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Sabato 29 marzo, nella città svedese di Malmö, si è svolta la 20° Conferenza dei Palestinesi in Europa, con il titolo “75 anni e ritorneremo”. Come ogni anno, all’appuntamento hanno preso parte migliaia di palestinesi, oltre ventimila secondo gli organizzatori.

Tra seminari, convegni, balli tradizionali, stand di cibo e famiglie che sventolano la bandiera palestinese, la conferenza è diventata un appuntamento rituale per le comunità palestinesi in shataat, diaspora.

All’evento partecipano, da sempre, anche politici di varie nazioni europee che intendono così esprimere la loro vicinanza alla causa del popolo palestinese. La loro partecipazione, tuttavia, genera non poche polemiche. D’altro canto, chiunque si esponga a favore dell’autodeterminazione dei palestinesi e, di conseguenza, critichi le politiche oppressive portate avanti da Israele, mette in conto di dover spesso giustificare le proprie scelte dinanzi alla poderosa macchina della propaganda israeliana.

Alla conferenza di Malmö ha preso parte la parlamentare italiana del Movimento 5 Stelle Stefania Ascari. Ascari è un’avvocata modenese che ha fatto del suo mandato in parlamento un’occasione per condurre a viso aperto quelle che lei considera irrinunciabili battaglie di giustizia. È in questo contesto che va considerato il suo attaccamento alla causa e al popolo palestinese, che non è affatto di facciata.

Dopo aver visitato la Cisgiordania occupata e aver partecipato a delle delegazioni nei campi profughi palestinesi del sud del Libano, per la parlamentare del 5 stelle, la battaglia per il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese è entrata a pieno titolo tra le sue priorità.

Abbiamo deciso di parlare con lei, per capire le ragioni che l’hanno indotta a partecipare alla conferenza e per darle l’opportunità di ribattere alle critiche che le sono piovute addosso.

Onorevole Ascari, la sua vicinanza alla causa palestinese l’ha esposta ad aspre critiche già in passato. Quando, ad esempio, ha partecipato alla delegazione che ha portato aiuti umanitari in vari campi profughi, tra cui quello di Ein el Hilweh, dove la situazione umanitaria è allo stremo, il quotidiano Il Giornale aveva definito quel luogo come un campo “infiltrato dai jihadisti”. Cosa pensa della sistematica operazione di deumanizzazione dei palestinesi portata avanti dai sionisti e dai loro sostenitori?

Penso che ci sia un doppio standard applicato in primo luogo dai media e che poi si riversa in parte dell’opinione pubblica.

Mentre, in riferimento ad altri contesti, chiunque si opponga a una forza occupante, è giustamente raccontato come combattente o partigiano, quando si parla di palestinesi, questi vengono immediatamente dipinti come terroristi.

È un errore frutto di una scarsa conoscenza dei fatti e di un dibattito reso sempre più povero da pregiudizi e da una mancata contestualizzazione di ciò che realmente accade nell’area.

Chi prova a discostarsi da questa narrazione e a denunciare le sofferenze del popolo palestinese, diventa vittima di accuse infamanti.

Le ultime, feroci, critiche, sono arrivate dopo la Conferenza dei Palestinesi in Europa. Oltre a un articolo apparso sul solito Il Giornale, anche politici di vario schieramento, da Italia Viva a Forza Italia, si sono prestati al solito coro di accuse bollando l’evento come “filo-Hamas”.

È la solita macchina del fango con cui la destra italiana cerca di delegittimare le voci critiche e di farle tacere.

Negli anni si è creato un tale clima di intimidazione per cui in molti preferiscono tirarsi indietro e non prendere posizione.

La conseguenza è che gli spazi per parlare di Palestina diminuiscono progressivamente e chiunque provi a raccontare il dramma che si consuma in quelle terre già mette in conto che andrà incontro a insulti e calunnie.

Io, come al solito, mi difendo, smentisco le accuse e vado avanti con il mio impegno.

 Non trova strano che questi politici non abbiano avuto nulla da dire mentre, ad esempio, Israele bombardava Gaza nei giorni scorsi, uccidendo 33 persone, tra cui moltissimi civili? Oppure che non dicano nulla sulle sistematiche e comprovate violazioni del diritto internazionale da parte di Tel Aviv? Persino membri del Congresso Americano oggi parlano apertamente di tali violazioni, mentre in Italia, il completo asservimento alle posizioni di Israele sembra ormai essere scontato per la stragrande maggioranza della nostra classe dirigente.

La Palestina è uno Stato mai nato, che da queste parti facciamo finta di non vedere. La maggioranza dei media tradizionali in Italia non parla delle violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale perpetrate dall’esercito israeliano. Se ne dà notizia, nella maggior parte dei casi, si limita a parlare di conflitto israelo-palestinese, una dicitura sbagliata perché annulla l’asimmetria di potere che c’è tra i due popoli e nega l’esistenza di un’oppressione. In ciò è una propaganda simile a quella israeliana.

Il suo impegno per una causa che lei ritiene giusta non si limita alle parole. Qualche settimana fa, ha lanciato l’intergruppo parlamentare Italia-Palestina. Potrebbe spiegarci come si svilupperà la sua azione?

L’intergruppo, a cui hanno aderito 22 colleghi e colleghe, si propone di essere uno spazio di dialogo e confronto volto a riportare all’ordine del giorno il tema del riconoscimento dei diritti del popolo palestinese e della pace in Medio Oriente.

Intendiamo rafforzare la rete di parlamentari, associazioni e attivisti che credono nella costruzione del processo di pace e promuovere iniziative per influenzare le decisioni del Governo. Abbiamo già svolto un primo incontro pochi giorni fa e fissato un piano di azione per i prossimi mesi estivi. Vi terremo aggiornati.

Quando le chiediamo cosa ne pensi della rappresentazione falsata che si fa del popolo palestinese nei media, dell’intenzione di dipingerlo come vittima o carnefice, tralasciandone il grande patrimonio di umanità, Ascari rivolte un ultimo appello al mondo dell’informazione.

“È molto importante che i media forniscano una copertura accurata dei fatti e che i lettori si informino anche da fonti alternative e autorevoli. Informarci, prendere posizione e alzare la testa e ciò che possiamo fare per aiutare il popolo palestinese.”

Tratto da: it.palestinechronicle.com

Foto © Imagoeconomica

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