L’ex candidata di “Lavoriamo per Palermo” ci ha registrato la sede della sua associazione e la palestra del figlio ma all’Agenzia dei beni confiscati non risulta l’assegnazione
Non intende andarsene Valeria Grasso. La testimone di giustizia sotto scorta, paladina della legalità, vuole restare nell’immobile occupato di via Matteo Dominici 27B, nel quartiere San Lorenzo di Palermo, dove ha registrato la sua associazione “Legalità e libertà” e persino la palestra “Free Life” gestita dal figlio, nonostante non avrebbe alcuna autorizzazione per restarci. Lo stabile è stato confiscato alla mafia diversi anni fa e l’Agenzia dei beni confiscati sostiene di non averglielo mai assegnato. Nel 2014 era stata perfino emessa un’ordinanza di sgombero e lo scorso 17 febbraio, come ricorda Palermo Today, c’è stato anche un sollecito. L’imprenditrice antimafia, più volte candidatasi con liste di centro-destra (alle ultime elezioni a Palermo si è candidata nella lista "Lavoriamo per Palermo" che appoggiava Roberto Lagalla) assicura che “è tutto in regola, si tratta solo di una questione burocratica che sarà risolta".
L’Agenzia per i beni confiscati non è d’accordo. "Non esiste alcun provvedimento di assegnazione dell’immobile né di autorizzazione per la sua ristrutturazione”, ha scritto il 17 maggio scorso. Un chiarimento arrivato proprio in seguito alla richiesta di Domenico D’Agati, l’imprenditore che Valeria Grasso aveva incaricato dei lavori di ristrutturazione a giugno dell'anno scorso, che non riusciva ad ottenere il pagamento di 35 mila euro per gli interventi eseguiti. D’Agati si è poi rivolto al tribunale che a gennaio scorso ha emanato un decreto ingiuntivo nei confronti dell'associazione.
A Palermo Today l’imprenditore ha raccontato la sua versione: “Quando ho chiesto il pagamento lei ha iniziato a prendere tempo, dicendomi che aveva dei problemi e che aspettava anche dei soldi dall’Irfis. Da allora ci siamo scambiati centinaia di messaggi, ma non c'è stato nulla da fare”. Quindi D'Agati ha deciso di rivolgersi ad un avvocato e, una volta ottenuto dai giudici il decreto ingiuntivo, ha scritto all'Agenzia, chiedendo anche un accesso agli atti. Nello specifico: il contestato provvedimento di assegnazione del bene confiscato alla testimone di giustizia, quello di autorizzazione dei lavori di ristrutturazione o, eventualmente, quelli adottati dopo il sollecito di sgombero dell'immobile del 17 febbraio. L’apposita Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi della presidenza del Consiglio dei ministri, dopo un primo no, ha acconsentito alla richiesta dei legali. Una volta consultati gli atti, l’imprenditore e i suoi legali hanno scoperto che la Grasso non avrebbe i titoli che rivendica. "Questa amministrazione - si legge infatti nel documento dell’Agenzia - non ha emesso alcun provvedimento di assegnazione all’associazione 'Legalità è libertà' né di autorizzazione degli asseriti lavori di ristrutturazione". Valeria Grasso si è quindi difesa replicando di non aver mai pagato i canoni d'affitto “perché nessuno me li ha mai chiesti, mi sono occupata della manutenzione facendo ristrutturazione, alla riapertura, per 70 mila euro. Ma non è stata una mia iniziativa, ho fatto un progetto su quel bene già confiscato. Magari mi avessero chiesto di pagare, infatti sono contenta che questa storia sia venuta a galla”. E ancora. “Non ho neanche ricevuto l'ordinanza di sgombero del 2014. Ci siamo incontrati con l’Agenzia e ne stiamo discutendo perché ritengo che il problema sia legato al fatto che non possiedono alcuni atti. Dal momento che ho dimostrato di avere inaugurato la palestra con l’associazione alla presenza di magistrati, del sindaco Orlando, è chiaro che non potessi essere un’abusiva. La confisca è stata fatta quando io ero già all’interno dell’immobile. Ben venga che facciano un lavoro di attenta analisi, ma è solo una questione burocratica. La parte triste di questa vicenda è che, negli anni, mi sono sempre occupata del bene perché così mi è stato detto nel momento in cui sono uscita dal programma e insieme allo Stato ho riaperto la palestra. Non esiste un documento in tal senso, ma ho il progetto che ho fatto con il ministero. Mica sono andata lì abusivamente. Sono più gli investimenti che ho fatto a mie spese, per come mi è stato chiesto in Commissione antimafia", ha affermato ammettendo però che non esiste una carta in tal senso.
"E’ vero - ha aggiunto - che non ho il titolo, perché non ho l’atto in mano, ma finalmente ho davanti un’Agenzia che per 20 anni non c’è stata. Stiamo cercando le carte, sto esibendo ricevute e bonifici per le spese sostenute negli anni”, ha assicurato. “Quello è un luogo, come mi è stato detto dal Viminale, che deve essere il faro della città perché lì dentro ho denunciato la malavita. Avevo la vigilanza dinamica, l’esercito lì davanti. La prefettura sapeva che lì dentro c’ero io. La nota triste è la burocrazia. Chi doveva formalizzare non l’ha fatto, magari non si trovano documenti per questioni di sicurezza. Ho una carta della Procura (che si ripromette di esibire in un secondo momento ndr) in cui si dice che il bene è stato assegnato a me, siamo nel periodo delle indagini che hanno riguardato i miei estorsori. Se io leggo così, scritto da un magistrato… Siccome stiamo dialogando con l’Agenzia, non c’è alcuna urgenza di uscire. Se l’Agenzia deciderà che io debba uscire - ha concluso - magari per farci altro, per me sarà comunque una vittoria perché non l’avrò fatto su invito della mafia".
Fonte: palermotoday.it
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