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A Palermo, a una settimana dagli scontri, gli studenti espongono striscioni nelle scuole

“Li avete uccisi di nuovo, ma noi resistiamo”, è questo lo slogan con cui ieri, come studenti e studentesse di varie scuole della città, abbiamo voluto prendere posizione ad una settimana dai terribili eventi del 23 maggio. Dal Mario Rutelli al Kiyohara Parlatore, passando per i licei Regina Margherita ed Ettore Majorana, il blocco del corteo “Non siete Stato voi, ma siete stati voi” ci ha uniti ancora di più e ci ha dato ulteriori ragioni per continuare il percorso comune intrapreso con le diverse realtà sociali. Vogliamo un’antimafia popolare, che riparta dal basso, per chiedere verità e giustizia sulle stragi politico-mafiose e gli omicidi che hanno insanguinato questo Paese, per combattere contro tutte quelle ingiustizie sociali, da cui la mafia riesce a trarre vantaggio. Un’antimafia, quindi, non solo di spot pubblicitario da 23 maggio o da 19 luglio, ma di impegno costante, di attivismo e di passione civile.

Quelli vissuti una settimana fa sono stati dei momenti orrendi, che segneranno le vite di tutte e tutti. Prendere a manganellate dei giovani, uniti alla società civile, a cittadine e cittadini liberi, in un corteo, in un momento collettivo di lotta antimafia e ricordo vivo, rappresenta un ulteriore tradimento alla memoria di Giovanni Falcone. L’ennesimo. Forse il più grosso in questi trentuno anni.

Se depistaggi, leggi contraddittorie, esponenti delle istituzioni corrotti ci avevano già dato contezza di quanto strumentalizzato possa essere il suo nome, martedì abbiamo avuto la conferma che gridarlo, in contesti estranei alle parate istituzionali, sia, ancora, incredibilmente scomodo.

E’ naturale, quindi, in questa città alla rovescia, vedere noi giovani che urlavamo “Falcone, Falcone, Falcone” e “Fuori la mafia dallo Stato” essere manganellati, mentre i politici eletti coi voti dei condannati per mafia salgono sul palco della Fondazione Falcone.

Una “normalità” che non intendiamo minimamente accettare. Da qui “Li avete uccisi di nuovo, ma noi resistiamo”, perché resistere alle violenze, ai soprusi, alle ingiustizie è un dovere. Manifestare un diritto che non può esserci tolto. Un Paese libero dalle mafie, che ha fatto i conti con i suoi troppi scheletri nell’armadio, un sogno, che nessun manganello potrà mai spegnere.

Ci uniremo ancora, continueremo a lottare, non smetteremo di crederci.

Noi resistiamo, perché non ci possiamo arrendere. Perché alla fine di tutta questa storia a vincere saremo noi. Noi che non ci accontentiamo del compromesso morale, noi che non ci fermiamo alle verità comode, noi che le passerelle proprio non le sopportiamo. Noi che eravamo in piazza il 23 maggio. Noi resistiamo.

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