Una struttura piramidale gestiva una vasta e complessa rete di spaccio di cocaina e marijuana nell'hinterland catanese.
Si parla dei comuni di Aci Sant'Antonio, San Giovanni La Punta, Viagrande, Pedara e Aci Bonaccorsi. In quest'ultima località, secondo gli inquirenti, vi era un bar eletto a luogo di ritrovo per i soggetti coinvolti, alcuni disoccupati e molti già con precedenti penali, comprese persone ritenute contigue al clan mafioso Laudani.
In tutto i Carabinieri, nell'ambito dell'operazione 'Tiffany’, hanno arrestato tredici persone, otto in carcere e cinque ai domiciliari. Nei confronti di altri 6 persone è stato notificato l'avviso di conclusione delle indagini.
L'inchiesta era iniziata nel luglio 2021 ed è stata coordinata dalla Procura Distrettuale di Catania e condotta da carabinieri della compagnia di Acireale, tra il febbraio e il luglio 2021.
L'ordinanza del Gip è stata eseguita anche con il supportato dai reparti specializzati dell'Arma presenti nell'isola: la compagnia di Intervento Operativo del XII Reggimento "Sicilia" e nucleo Cinofili.
Gli investigatori hanno rilevato che la cocaina sarebbe stata venduta, all'ingrosso, al costo di 38 euro al grammo per un giro d'affari di almeno 380 mila euro.
Clan Laudani e frasi in codice
Ai vertici del gruppo, secondo la Procura distrettuale, ci sarebbero stati Giuseppe Bonanno, Daniele Mangiagli e Francesco Vittorio, che, è la tesi dell'accusa, sarebbero contigui al clan Laudani di Catania. I soggetti coinvolti usavano un linguaggio in codice, con parole come "Africa" o "stella" per indicare la qualità della cocaina. E poi frasi in codice che alludevano a prodotti di gastronomia venduti nel bar, non solo per organizzare incontri con gli acquirenti, ma anche per indicare le sedi delle riunioni fra gli associati. Bonanno, Mangiagli e Vittorio si sarebbero occupati, secondo gli investigatori, della vendita di partite di cocaina quali grossisti, intrattenendo contatti con soggetti appartenenti ad altre organizzazioni criminali. Mentre Giuseppe Bonanno avrebbe assunto il ruolo di "capo promotore", impartendo direttive e controllando l'operato dei propri collaboratori. Daniele Mangiagli, suo uomo di fiducia, sarebbe stato incaricato della gestione della contabilità relativa all'attività di compravendita della sostanza stupefacente. Francesco Vittorio, detto "Ciccio pesce" o "mangioglio", avrebbe curato i contatti con gli acquirenti e le consegne della merce, ricevendone il relativo corrispettivo. Salvatore Sardo e Antonino Sapiente avrebbero avuto il compito di corrieri, incaricati da Vittorio di svolgere la materiale consegna dello stupefacente agli acquirenti.
Fonte: Agi
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