La Procura: "Elevato grado di allarme"
La presenza e l'attività di clan mafiosi in provincia di Potenza, "non diversamente dalla provincia di Matera", genera un "elevato grado di allarme": è il giudizio della Procura distrettuale antimafia del capoluogo lucano, in occasione dell'operazione che, stamani, ha portato all'esecuzione di 16 misure cautelari nel Vulture-Melfese. La Dda ha sottolineato che negli ultimi due anni sono state eseguite 86 ordinanze cautelari "per associazione mafiosa relative a sodalizi attivi sul territorio della provincia di Potenza", senza contare i recenti arresti per una bomba fatta esplodere davanti a un bar del capoluogo e a un arresto per estorsione nel 2020 il cui imputato è stato condannato in primo grado, dal Tribunale di Potenza, a quattro anni e sei mesi di reclusione. La Procura distrettuale ha evidenziato anche gli "importanti riconoscimenti giudiziari" arrivati dopo le sue inchieste, come la sentenza emessa due giorni fa dal Tribunale di Matera contro un clan che operava nel Metapontino.
Nello specifico, le misure cautelari (undici in carcere, tre ai domiciliari e due obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria) sono state eseguite stamani da Polizia e Carabinieri nel Vulture-Melfese, al termine di indagini sul clan, ritenuto mafioso, "Di Muro-Delli Gatti", con accuse anche di estorsione - ben 12 - ai danni dei partecipanti alla tradizionale "Sagra della Varola", che si svolse a Melfi (Potenza) nel 2019. Le altre accuse per gli indagati sono, a vario titolo, associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, possesso e detenzione illegale di arma da fuoco, tentata rapina e calunnia. In particolare, espositori e titolari di stand della sagra melfitana - che celebra la castagna, uno dei frutti più preziosi della zona - erano stati minacciati per ottenere "contributi economici per i sodali del clan detenuti": in una circostanza, per giustificare l'offerta di "protezione", fu fatto "espresso riferimento alla loro condizione di mafiosi". L'inchiesta ha accertato anche estorsioni ai danni di imprenditori, sempre per ottenere denaro o anche "assistenza alimentare ai sodali", e per dissuadere la vedova di un uomo ucciso dal costituirsi parte civile contro il presunto killer. L'inchiesta della Procura distrettuale antimafia di Potenza ha fatto luce anche sulla "costante disponibilità di armi" da parte del clan, rifornito attraverso "un canale privilegiato di approvvigionamento a San Marino".
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