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“Ponte o no Ponte non è questo il problema!”. Verrebbe da dire parafrasando il più celebre dei dilemmi. “A prescindere dalla sostenibilità economica, dai rilievi tecnici e dalle indagini geologiche riguardanti il progetto Ponte di Messina, occorre individuare, e immediatamente, gli strumenti per accorciare le distanze tra Roma e la Sicilia, ma soprattutto tra Palermo, Trapani e il resto della Sicilia che, di fatto, resterebbero, al momento tagliate fuori dai grandi interventi e investimenti legati alla viabilità" afferma Giovanni Pistorio Segr. Gen. della FILLEA CGIL Sicilia.
Palermo, capoluogo ma non centro “strategico” dell’Isola dunque. La città infatti stenta a collocare organicamente le poche opere pubbliche che oggi la interessano, e soprattutto, nonostante una “spinta di sviluppo in avanti” rispetto all’Isola, non ci si accorge che si dovrebbe investire in quante più infrastrutture e servizi nella sua disastrata periferia di Sud-Est, quella che costituisce il suo accesso privilegiato al 90% del territorio regionale. Stessa cosa vale per Trapani e la sua provincia, già collocate geograficamente ai margini, che pagano doppiamente il prezzo di una mancata progettazione rispetto ai collegamenti col resto dell’Islam e dunque, col resto del Paese.
Il principale freno ad una progettazione organica dell’intera Sicilia è rappresentato dal fatto che Comuni, Regione, Ferrovie e Autorità portuale tendono a operare ciascuno per sé, con difficoltà a interfacciarsi in maniera organica.
Per quanto riguarda i collegamenti ferroviari abbiamo un quadro in cui la linea diretta per Trapani è interrotta da dieci anni, le relazioni dirette di Palermo sono
solo due: Messina-Continente, e Catania. La linea Messina-Palermo, di gran lunga la più frequentata, è a doppio binario per soli 138 km dei 224 complessivi. Dopo che il governo Monti fermò i lavori del Ponte di Messina il raddoppio dei rimanenti 86 chilometri, già deliberato dal CIPE (2010), fu espunto dagli investimenti del Contratto di Programma MIT‐RFI 2017‐2021 e dal Contratto successivo. Palermo non fece una mossa. Fermo restando il bisogno di velocizzare le linee Messina-Catania e Catania-Palermo, non si spiega la rinuncia del capoluogo al collegamento veloce e diretto col Ponte a venire.
Il quadro dei collegamenti ferroviari in Sicilia, dunque, quando si concluderanno i lavori da 11,2 miliardi in corso sarebbe questo: punte di 200 km/h, ampi tratti a 160. E tra Messina e Palermo quasi 90 km a binario unico. Insomma, in una strampalata visione rispondente a non si sa quale esigenza, per arrivare a Palermo, occorrerebbe passare da Catania! Ma il buon senso e la logica non ci viene in soccorso con nessuna attenuante.
“È necessario che, al netto degli interessi particolari e degli arroccamenti di parte, si pratichino percorsi che nell’immediato possano rendere rapidi i collegamenti, di uomini e merci, tra l’una e l’altra parte dell’Isola e dell’Isola con il continente. I tecnici già le misure le hanno individuate da anni, serve adesso dare a quest’ultimo il respiro politico necessario per far sì che vengano realizzate” conclude Giovanni Pistorio.
Collocare la Sicilia, nella sua interezza, in una visione ampia e nazionale legata ad una viabilità moderna, consentirebbe di avvicinarla davvero all’Italia e dunque all’Europa. Adesso la parola alla politica.

Foto © Imagoeconomica

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