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La Corte Suprema di Cassazione, Sezione Quarta Penale rigettando i ricorsi della Procura Generale di Palermo e del Ministero dell'Economia e delle Finanze ha confermato la riparazione per ingiusta detenzione nei confronti dell’ex super poliziotto Bruno Contrada così come statuito dalla Corte di Appello di Palermo Sezione Prima.

Non sono i quasi 700mila euro inizialmente fissati per ripagarlo per "l'ingiusta" detenzione, ma all'ex numero tre del Sisde entrano comunque in tasca circa 285mila euro. Così ha deciso la Cassazione, respingendo il ricorso della procura generale di Palermo e confermando la sentenza della Corte d'appello, che aveva stabilito una cifra più bassa ritenendo che Contrada abbia comunque tenuto delle condotte poco limpide.

Il 17 febbraio il legale di Contrada, Stefano Giordano aveva dato la notizia della decisione della corte di Appello di Palermo: la prima sezione "ribaltando la decisione in precedenza assunta dalla Corte d'appello, sezione terza di Palermo, pronunciandosi a seguito di rinvio della Cassazione, ha accolto la domanda di riparazione per ingiusta detenzione formulata da Bruno Contrada, assistito dall'avvocato Stefano Giordano, riducendo però l'entità dell'indennizzo a 285.342 euro".

Lo scorso 27 gennaio l'accusa, rappresentata dai sostituti procuratori generali Carlo Marzella e Umberto De Giglio aveva sostenuto l'infondatezza della domanda di ingiusta riparazione richiedendo il rigetto dell'istanza di risarcimento davanti al collegio presieduto da Adriana Piras, a latere Mario Conte e Luisa Cattina, che, invece hanno accolto l'istanza della difesa riducendo la cifra correa del risarcimento da 667 mila euro (cifra stabilita dalla cassazione nel gennaio 2021) a circa 282 mila euro. Il procedimento era ritornato a Palermo dopo che, nel giugno dell'anno scorso, la Corte di Cassazione, in accoglimento del ricorso della difesa, aveva annullato con rinvio l'ordinanza con la quale la Corte d'Appello di Palermo aveva rigettato la domanda di riparazione per ingiusta detenzione formulata nell'interesse di Bruno Contrada per la pena sofferta dopo che la sentenza di condanna era stata dichiarata ineseguibile e improduttiva di effetti penali dalla Cassazione del 2017.

Va ricordato che i giudici romani avevano però fissato un principio di diritto sostenendo i punti su cui dovevano intervenire i giudici del nuovo rinvio, cioè "sulla scorta degli accertamenti in punto di fatto indicati nell’ordinanza impugnata, determinare la ricorrenza del dolo o colpa grave, causa ostativa alla riparazione, in relazione non già alla fattispecie di reato di partecipazione all’associazione mafiosa, mai contestata e rispetto la quale il ricorrente non si è mai difeso nel processo, bensì rispetto a condotte sinergiche al favoreggiamento sia delle singole vicende accertate, sia dell’associazione mafiosa. Ed episodi di "disponibilità piena", di contributo in favore dell'associazione mafiosa, secondo i giudici di merito che lo condannarono, ne erano emersi parecchi.

"A mero titolo esemplificativo", aveva scritto ancora la terza sezione della Cassazione, nella decisione del luglio scorso, che Contrada sarebbe stato responsabile della "omessa indicazione in un incontro tra il vicequestore Boris Giuliano e l'avvocato Ambrosoli, dell'allontanamento dall'Italia di John Gambino, esponente di famiglie mafiose, coinvolto nel finto sequestro di Michele Sindona e il tentativo di condizionare l'operato del commissario Renato Gentile, oltre altri episodi accertati dai quali" la Corte d'appello aveva "tratto il convincimento della volontaria e consapevole messa a disposizione del ricorrente a favorire, proteggere e rafforzare l'attività del sodalizio criminoso mafioso".

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