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Con i suoi studi poteva iniziare l’era delle energie rinnovabili

Adolfo Parmaliana fu un docente di Chimica industriale all'Università di Messina.
Da la sua grande caratura morale non perse occasione di denunciare il malaffare e gli inciuci nella sua terra.
Alcune indagini partirono da certe sue indicazioni ma si arenarono, una dopo l’altra. Finché si giunse ad un paradosso: una denuncia per diffamazione recapitata a lui stesso. A quel punto, il professore, sentendosi braccato, si tolse la vita la mattina del due ottobre 2008, gettandosi nel vuoto da un viadotto dell’autostrada Messina-Palermo.
Ma anche dopo la sua morte fu bersaglio dei 'grandi vecchi' di un territorio inghiottito dal fango cupo dell’oscurantismo morale.
Ma chi fu il corvo che diffamò il professore?
Una sentenza della Cassazione lo afferma nero su bianco: l'ex Procuratore Generale di Messina Franco Antonio Cassata.
Del caso Parmaliana si interessò il giornalista e scrittore Alfio Caruso che scrisse il libro “Io che da morto vi parlo”. E fu durante la stesura del libro che Caruso, contemporaneamente al deputato Lumia, ricevette un dossier anonimo pieno di veleni sul docente universitario. Una trentina di pagine il cui scopo era distruggere la credibilità di chi aveva osato denunciare le infiltrazioni mafiose nei palazzi di giustizia messinesi e che, evidentemente, dava fastidio anche da morto. Adolfo Parmaliana parlò ad un mondo non ancora maturo e la sua morte creò un vuoto incolmabile, nei suoi famigliari, in chi lo stimava e, certamente, a tutta la Nazione. Perché? Perché in pochi sanno che Parmaliana fu anche un precursore delle energie alternative, al punto che già nel 1999 aveva ideato un progetto nel quale inserì già all'epoca il progetto di un'auto ad idrogeno. Oggi più che mai una figura come la sua potrebbe fare la differenza. Mentre tutti si affannano a parlare di transazione ecologica e di energie alternative il professore già sperimentò dal 1981 al 2008.
Assieme al suo maestro, il professore Nicola Giordano, inoltre, pubblicarono uno studio sul trasporto dell'energia solare dal deserto africano in Italia.
E poi ancora,  Parmaliana, già nel 1999, con notevole anticipo, progettò una macchina con celle combustibili alimentata ad idrogeno che potevano superare le centrali termoelettriche. E nel 2003, intervenendo sulla Gazzetta del Sud, annunciò con soddisfazione che a Messina grazie ai loro studi iniziò l'era dell'idrogeno.
Chi gli fu accanto in quegli anni sostiene che se si fossero ascoltati i suoi insegnamenti già da tempo si sarebbe attuata l'era dell'energia alternativa.
Un mese prima della scomparsa presentò al sindaco di Montalbano Elicona, Giuseppe Simone, un progetto esecutivo per produrre energia verde dall'idrogeno ed illuminare il Campus universitario che doveva essere realizzato nel centro di Montano.
Ma scelse di andarsene. Lasciando dietro di sé una eredita tanto pesante quanto vera: un dossier, poi finito al vaglio della procura di Reggio Calabria e una lettera di quattro pagine, trovata sul tavolo del suo studio. Un documento di straordinaria forza e drammaticità rivolto alla pubblica opinione, ai suoi familiari, agli amici più cari. Qui di seguito la trascrizione completa.
"La Magistratura barcellonese/messinese vorrebbe mettermi alla gogna, vorrebbe umiliarmi, delegittimarmi, mi sta dando la caccia perché ho osato fare il mio dovere di cittadino denunciando il malaffare, la mafia, le connivenze, le coperture e le complicità di rappresentanti dello Stato corrotti e deviati. Non posso consentire a questi soggetti di offendere la mia dignità di uomo, di padre, di marito, di servitore dello Stato e docente universitario.
Non posso consentire a questi soggetti di farsi gioco di me e di sporcare la mia immagine, non posso consentire che il mio nome appaia sul giornale alla stessa stregua di quello di un delinquente. Hanno deciso di schiacciarmi, di annientarmi.
Non glielo consentirò, rivendico con forza la mia storia, il mio coraggio e la mia indipendenza. Sono un uomo libero che in maniera determinata si sottrae al massacro ed agli agguati che il sistema sopraindicato vorrebbe tendergli.
Chiedete all’Avv.to Mariella Cicero le ragioni del mio gesto, il dramma che ho vissuto nelle ultime settimane, chiedetelo al senatore Beppe Lumia, chiedetelo al Maggiore Cristalli, chiedetelo all’Avv.to Fabio Repici, chiedetelo a mio fratello Biagio. Loro hanno tutti gli elementi e tutti i documenti necessari per farvi conoscere questa storia: la genesi, le cause, gli accadimenti e le ritorsioni che sto subendo.
Mi hanno tolto la serenità, la pace, la tranquillità, la forza fisica e mentale. Mi hanno tolto la gioia di vivere. Non riesco a pensare ad altro. Chiedo perdono a tutti per un gesto che non avrei pensato mai di dover compiere.
Ai miei amati figli Gilda e Basilio, Gilduzza e Basy, luce ed orgoglio della mia vita, raccomando di essere uniti, forti, di non lasciarsi travolgere dai fatti negativi di non sconfortarsi, di studiare, di qualificarsi, di non arrendersi mai, di non essere troppo idealisti, di perdonarmi e di capire il mio stato d’animo: Vi guiderò con il pensiero, con tanto amore, pregherò per voi, gioirò e soffrirò con voi.
Alla mia amatissima compagna di vita, alla mia Cettina, donna forte, coraggiosa, dolce, bella e comprensiva: ti chiedo di fare uno sforzo in più, di non piangere, di essere ancora più forte e di guidare i ns figli ancora con più amore, di essere più buona e più tenace di quanto non lo sia stato io.
Ai miei fratelli, Biagio ed Emilio, chiedo di volersi sempre bene, di non dimenticarsi di me: vi ho voluto sempre bene, vi chiedo di assistere con cura e amore i ns genitori che ne hanno tanto bisogno. Alla mia bella mamma ed al mio straordinario papà: vi voglio tanto bene, vi mando un abbraccio forte, vi porto sempre nel mio cuore, siete una forza della natura, mi avete dato tanto di più di quanto meritavo. A tutti i miei parenti, ai miei cognati, ai miei zii, ai miei cugini, ai miei nipoti, a mia suocera: vi chiedo di stare vicini a Gilda, a Basilio ed a Cettina. Vi chiedo di sorreggerli.
Ai miei amici sarò sempre grato per la loro vicinanza, per il loro affetto, per aver trascorso tante ore felici e spensierate. Alla mia università, ai miei studenti, ai miei collaboratori ed alle mie collaboratrici sarò sempre grato per la cura e la pazienza manifestatemi ogni giorno. Grazie. Quella era 1° mia vita. Ho trascorso 30 anni bellissimi dentro l’università innamorato ed entusiasta della mia attività di docente universitario e di ricercatore.
I progetti di ricerca, la ricerca del nuovo, erano la mia vita. Quanti giovani studenti ho condotto alla laurea. Quanti bei ricordi.
Ora un clan mi ha voluto togliere le cose più belle: la felicità, la gioia di vivere, la mia famiglia, la voglia di fare, la forza per guardare avanti.
Mi sento un uomo finito, distrutto. Vi prego di ricordarmi con un sorriso, con una preghiera, con un gesto di affetto, con un fiore. Se a qualcuno ho fatto del male chiedo umilmente di volermi perdonare.
Ho avuto tanto dalla vita. Poi, a 50 anni, ho perso la serenità per scelta di una magistratura che ha deciso di gambizzarmi moralmente. Questo sistema l’ho combattuto in tutte le sedi istituzionali. Ora sono esausto, non ho più energie per farlo e me ne vado in silenzio. Alcuni dovranno avere qualche rimorso, evidentemente il rimorso di aver ingannato un uomo che ha creduto ciecamente, sbagliando, nelle istituzioni.
Un abbraccio forte, forte da un uomo che fino ad alcuni mesi addietro sorrideva alla vita.

Foto © commons.wikimedia.org

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