Intervista de Il Fatto Quotidiano alla presidente del collegio della Corte d’Appello di Milano che condannò l'ex Premier per frode fiscale
“Solo in un Paese come il nostro frodare il fisco per milioni di euro può essere considerato un reato di poco conto. In altre realtà, penso agli Stati Uniti, le conseguenze penali sono ben diverse. E chi evade non è ritenuto un furbo, ma un mariuolo di una certa importanza”. E' una considerazione tanto amara quanto realistica quella che Alessandra Galli ha rilasciato quest'oggi a Il Fatto Quotidiano. Lei è l'ex presidente del collegio della Corte d’Appello di Milano che nel maggio 2013 confermò i quattro anni di reclusione per frode fiscale all’ex premier nel processo sulla compravendita dei diritti tv Mediaset. Dallo scorso anno è in pensione e pertanto ha potuto esprimere anche alcune considerazioni su quel clima, tra "assedi" e "aggressive campagne mediatiche contro la magistratura, che si respirava al tempo affrontando il processo.
"La difficoltà - ha ricordato - era cercare di applicare la legge come avremmo fatto in ogni altro caso, senza farci condizionare dal nome dell’imputato o dal clima incandescente che si era venuto a creare". Anche perché il periodo storico era delicato con una campagna elettorale in corso e continue richieste di legittimo impedimento che minavano il corso del processo stesso.
"Sembrava che cercassero apposta l’incidente - ha ricordato la giudice in un altro passaggio dell'intervista - la risposta fuori dalle righe, che avrebbe potuto essere usata per dimostrare un nostro pregiudizio. La sfida quindi era riuscire a mantenere la serenità di giudizio – anche di fronte ad affermazioni che avrebbero potuto minarla – e non farsi prendere eccessivamente in giro".
Un altissimo momento di tensione fu la marcia dei parlamentari del Pdl sul Palazzo di giustizia durante il dibattimento del “Ruby uno”, che si svolgeva in contemporanea all’appello Mediaset. Quella vicenda, secondo la Galli, "è stata sconcertante, credo che ogni magistrato ne sia rimasto turbato nel profondo. La definirei un’iniziativa eversiva del potere politico contro un processo regolarmente svolto in nome del popolo italiano. E invito a ricordarsi chi vi ha preso parte: tra gli altri c’era la presidente del Senato nella scorsa legislatura (Maria Elisabetta Casellati, attuale ministra delle Riforme nel governo Meloni, ndr)".
Rispetto al dato per cui, di tutti e 36 i procedimenti penali aperti nei confronti del fondatore di Forza Italia, quello condotto dalla giudice è stato l’unico che ha avuto una conclusione con una condanna passata in giudicato ha aggiunto: "E' utile ricordare che in molti casi ha beneficiato di prescrizioni o di assoluzioni “perché il fatto non costituisce più reato”, come quelle per i falsi in bilancio, depenalizzati mentre erano in corso i suoi processi. In ogni caso, la condanna è arrivata per un reato grave. Non una semplice 'elusione fiscale', come hanno scritto le Camere penali (il “sindacato” degli avvocati penalisti, ndr), ma una frode ideata tramite un complesso meccanismo internazionale che esisteva dagli anni Novanta e coinvolgeva un gran numero di società offshore, per importi molto rilevanti. Negli anni in cui Berlusconi è stato al potere, d’altra parte, l’evasione è stata sdoganata: è passato il messaggio deteriore che non si tratti di qualcosa di disdicevole. Un messaggio di cui ancora oggi si trova traccia in vari provvedimenti di legge".
Infine ha espresso anche un pensiero su Berlusconi come uomo e come politico, da una parte evidenziando il fatto che è stato "una figura importante della nostra storia dal punto di vista politico, imprenditoriale, sociale, del costume". Dall'altra però lo ha anche definito come "uno spregiudicato, ma con una visione. L’eredità più dannosa che ha lasciato, secondo me, è la delegittimazione del ruolo della magistratura che ha messo in atto descrivendosi come un perseguitato, un modello seguito da tanti altri dopo di lui. E poi la strategia del difendersi 'dal processo' anziché 'nel processo', inaugurata dai suoi legali e trasformata anche in testi di legge, che hanno reso il processo penale italiano più lento e meno efficace".
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