia minorile (principalmente comunità) e al 3% dei 12.421 ragazzi in carico agli uffici di servizio sociale per i minorenni. Tre mesi dopo, troviamo che i ragazzi in Ipm sono il 20,9% dei 1.340 ragazzi ospitati in strutture residenziali e il 2,13% dei 13.151 ragazzi in carico ai servizi.
Ovunque si comprende che le innovazioni tecnologiche introdotte con l’emergenza sanitaria non devono andare perdute dopo la pandemia.
Le nuove norme sull’ordinamento penitenziario minorile dell’ottobre 2018 portavano con sé un carico di sperimentazione capace auspicabilmente di indicare la strada anche a un modello più avanzato di detenzione per gli adulti. Le sezioni a custodia attenuata, radicate e aperte al territorio esterno, le visite prolungate, con la potenziale intimità che possono permettere, potrebbero trasformare considerevolmente il modello detentivo. Sono dati che riportano con drammatica attenzione quale debba essere l’impegno rispetto al sistema carcerario nella sua interezza e a cui le Istituzioni, non solo devono dare risposte, ma trovare, e in tempi veloci, soluzioni che possano adeguare la condizione detentiva al rispetto della persona e della dignità umana.
Foto tratte da: FP CGIL SICILIA