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Il duro intervento del magistrato sulle pagine di La Repubblica

Alla vigilia delle commemorazioni di Capaci, Alfredo Morvillo, ex Procuratore capo di Trapani (oggi in pensione) e fratello di Francesca Morvillo moglie di Falcone morta nella strage, sulle pagine di La Repubblica interviene con una dura analisi su ciò che significa oggi parlare di mafia ed antimafia, a trentuno anni da quel delitto.
La domanda posta è semplice: oggi a Palermo aver fatto accordi con la mafia viene ritenuto da tutti disdicevole?
Una riflessione che in qualche maniera riprende quel suo intervento a seguito della notizia del riavvicinamento tra Maria Falcone (sorella di Giovanni) e il sindaco di Palermo Roberto Lagalla, dopo le polemiche dello scorso anno per quel sostegno ricevuto dall'oggi sindaco di Palermo, da uomini condannati per mafia come Marcello Dell’Utri e Totò Cuffaro (il primo per concorso esterno in associazione mafiosa, il secondo per favoreggiamento: entrambi pena scontata).
Un intervento, quello di Morvillo, che parte proprio dalla lotta alla mafia. “La premessa sulla quale sembra che siamo tutti d'accordo - scrive - è che la mafia sia la principale responsabile dello stato di degrado in cui versa la Sicilia. In termini di bassi livelli di istruzione scolastica, grave disoccupazione, sfruttamento dei lavoratori in nero, arretratezza culturale, scarso o quasi nullo interesse da parte della grande imprenditoria, emigrazione di tanti validissimi giovani in altre parti d'Italia o all'estero, nonché frequenti condizionamenti illeciti di ogni aspetto della vita dell'Isola, con particolare riferimento all'attività della pubblica amministrazione, alla gestione del denaro pubblico e alle consultazioni elettorali”.
Il magistrato sottolinea proprio la necessità che la lotta alla mafia sia un “problema di importanza primaria” che “dovrebbe venire prima di qualunque interesse di singoli cittadini o di gruppi, prima di interessi legati al raggiungimento di poltrone istituzionali del tanto agognato potere, di fronte al quale tanti perdono il lume della ragione”.
Questo perché, dopo oltre trent'anni dalle stragi, “bisogna ancora una volta sottolineare che non si può ritenere che sia soltanto un problema di repressione, ma è altresì un problema sociale, culturale, è un modo di vivere”.


morvillo falcone pd

Francesca Morvillo e Giovanni Falcone


Ovviamente non mancano gli elogi per l'operato delle forze dell'ordine, della magistratura e di quella parte dello Stato che “ha il merito di aver introdotto una legislazione antimafia certamente adeguata alla gravità del fenomeno”.
“Lo Stato - sottolinea - con l'arresto di tutti gli uomini di Cosa nostra latitanti e con l'individuazione e condanna di tanti altri uomini d'onore', ha certamente pagato il suo debito nei confronti di tutti quei suoi servitori che hanno pagato con la vita il proprio impegno nella lotta alla mafia”.
Ma non ci si può accontentare. Perché “il secondo imprescindibile aspetto della lotta alla mafia è quello sociale e conseguentemente politico, che coinvolge la cosiddetta società civile”.
Per questo ricorda le parole di Paolo Borsellino che “faceva esplicito riferimento alla necessità di un movimento culturale e morale” nella lotta alla mafia, in modo da coinvolgere soprattutto le giovani generazioni.
“Attuare un comportamento eticamente disdicevole, come quello di fare accordi con la mafia, dovrebbe comportare, al di là della sanzione penale, una valutazione negativa del consesso sociale, a patto che quest'ultimo creda in quei principi etici violati” sottolinea Morvillo.
Ma ecco la nota dolente. “A Palermo aver fatto accordi con la mafia viene ritenuto da tutti un fatto disdicevole? Aver fatto accordi con la mafia dovrebbe significare aver tradito la propria terra, le proprie origini; chi lo ha fatto dovrebbe essere considerato un traditore. Accade tutto questo a Palermo? Aggiungeva Paolo Borsellino che, in un breve periodo di entusiasmo, conseguente ai numerosi arresti originati dalle dichiarazioni di Tommaso Buscetta, Giovanni Falcone gli disse: 'La gente fa il tifo per noi'. Oggi, nel 2023, nella terra delle stragi, nella terra dove Cosa nostra ha ucciso tanti uomini delle istituzioni, tutti eccezionali servitori dello Stato, tanti comuni cittadini, persino un bambino e addirittura un sacerdote, possiamo ritenere che la gente faccia il tifo per Falcone e Borsellino, cioè per l'antimafia? Consentitemi di avere seri dubbi”.


strage capaci pd


E poi ancora: “Palermo, per la sua storia che tutti conosciamo, dovrebbe essere la capitale dell'antimafia, la capitale di una vera cultura antimafiosa. Invece continua a essere, nonostante i grandi risultati raggiunti da forze dell'ordine e magistratura, la capitale del solito squallido compromesso politico-mafioso, che ha sempre inquinato la vita della città. Che fine ha fatto 'la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, della indifferenza, della contiguità e quindi della complicità'? Credo che se ne sia persa la traccia. Se si vuole concretamente dare un seguito alle parole di Paolo Borsellino, dobbiamo adoperarci per tenere lontano dalla nostra vita tutto ciò che ha anche il più lieve odore di mafia. Anche quando queste scelte comportano la rinuncia a godere di quegli aiuti, di quegli appoggi che ben noti ambienti politico-mafiosi sono in grado di assicurare”.

La cultura mafiosa
“La cultura mafiosa - scrive ancora Morvillo - non riguarda solo la mentalità dei criminali, degli uomini di Cosa nostra, ma ha un'accezione più ampia poiché con essa si intende la negazione delle regole sociali a favore delle regole private e di gruppi, quella rete di rapporti stratificata nel tempo fatta di scambio di favori, appoggi elettorali, gestione del potere amministrativo indirizzata al perseguimento di interessi di singoli o di gruppi, a discapito degli interessi della collettività”.
Ed infine un invito: “Falcone e Borsellino appartengono soltanto a una piccola parte di Palermo, quella Palermo che porta avanti con grande impegno i loro ben noti ideali. I nostri cari indimenticabili Giovanni e Paolo non appartengono certamente alla Palermo che convive col "puzzo del compromesso morale", della indifferenza, della contiguità e quindi della complicità.
Questa Palermo abbia la coerenza di non partecipare alle commemorazioni: non lo merita la città, non meritano Falcone e Borsellino che il loro ricordo sia macchiato dalla rituale presenza di personaggi che non tralasciano occasione per propagandare la convivenza politico-sociale con ambienti notoriamente in odore di mafia”.
(Prima pubblicazione: 22 Maggio 2023)

Foto di copertina © Deb Photo

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