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"Messina viene considerata una provincia 'babba' (tonta, ingenua, ndr), ma in verità sappiamo tutti che questa è una realtà complessa che sconta, come è stato rilevato in alcuni interventi, una sottovalutazione di alcune fenomenologie criminali mafiose e pertanto l'audizione odierna è servita a mettere a fuoco determinate analisi che necessitavano". La provincia messinese "è in qualche modo stretta dai giganti palermitani e catanesi, ma è altrettanto vero che, soprattutto sul versante tirrenico, è rivolta verso la Calabria e di conseguenza si è ragionato anche, per esempio, relativamente al traffico di sostanze stupefacenti, di rapporti fra realtà calabresi e messinesi". Sono state queste le parole del presidente della commissione antimafia Nicola Morra durante le audizioni in corso oggi a Messina di diversi rappresentanti istituzionali sulla situazione relativa al contrasto alle mafie nella provincia Messinese. Sentiti, tra gli altri, il prefetto Cosima Di Stani e i vertici delle forze dell'ordine, della magistratura e dell'avvocatura.
Molto spesso le mafie, ha detto Morra, "si trasformano in network aziendali produttivi, come ha dimostrato la singolare vicenda della cosiddetta mafia dei Nebrodi, per cui si ottenevano, non attraverso estorsioni ma con le truffe, importanti finanziamenti di origine europea per attività che venivano fintamente presentate come nobili". Per il presidente dell'antimafia "qui c'è da ragionare tanto su un contesto di colletti bianchi molto spesso vicini a logge massoniche: la città di Messina ha una tradizione assai importante che arriva anche a salotti buoni, a professioni, infiltrando pubbliche amministrazioni anche con reati che sembrano essere del tutto distanti rispetto al mondo della criminalità mafiosa, ma che investono alcuni enti, perché si tratta di lavori pubblici che danno tanto reddito. L'ateneo di Messina, a esempio, ha avuto a suo tempo rettori non propriamente siciliani, ma provenienti da altre regioni che sono finiti in operazioni importanti". Si è parlato anche della cosiddetta zona grigia: "Qui bisogna ragionare sul fatto che il 416 bis è sempre più difficile da individuare, classificare e proporre per la condanna perché -  ha affermato ancora Morra - il mafioso riesce a capire che, per esempio, è molto più facile relazionarsi al mondo dell'articolo 110 del codice penale che è il concorso esterno, senza risultare formalmente affiliato alla struttura criminale ma interagendo con la stessa al fine di promuovere un'azione criminale". Quindi il Pnrr: "Questa è una realtà in cui l'economia dei servizi, l'economia turistica ma anche l'economia del settore del ciclo dei rifiuti può produrre interesse da parte delle organizzazioni criminali. Di conseguenza, siccome reprimere è bellissimo, ma è preferibile prevenire, noi oggi abbiamo provato a 360 gradi a impedire l'insorgenza di determinati meccanismi". A prendere la parola anche il procuratore di Messina Maurizio De Lucia: "La Procura e le forze di polizia stanno facendo un grande sforzo per contrastare il crimine organizzato, che seppur colpito seriamente dalle continue indagini e attività che facciamo, continua a svolgere delle azioni che ci preoccupano. In particolare nell'area ionica, ma anche nella zona tirrenica e dei Nebrodi, con un notevole incremento anche dello spaccio di stupefacenti sul territorio". "È un problema per la criminalità -  ha proseguito De Lucia - anche di denaro, perché è fondamentale per le organizzazioni criminali per poter inquinare la vita pubblica, acquisire maggiori risorse. Lo strumento più rapido per farlo è quello di incrementare il mercato di stupefacenti".

Foto © Pietro Calligaris

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