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Alle prime ore di stamattina a Palermo, i militari della Compagnia Carabinieri di Misilmeri e del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Palermo hanno dato esecuzione a 6 ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse dal Giudice delle Indagini Preliminari presso il Tribunale di Palermo su richiesta della locale Dda, per i reati di associazione di tipo mafioso ed estorsioni aggravate dal metodo mafioso. L'indagine costituisce l'esito di un'articolata manovra investigativa condotta dal Nucleo Investigativo di Palermo e dalla Compagnia di Misilmeri sulla famiglia mafiosa di Misilmeri, che ha consentito di comprovare la perdurante operatività di quell'articolazione mafiosa, organicamente inserita nel mandamento mafioso di Misilmeri-Belmonte Mezzagno. L'importante dispositivo di contrasto a Cosa Nostra, di cui si è dotato il Comando Provinciale Carabinieri di Palermo, ha sviluppato un articolato percorso investigativo, coordinato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, che ha permesso l'esecuzione, negli ultimi 15 anni, di importanti operazioni nei confronti di esponenti delle famiglie mafiose del mandamento di Misilmeri- Belmonte Mezzagno. Avviata dai Carabinieri nel gennaio 2021, l’indagine ha consentito di acquisire un grave quadro indiziario condiviso dal Gip nella suindicata ordinanza restrittiva, secondo il quale sussistono gravi indizi per affermare l'esistenza e la piena operatività dell'organizzazione criminale denominata Cosa Nostra nel territorio di Misilmeri, immortalando un contesto territoriale caratterizzato da uno spietato ricorso alla violenza ed all'imposizione del pizzo a commercianti ed imprenditori. L'attività d'indagine, sviluppata attraverso non poche difficoltà dovute al "modus operandi" degli indagati, ha consentito di acquisire gravi indizi in merito all'evoluzione strutturale ed operativa della famiglia di Misilmeri; alla identificazione dei consociati; all'accertamento degli illeciti interessi e al condizionamento del tessuto socioeconomico attraverso il potere mafioso della famiglia di Misilmeri, espresso principalmente attraverso l'imposizione del pizzo. Dall'indagine emergerebbe la figura di Michele Sciarabba, ritenuto dal Gip gravemente indiziato di essere il capo della famiglia, e di Alessandro Ravesi, suo collaboratore. Entrambi i predetti avrebbero coordinato l'attività nei settori tipici di controllo di Cosa Nostra, curando il mantenimento dell'ordine sul territorio e adoperandosi - in modo paritetico ad altri sodali destinatari dell'odierna misura - per la risoluzione di svariate controversie tra privati, in alternativa allo Stato, e per le estorsioni.

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