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Intervista a Giovanni Pistorio, Segretario Gen. Fillea Cgil Sicilia

Dalle indagini di dalla Chiesa, passando per quelle di Falcone, quello degli interessi criminali sugli appalti pubblici, è un tema che è sempre rimasto una delle chiavi di lettura per comprendere e contrastare il fenomeno mafioso. Un legame che non si è mai interrotto e che rappresenta, appunto, un focus di fondamentale importanza nello studio del fenomeno mafioso, per diverse ragioni: la tendenza della mafia ad infiltrarsi nella economia legale, la consolidata capacità della stessa di accaparrarsi appalti e subbappalti, l’inadeguatezza di alcuni aspetti della normativa di settore, la strategicità degli appalti pubblici in termini di investimenti economici, l’importanza di assicurare opere pubbliche e infrastrutture alla collettività preservandola da costi troppo elevati e dai rischi connessi a opera di bassa qualità. Le interazioni tra pubblico e privato acquistano un peso rilevante se si considera che il budget di spesa in appalti pubblici di lavori, servizi e forniture è tra i più alti sostenuti da uno Stato. In Italia la spesa pubblica in appalti è di circa 169.8 miliardi di euro annui, corrispondenti al 10.5% circa del Pil.
Ad oggi, per l’alta posta in gioco, gli appalti sono dunque per definizione uno dei settori più esposti a fenomeni di corruzione, frode, conflitto d’interessi e infiltrazioni della criminalità organizzata, fattori che alterano in maniera patologica la concorrenza, danneggiano le imprese, i lavoratori e i cittadini onesti, favoriscono l’accumulazione di capitali, fanno aumentare il costo di beni e servizi. Da qui nasce il bisogno di regole trasparenti e chiare.

Giovanni Pistorio (in foto), Segr. Gen. Fillea Cgil Sicilia, tra storia e attualità, il tema mafia e appalti a che punto è?
Quella del rapporto tra mafia e appalti pubblici è una storia ricorrente il cui filo rosso no si è mai reciso. Di quello che è un vero e proprio sistema già il Generale Dalla Chiesa ne aveva cominciato a parlare nell’indagare sui legami tra alcuni gruppi imprenditoriali(catanesi nella fattispecie), politica e mafia, inchiesta che sarà seguita anni dopo dallo stesso Falcone. Il sistema però non riguardava allora, e non riguarda oggi, soltanto il rapporto tra imprenditori e politica, ma anche la capacità della criminalità di fare affari a prescindere dalle fasi storiche e politiche attraverso quello che potremmo definire il metodo della “componenda” o “abbissatina” secondo il quale indipendentemente dalla presenza più o meno forte dello Stato e al di fuori delle regole, qualsiasi questione può essere risolta anche contro ogni principio morale: questo fa di cosa nostra un sistema “monolitico” difficile da scardinare.

Un problema quindi anche di carattere culturale ma in cui l’aspetto normativo e delle regole comunque rappresenta il deterrente più efficace: oggi il Governo Meloni in che direzione sta andando nel settore degli appalti?
La mafia tradizionalmente intesa nei suoi rapporti con il territorio non è in grado soltanto di condizionare l’economia locale ma complessivamente la società nella quale opera cercando di trarre profitto da ogni tipo di attività. E’ chiaro che questo condiziona la stessa tenuta democratica del territorio. La mafia non condiziona soltanto l’aggiudicazione e la gestione degli appalti pubblici ma anche l’edilizia convenzionale e soprattutto il sistema delle forniture. Il nuovo codice degli appalti, che non posso che definire “liberticida”, consegna nei fatti nelle mani di Cosa Nostra intere porzioni del nostro territorio, in Sicilia. Negli ultimi anni si è cercato di mettere al riparo la tenuta sociale rispetto all’infiltrazioni criminali, per esempio attraverso il Durc di congruità o l’applicazione di un unico contratto di lavoro per tutta la filiera per le aree interessate da un unico appalto, quindi stesso lavoro stesso contratto, tutte cose che hanno aiutato il settore ma anzichè continuare su questa strada, il nuovo Esecutivo, ha preferito andare nella direzione di una liberalizzazione(selvaggia) dell’appalto, prestando il fianco in questo modo a chi opera illecitamente nel settore delle opere pubbliche e ai colletti bianchi corrotti.
Una legislazione che autorizza l’utilizzo del subappalto a cascata e che mette quindi nelle mani di moltissime centrali appaltanti la possibilità di potere assegnare i lavori in maniera discrezionale consegna nelle mani della mafia non solo il settore ma un intero territorio.

C’è da capire a questo punto se gli appalti sono soltanto qualcosa che attengono al potere e al controllo o c’è qualcosa di altro, di più complesso in Sicilia.
Se non c’è il controllo del consenso sociale è chiaramente difficile poter esercitare in maniera vasta e completa anche il potere criminale. Quindi nella capacità di lucrare della mafia c’è anche il controllo sociale, condizionare proprio il tessuto sociale del territorio. Noi, come Fillea Cgil Sicilia e Cgil Sicilia, operiamo quotidianamente tenendo presente quali sono i principi morali e i valori che ci ispirano, facendo operazioni di contrasto reale, fattivo, ai tentativi di infiltrazione della criminalità nel mondo del lavoro. Le Istituzioni dovrebbero però darci una mano d’aiuto, per esempio attraverso la sottoscrizione di protocolli di legalità ma più in generale con la loro presenza per contrastare la pervasività di un sistema criminale che qui in Sicilia opera in maniera diversa da come opera nel resto del Paese.

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