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La Direzione distrettuale Antimafia di Milano, già ad aprile, aveva dato l'allarme sulle misure anti infiltrazioni mafiose in vista delle Olimpiadi di Milano-Cortina del 2026. A intervenire - per sollecitare un protocollo d’intesa tra enti organizzatori e le imprese coinvolte nei lavori sul modello di Expo’ 2015, magari coordinato dalla Prefettura - era stata la responsabile della Dda di Milano, il pm Alessandra Dolci.  Il magistrato in un intervista riportata su 'Repubblica' a firma di Luca De Vito ha riportato che quel "protocollo prevedeva diverse cose, tra cui il fatto che Expo 2015 spa applicasse alle imprese appaltatrici sanzioni pecuniarie nel caso di inosservanza degli obblighi di comunicazione preventiva alla Prefettura dei dati relativi alle società subappaltanti. Prevedeva poi il controllo degli accessi nei cantieri, la creazione di una piattaforma informatica con tutti i dati delle aziende appaltanti, l'obbligo di denuncia di ogni tentativo di estorsione o intimidazione. Più in generale oggi come allora servirebbe un patto per la legalità, con lo scopo di abbattere la domanda di servizi illegali che la criminalità organizzata è in grado di fornire: dal movimento terra al packaging, dalla logistica all'allestimento di stand. Sostanzialmente tutti quei servizi a bassa tecnologia e ad alto uso di manodopera o mezzi d'opera". Ma quali sono state le anomalie?
Sempre sul filone delle Olimpiadi 2026, il pm Dolci ha parlato "di intestazione fittizia di beni e società da parte di un personaggio condannato per associazione mafiosa. Ferma restando la presunzione di innocenza, siamo di fronte a un soggetto che continuava a lavorare nonostante le interdittive, utilizzando dei prestanomi. E bypassando il sistema della white list". Quest'ultimo considerato da Dolci uno strumento ancora utile ma "il punto è che le prefetture non hanno il personale e gli strumenti adeguati per fare accertamenti approfonditi. E le intestazioni fittizie di solito si scoprono grazie alle indagini".
Su 'Repubblica' si legge che oltre a questo strumento ne esistono altri: "Ultimamente ricorriamo spesso all'amministrazione giudiziaria, uno strumento che può essere richiesto dalla Procura se un'impresa agevola soggetti indagati per mafia o per altri gravi reati. Se l'agevolazione è solo occasionale può essere richiesto il controllo giudiziario, una misura più attenuata, che può essere chiesta dallo stesso imprenditore se l'azienda è colpita da un'interdittiva. C'è poi la prevenzione collaborativa, introdotta recentemente: fa capo ai prefetti e prevede una sorta di azione preventiva di 'bonifica' in cui il soggetto economico deve dotarsi di efficaci misure organizzative e sottoporsi ad una serie di controlli. Si applica se l'influenza mafiosa è ritenuta solo occasionale. Uno strumento più soft, meno invasivo. Non so però quanto sia applicato".
Nell’ultimo periodo infatti il legislatore ha cercato di andare incontro alle aziende private per cercare di incentivare (per quelle pulite) la partecipazione ai bandi di gara del Pnrr. "Il pericolo di infiltrazione è molto elevato", ha continuato il magistrato di Milano, aggiungendo che "la grande città è luogo di traffici e di transito. È anche un luogo di convivenza tra gruppi criminali che fanno riferimento alle cosche calabresi, alle famiglie siciliane e alla Camorra. Per radicarsi la ‘Ndrangheta cerca ‘il piccolo’, che siano i paesini di provincia o i quartieri di periferia. Nella grande città le organizzazioni mafiose tendono a mimetizzarsi e a fare sistema con contesti professionali che sono gli artefici principali di ardite operazioni aziendali, strumentali all'attività di riciclaggio. Su questo stiamo lavorando molto. Ma non posso aggiungere altro”.
"Dalla nostra esperienza - ha detto - ci siamo accorti che spesso le imprese hanno una sorta di accettazione nei confronti del fenomeno mafioso. Lo sottovalutano e pensano di avere meno problemi subappaltando servizi a imprese mafiose, in particolare in quei territori o in quei settori dove la presenza delle mafie è più forte. Si tratta di una visione miope perché aprire la porta alle organizzazioni criminali significa nel lungo periodo cedere loro interi settori dalle nostra economia. Le imprese devono capire che scendere a patti con le organizzazioni criminali non conviene. Mai".
Non è una novità il fatto che la 'Ndrangheta approfitti di buoni investimenti, ragionando sempre più da imprenditori oculati e non solo da mafiosi. Tra i vari business, la 'Ndrangheta oggi punta ai grandi appalti, e quelli per le Olimpiadi lo sono senz'altro.

Fonte: milano.repubblica.it

Foto © Imagoeconomica

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