Fallite oltre cento banche americane da inizio anno
Il Governo ha previsto nel 2023 un rallentamento della crescita del PIL italiano allo 0,6 per cento “se tutto va bene”, dal 3,7 per cento del 2022. L’iperinflazione sperimentata nel biennio 2022-2023 aggredirà non solo i consumi, ma anche i risparmi delle famiglie italiane, con un onere di 6.338 euro a nucleo familiare, secondo quanto emerge da una analisi dell’Ufficio studi della CGIA di Mestre.
Altro rischio è derivato dal conflitto in Ucraina e dai prezzi elevati dell'energia e delle materie prime. Secondo recenti stime, nel prossimo biennio l’inflazione crescerà di quasi il 15 per cento (più 8,1 per cento l’anno scorso e più 6,1 per cento quest’anno), con una evidente ulteriore perdita di potere d’acquisto dei risparmi.
La crisi odierna del sistema bancario non dipende dalla "solidità delle banche" ma "dai tassi di interesse imposti dalla Federal Reserve System (FED) e dalla Banca Centrale Europea (BCE). Questi, prima quasi pari a zero, hanno incoraggiato le banche a impiegare i depositi per offrire finanziamenti a lungo termine e investire in titoli finanziari, immettendo ingente liquidità sui mercati, per poi, con il loro rialzo repentino, provocare il duplice effetto di scoraggiare i depositi in favore di altri investimenti e mettere a rischio la capacità di imprese e famiglie di restituire i finanziamenti, con conseguente crisi degli istituti di credito".
Sono queste le considerazioni contenute in un documento pubblicato il 23 marzo al Senato nella seduta numero 52 di cui tre i firmatari vi è anche il senatore Roberto Scarpinato.
Nelle ultime settimane ricordiamo che sono fallite tre banche statunitensi (e ben centodieci dall’inizio dell’anno), tra cui la regionale Silicon Valley Bank "colpevole di aver concentrato la sua attività di business sulle cryptovalute e sulle start up e, in Europa, la seconda banca elvetica Credit Suisse, il colosso finanziario svizzero giudicato fino a ieri 'troppo grande per fallire'".
Questi fatti potrebbero portare ad una crisi simile a quella vista del 2008, dopo il crollo della Lehman Brothers.
Nel documento viene spiegato che "sebbene si ritenga che il crollo di Credit Suisse non sia direttamente collegato al fallimento delle banche americane, occorre interpretare i due eventi alla luce della matrice unica, rappresentata dall’aumento accelerato e sconsiderato dei tassi di interesse, che ha messo a nudo le fragilità del sistema finanziario globale, schiacciato dall’effetto combinato dei tassi di interesse e dei livelli elevati di indebitamento dei diversi Paesi".
"Per lungo tempo - si legge - sia la FED che la BCE hanno portato avanti una politica monetaria accomodante" e "l’intervento operato dalla BCE, rappresentato dal repentino, continuo ed elevato aumento dei tassi di interesse per attenuare l’inflazione, rischia di creare problemi ancora più gravi, poiché compromette le possibilità di imprese e famiglie di rinnovare i debiti in scadenza e di sostenere le rate dei mutui, soprattutto quelli a tasso variabile, mettendo in crisi interi Stati".
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