Come sempre la criminalità organizzata è la prima a fiutare la possibilità di guadagni in ogni settore e con qualunque mezzo, questa è cosa nota. Il settore delle costruzioni, da sempre humus fertile per affari illeciti, ha ancora una volta, attraverso il blocco definitivo del Governo ai bonus edili, offerto una grande “opportunità” alla mafia. La torta è grossa, il pranzetto appetitoso: si parla di circa 1,2 miliardi di euro di crediti cosiddetti “incagliati” in Sicilia.
Le ripetute modifiche delle norme di attuazione del superbouns 110% per l'efficientamento energetico degli edifici privati - soprattutto le ultime che hanno di fatto impedito la cessione del credito alle banche - hanno portato ad una condizione di emergenza che spinge diverse imprese, in particolare quelle finanziariamente più deboli, a cedere i propri crediti fiscali, incagliati nella palude del superbonus, a prezzi stracciati. Fino a perderci anche la metà, pur di trasformare soldi virtuali in liquidità per pagare dipendenti e fornitori. Criminali in giacca e cravatta che avvicinano imprenditori edili in sofferenza offrendo loro “servizi” che celano, in maniera neanche tanto velata, operazioni di strozzinaggio che mettono il cappio al collo delle imprese e conseguentemente anche dei lavoratori.
Rosario Fresta (in foto), è il Presidente di Ance Catania, l’associazione che riunisce la maggior parte dei aziende edili nella città etnea.
Perché il Governo, eliminando lo sconto in fattura, ha di fatto bloccato il superbonus?
I continui cambi normativi, circa 36 da quando è stato istituito il superbonus 110%, anche se in un primo momento sono serviti a mettere dei paletti, non hanno agevolato la gestione del provvedimento, fino ad arrivare all’attuale blocco voluto, per scelte politiche, da questo Governo. Lo sblocco dei crediti incagliati al 31 dicembre 2022 sul quale il Governo si è impegnato potrebbe essere la soluzione , ma al momento nulla o poco si vede all’orizzonte.
La mafia, o comunque gruppi di affari contigui ad essa, stanno, rapacemente mettendo le mani sui crediti “incagliati”, ormai è una certezza, può confermare?
Il blocco ha messo naturalmente moltissime aziende in difficoltà per via dei tanti crediti fiscali accumulati che di fatto non riescono a riscuotere. Le piccole aziende, con dipendenti da uno a cinque, che hanno fatto investimenti, oggi si ritrovano con enormi difficoltà nel pagare i fornitori, i lavoratori e i contributi: l’unica soluzione che gli rimane - cosa consentita tra l’altro- è quella di cedere il credito ad un privato ma offrendo il fianco in questo modo ad avvoltoi e criminali che speculano sulla disperazione delle imprese , acquistando i crediti con sconti persino del 40% che lasciano poco o nulla alle stesse aziende.
Sono situazioni tutt’altro che chiare, a muoversi sono gruppi di interessi eterogenei fatti da professionisti e personaggi che non hanno problemi di liquidità. Come Ance abbiamo il polso della situazione e siamo a conoscenza di fatti specifici e circostanziati.
Avete dato vita ad un protocollo di intesa con Confindustria Catania, di che si tratta?
Si, abbiamo creato questo accordo con Confindustria per mettere in contatto le imprese nostre iscritte in difficoltà con le aziende di Confindustria, in maniera tale che le imprese possano cedere i crediti ad un prezzo conveniente ed equilibrato sia per chi cede sia per chi acquista, mettendosi così al riparo da aggressioni e speculazioni della criminalità.
In questo scenario come si colloca le gestione delle risorse del PNRR?
Abbiamo grandissime opportunità che derivano dai fondi PNRR, dobbiamo però essere bravi a coglierle. I primi segnali positivi ci sono già stati, con accordi quadri sulla Sanità e sulle Infrastrutture con la regia di Invitalia, risorse i cui destinatari, a cascata, sono gli Enti periferici. Il rischio è quello che gli enti periferici, quindi le amministrazioni locali per esempio, non essendo ben attrezzati ad affrontare soprattutto la fase di progettazione, perdano del tempo preziosissimo che, specialmente nelle opere pubbliche , ad oggi, è molto poco. Occorre fare sistema, una rete virtuosa che parta dalla politica e che consenta di impiegare al meglio queste ingenti risorse per il bene e lo sviluppo della nostra isola.
La crisi delle aziende e il loro conseguente cadere nella trappola degli usurai mafiosi mette in crisi un settore che è fatto dai lavoratori e dalle loro famiglie.
Vincenzo Cubito è il Segr. Gen. della Fillea CGIL di Catania.
Quale è la preoccupazione maggiore rispetto ai lavoratori?
La crisi delle ditte troppo spesso ricade sulle spalle dei lavoratori sia in termini di sicurezza, legata al risparmio, sia in termini di velocità nella esecuzione dei lavori, condizione che di fatto li espone a maggiori rischi. Il giudice Falcone diceva “basta seguire i soldi per seguire la mafia..”: la mafia ha una grandissima capacità di trasformarsi e di differenziare gli investimenti, capire dove si può in maniera illecita guadagnare di più, quindi seguendo i crediti incagliati delle aziende, osservando il settore edile in difficoltà, la criminalità è pronta a sostituirsi alle banche , al mondo creditizio in generale, per offrire soluzioni veloci, ma letali, alle aziende. Veri e propri cappi al collo di imprenditori e lavoratori.
La Fillea Cgil si schiera dalla parte di quelle imprese sane che vogliono migliorare gli aspetti di un territorio fin troppo vituperato e che hanno un occhio di riguardo per i lavoratori che, ricordiamo, alla fine sono comunque l’anello più debole della catena, i più indifesi da questo punto di vista. Noi siamo al loro fianco e ci impegnano giornalmente a tenere il settore al riparo dalle infiltrazioni criminali di qualunque genere e a qualunque livello.
Un settore quello edile, come abbiamo detto, d’élite per la mafia S.p.a. che muove grandi capitali e quindi grandi interessi, che riesce a mettere insieme consorterie anche di alto ed insospettabile livello. Però, proprio in questo settore, troppo spesso l’occhio diventa attento soltanto nel momento in cui le prime opere cominciano ad elevarsi: ma siamo certi che il marcio e il sistema corruttivo non cominci già in fase progettuale e di finanziamento?