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Il presidente della CEI ricorda il giudice Rosario Livatino mentre parla di Chiesa convertita contro la mafia

"Altro che uomini d'onore, come amano definirsi: i mafiosi sono dei mezzi uomini, i mafiosi sono dei vigliacchi!". Queste le parole pronunciate dal presidente della CEI, il cardinale Matteo Maria Zuppi che, rispondendo alle domande di SkyTg24, ha ribadito: “La Chiesa deve e può fare molto per combattere la mafia”.
Subito dopo la messa celebrata nel Cortile d’Onore della Corte Suprema di Cassazione in occasione dei 32 anni dall’assassinio voluto dalla mafia del giudice Rosario Livatino, proclamato Beato da Papa Francesco, il Cardinale Zuppi, con tono deciso, ha ricordato le parole pronunciate da Papa Giovanni Paolo II ad Agrigento nel ‘93: “Convertitevi, verrà per voi il giudizio di Dio”. Una conversione che, sempre secondo Zuppi, sarebbe sopraggiunta anche nella Chiesa: “Credo che la Chiesa stessa si sia convertita contro le mafie - ha sottolineato il cardinale -. Con fermezza la Chiesa combatte quello che c'è dietro le mafie, come faceva Livatino, oppure, come fece un altro grande martire di mafia, padre Pino Puglisi, le combatte sottraendo loro la mano d'opera, dando un futuro e speranza ai giovani, creando alternative".
L’intervista al presidente della CEI continua con le sue considerazioni relative ai timori che inevitabilmente devono affrontare i sacerdoti alle prese con la criminalità: “Le mafie hanno tanti modi per intimidire e qualche volta, qualcuno, che sia sacerdote o meno, può scegliere la via sbagliata della prudenza - ha precisato Zuppi -. Cioé, ci si lascia intimidire. Perché gli uomini della mafia non sono uomini d'onore, come amano definirsi, ma sono mezzi uomini, sono dei vigliacchi. La corruzione è vigliacca e loro corrompono per togliere agli altri. Ma occorre essere uomini, si deve voler bene agli altri. Difendere la giustizia”.

Rosario Livatino, l’opposto di un “giudice ragazzino”
C’è un motivo se a distanza di 32 anni dalla sua morte, il giudice Rosario Livatino viene ricordato ogni anno dalla Chiesa Cattolica e dai suoi fedeli come “martire della giustizia”; l’origine di questo motivo risiede nelle capacità e nel senso del dovere che lo hanno contraddistinto fino ai suoi “quasi” 38 anni di vita, quando, la mafia ha decretato la sua fine.
Passato alla storia anche come “il giudice ragazzino” per le parole pronunciate con tono polemico dall’allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, Livatino, come spesso accade, diventa oggetto di celebrazione solo dopo la sua morte, quella che, sovente, viene riservata ai martiri della giustizia.

Foto © Imagoeconomica

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