Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

In un video l’avvocato chiarisce e accusa: “Mano solerte ha diffuso la notizia alla stampa mentre mi candido”

I giudici della Corte dei conti presieduti da Giuseppa Maneggio, hanno condannato l'ex pm Antonio Ingroia e Dario Colombo amministratori di “Sicilia e Digitale Spa” dal 2013 al 2019 a risarcire la società, il primo 145 mila euro, il secondo 122 mila. Sono stati assolti gli amministratori Dario Corona, difeso dagli avvocati Federico Ferina e Massimiliano Mangano e Massimo Dell'Utri, assistiti dall'avvocato Giovanni Immordino. La procura regionale della Corte dei conti aveva citato in giudizio alcuni ex amministratori e l'ex direttore generale della società regionale “Sicilia Digitale” (ex “Sicilia e-Servizi”). Le ipotesi di danno erariale contestate sono due. La prima riguarda il compenso superiore ai limiti di legge erogato all'ex direttore generale, Dario Colombo, e mantenuto nel tempo anche in contrasto con quanto richiesto dalla Regione Siciliana, socio unico di “Sicilia Digitale”. Secondo la ricostruzione della procura erariale nonostante le osservazioni avanzate il compenso non è stato rimodulato nei limiti legali, la società e il direttore generale hanno condiviso le rivendicazioni dell'ex direttore Colombo e sono arrivati ad una conciliazione giudiziale i cui effetti sostanziali non avrebbero modificato il trattamento economico. Secondo la procura l'importo del compenso erogato ingiustificatamente nel quinquennio, è di 778.901. La seconda ipotesi di danno erariale riguarda le spese di missione del direttore generale, Dario Colombo, liquidate per raggiungere la sede societaria di Palermo da una sede di “Sicilia Digitale” nel comune di Catania. L'importo complessivo del danno ipotizzato era stato suddiviso tra i soggetti citati in base all'apporto causale nell'intera vicenda. In particolare, erano stati citati per complessivi 828.275 euro gli amministratori pro tempore Antonio Ingroia per euro 390.871,56, Dario Corona per 105.737 euro, Massimo Dell'Utri per 86.856 euro e il direttore generale pro tempore Dario Colombo per 244.809 euro. Per Ingroia e Colombo i giudici hanno accertato il danno erariale.

Ingroia risponde: “Sentenza illogica, faremo ricorso”
Ieri è arrivata la risposta dell’ex procuratore aggiunto di Palermo Ingroia, oggi candidato in Sicilia per con “Italia Sovrana e Popolare”, alla sentenza della Corte dei Conti. In un video pubblicato su Facebook in cui spiega le ragioni per le quali ritiene la sentenza “assurda e illogica”.

Mentre si raccolgono le firme in piena campagna elettorale per le liste di ‘Italia Sovrana e Popolare’ dove sono candidato in Sicilia alla Camera come capo lista, improvvisamente esce la notizia della sentenza di condanna della Corte dei Conti nei miei confronti per una vecchia vicenda amministrativa risalente a circa sei ani fa di quando ero amministratore di Sicilia e-Servizi”, ha esordito Ingroia. “Una mano ignota ma molto solerte ha ritenuto di passare la notizia agli organi di stampa siciliani mentre si diffondeva la notizia della mia candidatura”. “Comunque quel che conta è che le firme le abbiamo raccolte, che sono state depositate le liste col mio nome di capo lista e quindi parteciperò alle prossime elezioni. Ma visto che è uscita questa notizia mi sembra giusto dare qualche informazione su questa che non esito definire assurda e illogica sentenza di condanna”, ha detto sulla sua pagina Facebook l’avvocato. “Sono stato amministratore di questa società che si occupava dell’informatica siciliana, proprio perché si trattava di un carrozzone mangia soldi e sono fiero e orgoglioso dei risultati portati avanti alla guida di questa società perché grazie a me si sono tagliate le spese che i siciliani in passato dilapidando i fondi europei si sono visti togliere dalle tasche da tanti amministratori che si sono avvicendati in quello che ho definito ‘carrozzone mangiasoldi’. Dico questo - ha spiegato - perché ci sono dati di fatto di quando costava questa società, arrivata a punte di 70-80 milioni di euro l’anno che io ho portato al di sotto dei 10 milioni di euro l’anno, facendo risparmiare milioni di euro. Ho fatto anche denunce di questi sperperi, di certi veri e propri reati commessi prima della mia nomina a ‘Sicilia e-Servizi’, li ho presentati alla procura di Palermo e alla Corte dei Conti, ma nulla è accaduto, sono rimaste in un cassetto. Ed invece, da quel momento, proprio perché anche alla guida di Sicilia e Servizi ero l’uomo fuori dalle cordate che si erano arricchite alle spalle dei siciliani e dell’Europa, mi sono piombate addosso una serie di accuse in varie vicende giudiziarie tuttora in corso”. “La procura della Corte dei Conti aveva provato già a mettermi sotto accusa in un procedimento, che poi è durato tanto e aveva come oggetto il salvataggio della società con l’assunzione del personale dipendente. Si è dovuti arrivare fino alla Cassazione perché quel procedimento venisse definitivamente chiuso con un nulla di fatto”, ha ricordato l’ex magistrato. “E oggi abbiamo un nuovo procedimento che riguarda la retribuzione di un dipendente della società, un alto dirigente, che secondo l’accusa sarebbe stata esagerata. Io non ho fatto altro che applicare la legge ed eseguire ciò che l’amministrazione regionale mi diceva. Perché tutta la questione attiene all’applicazione dei tetti massimi di retribuzione che sono diversi tra quelli previsti dalla legge regionale e quelli previsti dalla legge nazionale in relazione alla contrattazione collettiva di quel livello di dirigente. Inizialmente mi si disse dalla regione che bisogna applicare il limite regionale che era più basso, e così ho fatto, sospendendo la retribuzione più alta di quel dipendente. Il dipendente ha fatto causa contro Sicilia e-Servizi al tribunale di Catania che si è protratta per anni con la quale si minacciava, sostanzialmente, di chiedere il risarcimento danni della società, quindi di pagare tutti gli arretrati, in più il danno conseguente sostenendo che non si applicasse la legge regionale perché si applicava appunto quella nazionale e per la verità così dice la Corte Costituzionale con una pronuncia che neanche i giudici contabili hanno potuto ignorare che dice che si applica la legge statale e non quella regionale”, ha illustrato Ingroia nel video. “Allora quando si è profilato tutto ciò, ho chiesto cosa fare all’amministrazione regionale da cui dipendeva la società partecipata, di cui ero amministratore, proponendo come soluzione di cercare di trovare un accordo. L’amministrazione regionale mi ha detto di trovare un accordo che però non si è riusciti a trovare con il dirigente, quindi ho dovuto cautelativamente - ha spiegato ancora - per evitare ulteriori provvedimenti negativi per la società, ripristinare il trattamento, fermo restando l’esito del giustizio. Ho chiesto la conferma della bontà di questa scelta all’amministrazione regionale che non ha risposto. E in base al meccanismo del silenzio-assenzo, questo significa avallo delle mie scelte che poi si sono concluse con la conseguente transazione giudiziale fatta davanti al giudice, nel quale si è abbassata la retribuzione, portando come obbligatorio per legge, ai livelli di contrattazione collettiva. Questo è quello che è stato fatto. Oggi, invece, la Corte dei Conti con questa sentenza di condanna torna sui propri passi ed incomprensibilmente se la prendono con me perché non vengono chiamati in causa gli organi regionali che avevano avvallato la mia scelta, non viene chiamato in causa il collegio sindacale che ha ritenuto tutto regolare e con il quale controllo i conti assieme al revisore di conti, non è stato chiamato in causa nessun altro”. “Questo perché, ancora una volta, evidentemente l’obiettivo ero io”, ha concluso Ingroia. La sentenza è mal motivata, secondo l’avvocato. “E’ molto fragile: da una parte dà una ragione alla procura della corte dei conti, dall’altra dà ragione a me tanto che ha sensibilmente ridotto la richiesta di condanna che era stata chiesta dalla procura della Corte dei Conti. Ad ogni modo impugneremo questa sentenza e sono certo e fiducioso che alla fine, come al solito dopo massacri mediatici, la verità verrà fuori e ribalteremo questa sentenza in appello”

ARTICOLI CORRELATI

Sicilia e-Servizi, Ingroia: ''Io nel tritacarne perché controcorrente''

Sicilia e-Servizi, Ingroia condannato a un anno e 10 mesi. Assolto dall'accusa più grave

Sicilia e-Servizi, Ingroia ai pm: “Chiariti i motivi delle nostre scelte”

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos