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Il sovraffollamento nelle carceri è un problema reale, ma che spesso è usato per occultarne altri, forse ancora più gravi. Nell'ambito di Bookcity se n'è discusso nel carcere milanese di San Vittore, dove è stato illustrato il volume "Sovraffollamento e crisi del sistema carcerario, il problema irrisolvibile", di Alessandro Albano, Anna Lorenzetti e Francesco Picozzi, edito nella Collana di Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università di Bergamo.
Presente il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri che ha sottolineato un fatto: c'è stato chi "pur potendo" fare qualcosa, ha lasciato la Polizia penitenziaria per anni in una situazione di "depressione, frustrazione", senza un'adeguata formazione che, invece, deve andare di pari passo con la gestione degli istituti. "E per fare formazione - ha detto - nelle scuole devono parlare persone che hanno lottato sul campo, faticato, altrimenti diventa una passerella". Per Gratteri bisognerebbe provare a "mettere ai domiciliari detenuti tossicodipendenti", dopo le opportune verifiche. Altro fallimento sono le Rems "che non esistono, se non sulla carta", mentre Gratteri confida che con il Pnrr si possano costruire nuove carceri o ampliare quelle esistenti.


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Nicola Gratteri, procuratore capo di Catanzaro


Una delle strade per cercare di creare migliori condizioni, secondo il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro Delle Vedove (d'accordo con Gratteri sullo sperimentare la possibilità che i tossicodipendenti possano scontare la pena in strutture diverse dal carcere) potrebbe essere l'estensione dei trattati con altri Paesi affinché il detenuto sconti la pena in patria, mentre ad ora abbiamo trattati solo con un Paese. La segretaria nazionale dell'Associazione dirigenti e funzionari di Polizia penitenziaria (DirPolPen), Daniela Caputo, ha avanzato un'istanza ben precisa: "La crisi del sistema carcerario non si esaurisce nel sovraffollamento ci sono problemi di vivibilità e di organizzazione delle carceri: quello che è importante è capire che bisogna partire da una riforma organizzativa della Polizia Penitenziaria, partendo dal suo personale e dai suoi dirigenti: rivendichiamo una polizia penitenziaria adeguatamente formata ed equipaggiata e che abbia un proprio Dipartimento, con un vertice in uniforme, per garantire un servizio più efficiente al Paese". La Polizia penitenziaria, come le altre Forze di Polizia, dovrebbe "garantite la sicurezza" ed essere "svincolata da compiti meramente custodiali". Per questo servono "altre figure professionali, come educatori, assistenti sociali, psicologi per rendere il carcere più umano".

Fonte: Ansa

Foto © Imagoeconomica

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