Sul canale “La Giustizia TV” Ingroia ha spiegato perché lo Stato occulto teme la verità e si nasconde grazie ai depistaggi
L’ex pm e ora brillante avvocato Antonio Ingroia, ha spiegato al pubblico di “La Giustizia TV” gli eventi che hanno drammaticamente accompagnato il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica e lo ha fatto attraverso i fatti più recenti che hanno riposizionato la mafia al centro dell’attenzione mediatica, tra questi: l’arresto del boss stragista Matteo Messina Denaro. “Per 30 anni Messina Denaro è riuscito a sfuggire alla cattura grazie a delle ‘soffiate’ che sarebbero partite dall’interno degli apparati istituzionali”. Coperture di altissimo livello di cui il boss stragista si è servito e che hanno determinato l'excursus di una “carriera” criminale giunta forse al suo epilogo nel carcere di massima sicurezza dell'Aquila. Secondo l’ex magistrato Ingroia, Messina Denaro potrebbe aver deciso di “farsi trovare dalle autorità di sua spontanea volontà, oppure, su richiesta di altri capimafia”. Due ipotesi differenti ma che hanno lo stesso comune denominatore: la scelta del boss stragista “di dover fare tutto il possibile per farsi arrestare” diventando per questo maldestro e distratto dopo anni di maniacale latitanza.
“Oggi, nuovi fatti inquietanti si stanno verificando e bisogna trovare una spiegazione - ha spiegato Ingroia -. Prendiamo l’intervista a Salvatore Baiardo. Da tempo Baiardo è vicino ai fratelli Graviano e nella sua pubblica intervista ha annunciato che Matteo Messina Denaro è molto malato e non si esclude che presto si consegnerà allo Stato”. Inoltre - ha continuato Ingroia - dietro la resa di Messina Denaro “potrebbe anche esserci una trattativa per garantire ad altri uomini, compreso i Graviano, di poter uscire dal 41bis visto che hanno un’aspettativa di vita molto più alta”. Una nuova trattativa che - secondo Ingroia - prevede la ‘resa’ di Messina Denaro e la minaccia di rivelare segreti indicibili custoditi sia dal boss stragista di Castelvetrano che dai fratelli Giuseppe e Filippo Graviano. “Il boss Messina Denaro conosce i mandanti esterni delle stragi del ‘92 e del ‘93, dove si trova l’agenda rossa di Paolo Borsellino e il modo in cui è sparita - ha ricordato Antonio Ingroia -. Conosce bene la vicenda che ruota attorno al 'papello' di Salvatore Riina e i retroscena che riguardano le latitanze dello stesso Riina come di Bernardo Provenzano. Conosce i segreti che si nascondono dietro gli omicidi eseguiti per coprire la latitanza di Provenzano, tra questi, la morte del medico Attilio Manca: un omicidio di mafia fatta passare per overdose. Conosce l’identità di chi ha riferito ai mafiosi che Luigi Ilardo stava per pentirsi. Insomma - ha ribadito Ingroia -, Messina Denaro conosce verità indicibili per una parte delle istituzioni”. Verità tenute nascoste sia grazie a depistaggi istituzionali, sia grazie ai depistaggi perpetrati dall’informazione. “Lo Stato occulto teme la forza della pubblica opinione. Nella storia, le grandi rivoluzioni dell’antimafia sono state realizzate anche grazie alle pressioni dell’opinione pubblica e alla mobilitazione della società civile. Quindi - ha concluso Ingroia - è fondamentale mantenere disinformata la pubblica opinione attraverso la costruzione di una falsa realtà”. Un racconto che vedrebbe da un lato “la fazione sanguinaria e violenta della mafia e, dall’altro, lo Stato pulito e integerrimo che combatte questa battaglia". Una narrazione che verte sul carisma di Matteo Messina Denaro, “sui suoi profumi, sui suoi occhiali da sole, sulle donne di cui si circondava e sulla sua vita normale e tranquilla” ma che non si interroga sulle “anomalie spaventose” che hanno contraddistinto la fine della sua latitanza.
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