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L’ex magistrato al festival culturale “Non a voce sola"

La strage di Piazza Fontana, di Bologna, il delitto Pecorelli, Sindona, Ambrosoli, Mattarella, Amato, il sequestro e l'omicidio di Aldo Moro, la figura di Giulio Andreotti e poi la P2 di Licio Gelli.

Sono questi, in estrema sintesi, gli elementi che compongono quella 'Italia Occulta', un Paese a 'sovranità limitata' che ancora oggi nasconde indicibili segreti.

E sono stati proprio questi segreti il soggetto principale della serata "Non a voce sola", un festival itinerante tenutosi ieri presso l'associazione artistica e culturale "Deva Ars" a Civitanova Marche Alta. Sono stati presenti l'ex magistrato Giuliano Turone (un testimone, un protagonista del cosiddetto “triennio maledetto” e Rocco Dragonetti (avvocato, e professore di procedura penale).

Giuliano Turone, assieme al suo collega Gherardo Colombo, aveva disposto la perquisizione domiciliare di tutti i recapiti noti di Licio Gelli, "maestro venerabile" della loggia massonica P2. L'operazione si era svolta il 17 marzo 1981 sia nella villa Wanda ad Arezzo, di proprietà di Gelli, sia in un suo recapito occulto, annotato in un'agendina sequestrata a Sindona poco tempo prima: un ufficio messo a sua disposizione a Castiglion Fibocchi, provincia di Arezzo, dalla ditta Giole del gruppo Lebole. La perquisizione aveva ottenuto un risultato clamoroso solo in quest'ultimo ufficio, dove aveva portato alla scoperta della lista di quasi mille iscritti alla loggia P2, nonché di 33 buste sigillate contenenti la documentazione inerente a operazioni di enorme rilievo nazionale gestite dalla loggia segreta attraverso percorsi non trasparenti ed eludendo ogni controllo istituzionale e di opinione pubblica.

Ma Loggia massonica segreta guidata da Licio Gelli è stata davvero sconfitta?

No” - ha detto il professore Rocco - “gli strascichi ce li abbiamo ancora oggi”.


turone italia occulta 3


Negli elenchi di quel migliaio di iscritti figuravano 43 generali e l’intero vertice dei Servizi segreti, 11 questori, 5 prefetti, 4 editori, 44 parlamentari, ministri e banchieri (come Sindona e Calvi), reali (come Vittorio Emanuele di Savoia), imprenditori (Silvio Berlusconi), diplomatici (come il conte Edgardo Sogno con il suo progetto di ‘golpe bianco’) gente del mondo dello spettacolo (Claudio Villa e Alighiero Noschese), il presidente dell’Eni Leonardo Di Donna, magistrati e giornalisti (Maurizio Costanzo e il direttore del Corsera, Franco Di Bella), tutti in ruoli chiave del Paese. Tanto che lo stesso Gelli dirà in seguito - con una delle sue battute ammiccanti – che chi era iscritto alla Loggia coperta (i cui membri non sono conosciuti dagli affiliati ad altre logge) non lo faceva per motivi di carriera, perché la carriera l’aveva già fatta. Nuovi legami sono venuti fuori dalle ultime indagini sulla strage di Bologna, mentre per l’omicidio di Piersanti Mattarella gli esecutori ancora ignoti. Ricordiamo che è stata archiviata la “pista nera” sull’omicidio del Presidente della regione siciliana poiché la targa dell’automobile utilizzata dai killer non sarebbe collegata ai Nar, i Nuclei Armati Rivoluzionari.

Ora il focus delle indagini si potrebbe spostare su Nino Madonia, il capomandamento di Resuttana, dove è stato commesso l'omicidio.

Destra eversiva, mafia, massoneria e strutture sovranazionali sono da sempre componenti onnipresenti nel 'nero' panorama politico italiano: le audizioni desecretate dell’ex ministro Paolo Emilio Taviani parlano di "agenti CIA immischiati nella preparazione degli eventi di piazza Fontana e successivi”. Una “longa manus” che ha diretto l’eccidio che aveva inaugurato la cosiddetta “strategia della tensione”. Da decenni storici, giornalisti, avvocati e magistrati sostengono che a manovrare il piano di destabilizzazione dell’Italia avviato con la bomba alla Banca Nazionale dell’Agricoltura di Milano siano stati loschi soggetti sovranazionali. Secondo Taviani "se si fosse detto subito, come era mia intenzione, che la strage di Milano era di destra", si sarebbe lasciato meno spazio a capacità del terrorismo rosso di attrarre nuove leve. "Se si fosse detto che quella strage era di destra - aveva aggiunto - probabilmente non si arrivava né alle stragi dei treni, ma soprattutto non si arrivava all’uccisione di Moro".

Durante la serata Turone ha richiamato l'attenzione anche sulla cosiddetta Rosa dei Venti, un'organizzazione nata nel 1965 sulla base di certi documenti militari americani. Secondo l'ex magistrato si tratta di una sorta "di organizzazione superiore" che "aveva la capacità di connettere in una fascia superiore di controllo le mafie, l'eversione nera e i centri massonici tra cui la loggia P2". Tutte queste organizzazioni sono legate da quell'"atlantismo esasperato" che ha poi portato alla strategia della tensione e quindi alle stragi.

L'ex magistrato, continuando nel suo intervento, ha detto che La Rosa dei Venti è un'organizzazione che "lega fra loro tutte le cose che sembrano invece scollegate", come le realtà eversive, fungendo anche da regia esterna.


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A fine evento abbiamo raggiunto l'ex magistrato Turone e il professore Rocco per una breve intervista.

Dottore Turone, per quanto riguarda il trattato di pace di Parigi, lei si è mai imbattuto nelle presunte liste ad esso collegate in cui ci sarebbero i nomi di oltre mille mafiosi che, in base al trattato stesso non potevano essere perseguitati, perché avevano supportato l'avanzata degli Alleati?
"So dell'esistenza di documenti di questo genere e fanno parte delle conseguenze del trattato di Yalta che hanno bene o male aperto una strada ad una diminuzione di sovranità al nostro Paese per via della esigenza che hanno previsto le forze vincitrici della guerra mondiale, in particolare gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, di fare di tutto per evitare che il partito comunista si avvicinasse al potere. Perché il partito comunista italiano, specialmente negli anni 40 e 50 guardava con un certo occhio di simpatia a Mosca. Questa era la decisione che avevano preso i vincitori occidentali della guerra con il trattato di Yalta e da qui però" si è dimezzata "la sovranità dell'Italia. Cosa che poi è continuata anche quando il partito comunista di Berlinguer si è trasformò in qualcosa di diverso, perché ci siamo portati comunque dietro questa singolare situazione che è unica in tutto il mondo occidentale".

Lo Stato ha trattato per la liberazione di Ciro Cirillo, ha trattato con la mafia, ma non ha trattato per la liberazione di Aldo Moro.
"Esattamente. Si tratta comunque di quelle brutture della seconda metà del novecento. La fine di Aldo Moro è stata gestita da quello Steve Pieczenik che era stato inserito nel 'Comitato di Crisi' per un'iniziativa della coppia Kissinger - Cossiga per evitare che Moro uscisse vivo da quella sua prigionia".

Professore Rocco Dragonetti, si è gettato molto fango sul generale Carlo Alberto dalla Chiesa per via della sua domanda di adesione alla loggia P2. Cosa potrebbe dirci al riguardo?
"Quando si trovano le liste della P2 c'erano alcune domande che erano 'sospese'. Praticamente tra queste c'era quella del generale dalla Chiesa il quale ancora non era stato ammesso". Nel libro 'Italia Occulta', l'ex magistrato Turone ha cercato "un pochetto di ripulire il fango, perché si è trattata di una vera e propria infangatura. Fu una trappola. Fu una trappola questa e nasce tutto da un problema legato alla divisione Pastrengo" e "di alcuni personaggi che poi troviamo nelle liste della P2".

Info: “Non a voce sola”

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