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Esiste in Italia un partito del Ponte sullo Stretto? Forse si, ed è trasversale alle identità politiche e alle appartenenze di vario tipo. E questo è un fatto, che attiene più che altro alle oggettive e personali visioni di sviluppo del Paese e, nel caso specifico, dell’isola. Ma il dato reale, suffragato da evidenze investigative e informative a vario livello che nel corso dei decenni sono state elaborate da organi investigativi ed inquirenti, è che, senza dubbio, come su qualsiasi grande affare, il Ponte darà risorse al consorzio 'Ndrangheta Mafia Spa, già attivo in numerosi altri affari.Mettiamola così, a voler essere irrimediabilmente ottimisti: il rischio concreto c’è!
La tesi è suffragata, come si diceva prima, da rapporti della Direzione Investigativa Antimafia.
Il primo allarme sugli interessi suscitati tra le organizzazioni mafiose dalla ventilata realizzazione dell’infrastruttura, è del 22 aprile 1998: “La DIA – si legge in un comunicato Ansa - è preoccupata dalla grande attenzione della 'Ndrangheta e di Cosa Nostra per il progetto relativo alla realizzazione del ponte sullo Stretto”. “Appare chiaro - aggiunge la Direzione Investigativa Antimafia - che si tratta di interessi tali da giustificare uno sforzo inteso a sottrarre il più possibile l’area della provincia di Messina all’attenzione degli organismi giudiziari ed investigativi.
La DIA torna sull’argomento con una più approfondita valutazione, nella sua seconda relazione semestrale per l’anno 2000. Soffermandosi sulla ristrutturazione territoriale dei poteri criminali in Calabria e in Sicilia, il rapporto segnala come le ultime indagini hanno evidenziato che “le famiglie di vertice della ‘ndrangheta si sarebbero già da tempo attivate per addivenire ad una composizione degli opposti interessi che, superando le tradizionali rivalità, consenta di poter aggredire con maggiore efficacia le enormi capacità di spesa di cui le amministrazioni calabresi usufruiranno nel corso dei prossimi anni”. Nel mirino delle cosche, secondo la DIA, innanzi tutto i progetti di sviluppo da finanziare con i contributi comunitari previsti dal piano "Agenda 2000" per le ‘aree depresse’ del Mezzogiorno, stimati per la sola provincia di Reggio Calabria in oltre cinque miliardi di euro nel periodo 2000-2006. “Altro terreno fertile ai fini della realizzazione di infiltrazioni mafiose nell’economia legale – aggiunge il rapporto della DIA - è rappresentato dal progetto di realizzazione del ponte sullo stretto di Messina, al quale sembrerebbero interessate sia le cosche siciliane che calabresi. Sul punto è possibile ipotizzare l’esistenza di intese fra Cosa nostra e ‘ndrangheta ai fini di una più efficace divisione dei potenziali profitti”.  A prova del patto comune tra le due organizzazioni criminali per la cogestione dei flussi finanziari previsti per la mega infrastruttura, gli investigatori segnalano in particolare i “collegamenti” emersi in ambito giudiziario nella gestione dei grandi traffici di stupefacenti, tra malavitosi gravitanti nell’area catanese e personaggi di spicco della ‘ndrangheta appartenenti al clan Morabito di Africo Nuovo. Insomma, un vero e proprio asse strategico tra questi potentissimi gruppi criminali che hanno messo a punto un sofisticato modo operandi.
In un interessante studio di circa 20 anni fa il Centro studi Nomos del Gruppo Abele di Torino sosteneva che l’elevato contenuto tecnologico dell’infrastruttura e la necessità di reperire manodopera qualificata possano essere fattori d’ostacolo per l’inserimento dei gruppi mafiosi. “La maggior parte degli elementi che compongono l’impalcato e le torri sono prefabbricati e preassemblati. Per questi lavori, si può ipotizzare che le possibilità d’infiltrazione da parte di imprese mafiose o a compartecipazione mafiosa siano ridotte. Molto dipenderà comunque da come saranno articolati, lottizzati e appaltati i lavori stessi”. L’analisi è senza dubbio, valida, nonostante sia datata, ma qui il focus va posto sul movimento terra: da dove arriveranno le strutture? Chi le produrrà e in che modo? Come verranno trasportate e da chi? Dietro ognuna di queste semplici domande c’è un business, ci sono interessi e grossi.
Grande, forse  troppo grande, il giuro di soldi attorno al Progetto Ponte sullo Stretto. La domanda che oggi dobbiamo porci, al di là della fattibilità, dei giudizio, della realizzazione effettiva dell’opera è la seguente: in questo scenario quale sarà la tenuta dei corpi intermedi, cioè le organizzazioni legittimate a tutelare gli interessi dei cittadini, quindi i sindacati, le associazioni di categoria e, più in generale, tutte le organizzazioni abilitate dai loro iscritti a rappresentarli anche presso le istituzioni. Un pericolo concreto di crollo c’è, ed è un pericolo che mette in discussione la stessa tenuta democratica della società.

Foto © Imagoeconomica

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