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Le fotografie sono esposte nel chiostro di Sant’Agostino a Montegiorgio

Palermo: la Conca D'Oro, il punto di incontro tra l'amore e l'odio, tra l'estremo bene e l'estremo male. Fu in questo angolo straziato di mondo che una giovane reporter si trovò a scattare le immagini simbolo di una Sicilia "bellissima e disgraziata" come disse il giudice Paolo Borsellino.
Lei, Letizia Battaglia, parlava con le sue fotografie, in bianco e nero. Testimone di un tempo nel quale il mondo non sapeva ancora cos'era la mafia.
Donna dall’indole coraggiosa e appassionata, con un "grande cuore, ferito, ma immenso" ha ricordato Lorenzo Baldo, vice direttore di ANTIMAFIADuemila.
Ben presto il suo divenne un impegno totale, come siciliana e come donna mettendo a repentaglio la propria vita per anni, combattendo per la città di Palermo, come fotografa, come editore, come assessore, come ecologista, come difensore dei diritti delle donne e dei diritti umani.
Ha immortalato giudici, poliziotti e uomini delle istituzioni che contro la mafia hanno sacrificato sé stessi come Boris Giuliano, Ninni Cassarà o il Presidente Piersanti Mattarella, in quel celebre scatto in cui il fratello Sergio, oggi Capo dello Stato, lo estrae dall'auto.
Ma ha ritratto anche criminali di grosso calibro come Luciano Liggio e Leoluca Bagarella, che la travolse buttandola a terra. Non aveva paura Letizia Battaglia e in quel momento la fotografa realizzò una delle sue immagini più potenti. Così come potente era il volto della ragazza con il pallone sotto il braccio. Fotografare era il suo modo per "scuotere le coscienze".
E a distanza di anni, le sue foto non hanno perduto tale potere.


Di questo sono stati testimoni le numerose persone giunte ad assistere all'inaugurazione della mostra fotografica "La Letizia e la Battaglia" tenutasi al chiostro di Sant’Agostino sabato 12 novembre a Montegiorgio, un luogo scelto e gestito da Worldland, l’associazione guidata da Dario Aspesiani.
"Un evento di grande qualità" lo ha definito il sindaco di Montegiorgio Michele Ortenzi nel dibattito che ha preceduto la mostra, moderato dal giornalista Raffaele Vitali.
Per la curatrice Chiara Fermani è stata la realizzazione di un sogno: ha preso forma "grazie anche ad Aaron Pettinari, caporedattore di ANTIMAFIADuemila, che mi ha messo in contatto con i curatori dell'Archivio Letizia Battaglia". “La scelta - ha detto - è ricaduta su Letizia perché ho visto molte altre mostre, ma le sue foto sono uniche. Mi hanno suscitato un qualcosa”.
Nel 1985 Letizia venne insignita del prestigioso Eugene W. Smith Award per aver documentato come giornalista per oltre 10 anni gli effetti della mafia sulla società siciliana. Lo ha ricordato Pacifico D’Ercoli, responsabile della fototeca provinciale che nel 2006 ospitò a casa sua la fotografa anti mafia: fu la mostra che "i nostri amici e visitatori ricordano meglio", ha detto, "come qualcosa di unico. Oltre a loro facemmo anche una cena con quasi cento persone in piazza con i prodotti di Libera".
Non poteva mancare, tra le foto scelte dalla curatrice, il volto eterno di Rosaria Maria Costa, vedova dell'agente di scorta di Giovanni Falcone, Vito Schifani.
E proprio come le sue creazioni, anche Letizia Battaglia non morirà mai: "Quando è morta quest’anno un pezzo di me se ne andato, per me è stato un punto di riferimento a Palermo" ha detto il vice direttore di ANTIMAFIADuemila. "Letizia mi ha sempre trasmesso questa necessità di gridare contro le ingiustizie, di non essere ‘politicamente corretto’, di schierarsi e di chiedere diritti per tutti".
Un concetto ripreso quella sera anche dalla dirigente del settore Cultura della Regione Daniela Tisi, la quale ha ricordato come gli "ignavi" era, ed è una categoria di persone a cui Letizia era particolarmente avversa.
Poiché l'essere 'neutri' e 'indifferenti' è la vera piaga di questa nostra epoca.
Letizia, ha proseguito Lorenzo, aveva questa grande passione che si trasformò in un dolore immenso negli anni delle stragi: "Quando lei vedeva Paolo Borsellino dopo la strage di Capaci provava un senso di impotenza perché vedeva un condannato a morte e si rendeva conto che non poteva fare niente per salvarlo".
Ma nonostante tutto il dolore provocato dagli eccidi di Capaci e di via d'Amelio Letizia continuò a difendere i magistrati in prima linea come Nino Di Matteo, oggi consigliere togato al Csm.
"Lei si è battuta tantissimo - ha ricordato - per sostenere il pool dei magistrati di Palermo", quelli che, ha specificato, hanno istruito "il processo Trattativa Stato - Mafia".
La sua sola presenza diede grande forza ai pubblici ministeri Di Matteo, Roberto Tartaglia, Vittorio Teresi e Francesco Del Bene durante la lettura della sentenza di primo grado.
Quel giorno il riflesso del colore verde dei suoi capelli portò "la speranza". E poi il presidente: colpevoli!
Questa fu Letizia, una donna nella Battaglia, ora e per sempre.

Foto © ACFB/Paolo Bassani

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