Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

Quarant’anni fa la mafia uccideva il primo (e unico) magistrato al Nord. A Torino, via Sommacampagna, 26 giugno 1983: un commando armato spara a Bruno Caccia, procuratore capo della Repubblica di Torino. Era davanti a casa con il suo cane. “Per il trentennale della sua morte avevamo chiesto oltre alla memoria anche di dare una svolta alla ricerca della verità che era ferma. In questi dieci anni poco è cambiato”, ha detto la figlia del magistrato, Paola Caccia, a LaPresse. “Allora, a parte l'organizzatore dell'omicidio, non sapevamo niente. Siamo poi riusciti a far riaprire il processo sulla base del fatto che nelle carte del primo processo c'erano tanti elementi non presi in considerazione, però non è uscito molto di nuovo”, ha proseguito. Paola Caccia è una dei familiari di vittime di mafia che domani sarà a Milano, per la XXVIII Giornata della memoria e dell’impegno per le vittime innocenti delle mafie, organizzata da Libera, associazioni nomi e numeri contro le mafie. Per l’omicidio di Bruno Caccia sono stati condannati, con conferma in Cassazione, Rocco Schirripa, accusato di aver partecipato al delitto, e Domenico Belfiore come mandante. Ma alla famiglia non basta: “Oramai ci interessa più che altro la verità storica, passando il tempo non si riesce più ad avere testimoni. Io però seguo tutti i processi per mafia, perché vedo che sono tutti collegati uno con l'altro, a volte dei pezzetti possono arrivare da lì” ha detto ancora Caccia. È avvenuto, ad esempio, il contrario: come racconta l’avvocato Fabio Repici nel suo ultimo libro, indagando sul caso di Caccia è stato riaperto il caso di Cristina Mazzotti. “Siamo felici per questa ricaduta positiva sulla verità di un altro caso”, ha detto la figlia di Caccia, carica di speranza che possa accadere anche l’inverso. Sul caso del procuratore capo di Torino, nel 2018 la procura milanese aveva avocato a sé un fascicolo partito dalle dichiarazioni del pentito Domenico Agresta. Nel 2022 la procura generale di Milano ha riaperto le indagini, raccogliendo le dichiarazioni di Schirripa. Ma nulla di nuovo è pubblicamente emerso. La Giornata nazionale della memoria e dell’impegno delle vittime innocenti delle mafie torna quest’anno proprio qui, in Lombardia. Era già accaduto nel 2010: dopo 13 anni, si torna al Nord. “Abbiamo forse finalmente capito che in questi 30-40 anni le mafie sono dilagate nel nord Italia, hanno fatto pochissimi morti e tantissimi affari. È la Mafia in giacca e cravatta”, ha spiegato Paola Caccia. E mentre il quarantennale della morte del padre si avvicina, chiede che le istituzioni partecipino: “Mi farebbe piacere” la presenza dello Stato, ha ribadito, spiegando che sono già in programma iniziative. E lancia un monito sui beni confiscati: “Sono un esempio bellissimo che deve proseguire, anzi la procedura va semplificata” ha detto, rispondendo all’ipotesi di un cambio di rotta sul riutilizzo. La stessa famiglia Caccia lo sa bene: a Bruno e Carla Caccia è dedicata una cascina a San Sebastiano da Po, a Torino. La cascina apparteneva alla famiglia di Domenico Belfiore, condannato all’ergastolo come mandante dell’omicidio di Bruno Caccia. Qui ogni 26 giugno si svolge un festival in ricordo del magistrato e tutto l’anno si organizzano eventi per le scuole e non solo. Proprio da Paola Caccia arriva anche un messaggio sul 41 bis: “Personalmente penso che vada modificato, è un buono strumento, per la mafia forse il migliore – ha detto – Ma deve avere una funzione di utilità, perché un boss mafioso non possa comunicare con l’esterno, ma va dosato nel modo giusto”. Come approcciarsi, dunque, ai 40 anni dalla scomparsa del padre? “Questo dolore grossissimo si è trasformato in orgoglio e senso di responsabilità, farlo conoscere per me è diventato quasi un lavoro”.

ARTICOLI CORRELATI

Bruno Caccia, un giudice rimasto senza giustizia

'Ndrangheta: confiscata la casa di Rocco Schirripa, killer del magistrato Bruno Caccia

Delitto Caccia, la Procura generale di Milano prosegue le indagini e sente Schirripa

TAGS:

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos