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Armi, soldi sporchi, tratta di donne e bambini. Ecco il nuovo business della guerra

Il conflitto in Ucraina sta diventando un trampolino per le organizzazioni criminali. Ebbene sì, perché - come hanno scritto stamane i giornalisti Giuliano Foschini e Alessandra Ziniti sulle colonne di Repubblica - da alcune settimane chi segue i flussi finanziari in Italia ha riscontrato qualche anomalia. Secondo gli addetti ai lavori, infatti, la Crisi attualmente in corso nell’Est Europa e le sanzioni agli oligarchi russi hanno aperto la stagione del “grande affare della guerra”: un business parallelo che in Italia - ahinoi -, puzza di mafia.
Gli esperti economisti hanno intravisto un primo sospetto quando, qualche giorno fa, “un contabile brianzolo - come hanno riportato i colleghi di Repubblica - ha dato disposizione di trasferire tutto il contante della società immobiliare di cui era rappresentante sul conto corrente di una società a Cipro, chi indagava su quell’azienda ha avuto una conferma: lì dietro non c’erano soltanto i calabresi, come sospettavano. Ma anche qualche finanziatore russo”.
La ministra della Giustizia, Marta Cartabia, si è detta “perfettamente consapevole che il conflitto armato può costituire un’occasione per aprire un varco pericoloso agli affari criminali delle mafie”, garantendo inoltre che non farà trovare impreparato il Governo. C’è da dire, in effetti, che magistrati della Direzione nazionale antimafia, assieme a finanzieri, Carabinieri e agenti di Polizia, da settimane si stanno preparando perché temono il peggio: riciclaggio di capitali russi in Italia; lavoro sulle criptovalute; traffico di armi, da e verso il conflitto; tratta di esseri umani; business dell’immigrazione; e investimenti per la ricostruzione del Paese. “Perché le mafie guardano avanti”, ha spiegato ai giornalisti Federico Cafiero de Raho, già procuratore nazionale antimafia, e perché le stesse organizzazioni criminali negli scenari di guerra intravedono prelibati banchetti da cui trarre profitto.

Economia riciclata
Come evidenziato da Foschini e Ziniti, uno dei nodi cruciali riguarda i flussi di denaro. Secondo l’Unità di informazione finanziaria di Banca d’Italia, lo scorso anno nel nostro Paese sono arrivati bonifici diretti dalla Russia per 13 miliardi di euro, cinque dei quali frutto di un possibile lavoro di riciclaggio. Sempre secondo l’Uif, tale economia è stata adoperata per comprare immobili di lusso - come si evince dai recenti sequestri effettuati dalla Guardia di Finanza -, ma anche “pacchetti azionari di aziende, alberghi e ristoranti; o come deposito di liquidità importante sui conti correnti”, riporta Repubblica.
Consapevole del rischio che incombe dietro questi flussi di denaro, un paio di giorni fa la Banca d’Italia ha inviato una comunicazione con la quale chiede a tutti gli istituti di credito di “segnalare i depositi superiori ai centomila euro in capo a cittadini russi e bielorussi”. E, scrivono Foschini e Ziniti, “in questo senso un aiuto importante potrà arrivare da chi - e camorra e ‘Ndrangheta lo fanno benissimo - lavora con le criptovalute: quello che i russi stanno provando a fare, visto che non è soggetta a sanzioni, è trasformarla in moneta corrente”.

Armarsi dalla guerra
È bene partire da un assioma indiscutibile: guerra e criminalità organizzata vanno di pari passo. A dirlo è ancora una volta Cafiero de Raho affermando che “l’oro della guerra sono le armi”. Ma il primo a lanciare il monito - appena scoppiato il conflitto in Ucraina - è stato il procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri il quale, in una recente intervista al giornale on line “la Nuova Calabria”, disse: “La ‘Ndrangheta o le mafie in genere non è che hanno collegamenti con fabbriche che producono armi da guerra e quindi non ne può fare commercio” tuttavia “dopo le guerre ci sono centinaia e centinaia di armi incustodite, non nelle mani degli uomini delle istituzioni: c’è il mercato nero delle armi". E ricordando la tragedia vissuta durante il conflitto in Bosnia e Montenegro, il procuratore disse anche: “Siccome loro nella loro testa sono convinti che la guerra tornerà, ogni nucleo familiare ha 10 kalashnikov, 20 chili di plastico C-3 e C-4, bazooka. Ogni famiglia le ha sotterrate vicino casa” e le mafie - come appunto la ‘Ndrangheta - hanno molte volte “comprato plastico C-3 e C-4 in Bosnia” o armi “dalle organizzazioni criminali pugliesi” barattandole anche con droga o cocaina. “I paesi dell'ex Jugoslavia sono diventati un supermarket di armi da guerra. Quindi quando sarà finita questa guerra (Ucraina, ndr) sarà un'occasione per andare a comprare armi nuove e sofisticate". Dunque, una grande opportunità non per armare la guerra, ma per armarsi dalla guerra.

Emergenza Pnrr
Altro obiettivo delle organizzazioni criminali - ‘Ndrangheta, Cosa Nostra e Camorra - sono gli enormi flussi di denaro pubblico in arrivo con il Pnrr.
Secondo i Carabinieri, “i network mafiosi sono proiettati all’aggressione di questi fondi nei settori in cui sono già operativi: transizione ecologica e salute”. E presto lo scenario potrebbe allargarsi anche alla gestione dell’accoglienza dei profughi.
Strettamente connesso ai flussi migratori, è la tratta di donne e bambini. Come per le rotte mediterranee, anche nel continente russo-ucraino sono presenti scafisti che da giorni con l’utilizzo di pullman da giorni fanno la spola soprattutto dal confine moldavo e romeno verso destinazioni europee. A dare l’allarme il Servizio Cooperazione internazionale di Polizia che riceve continuamente segnalazioni di reati di tratta. “Ci sono decine di minivan, e non sono volontari, che fanno avanti indietro offrendo passaggi ai profughi e portano via tutti i risparmi solo per il passaggio. Ma soprattutto non sappiamo dove li portano - ha detto un investigatore - e anche decine di annunci sospetti sui social di gente che offre sistemazioni a giovani donne sole o con bambini sono indizi sufficienti a farci pensare che la tratta sia cominciata”. “Ad averne preso subito le redini sarebbero le organizzazioni ucraine e russe da anni molto attive e con referenti nelle organizzazioni criminali italiane sulla rotta che porta ogni anno in barche a vela migliaia di migranti dalla Turchia alla Grecia e fino alle coste ioniche, Puglia, Calabria o nella Sicilia Jonica”, come hanno scritto Foschini e Ziniti.

Corsi e ricorsi storici
Le mafie sono organizzazioni parassitarie, presenti dove c’è da gestire denaro e potere e quando gli altri sono in crisi le mafie ne approfittano e ne abusano. Pensiamo ad esempio al Covid: almeno due anni pieni di attività commerciali ridotte all'osso, soprattutto il mondo dell'imprenditoria e il mondo della ristorazione. Le mafie hanno fatto shopping, hanno comprato a prezzi da outlet attività commerciali e imprenditoriali. Anzi, hanno fatto qualcosa di molto più sofistico, cioè di lasciare come titolare formale il proprietario dell'attività di ristorazione ma in realtà lavora per riciclare i soldi del mafioso. Dal problema Covid non ne siamo usciti e non ne stiamo uscendo. In qualsiasi città si vedono molte saracinesche abbassate, molte attività abbandonate e moltissimi passaggi di proprietà”. Basterebbero queste parole, rilasciate dal Procuratore Gratteri a “la Nuova Calabria”, per comprendere come le organizzazioni criminali di stampo mafioso sfruttino i momenti di crisi per rifocillarsi e fare economia. La storia insegna che a seguito dei più grandi cataclismi - ad esempio i terremoti dell’Irpinia e dell’Aquila - le mafie, grazie all’ingente liquidità di denaro, ai rapporti istituzionali e alla presenza sul territorio, si sono fortificate, rendendosi sempre più “Stato”. Con il Covid-19 tutto ciò sta avvenendo quotidianamente: il radicamento mafioso si propaga sempre più tramite l’usura e l’inquinamento dell'economia sana con flussi economici illeciti. E le istituzioni, dopo due anni di pandemia, sono ancora in evidente difficoltà nel fronteggiare la potenza criminale delle mafie: o perché impreparate o perché colluse.
Eppure, basterebbe studiare la Storia per conoscere le mafie e intercettarne le strategie. Per certi aspetti, la nascita e lo sviluppo delle stesse sono legati strettamente a momenti di caotica transizione politica ed economica. Ad esempio, il proibizionismo degli anni Venti negli Usa coincise con l’emergere di Cosa Nostra americana; la mafia russa affiorò come potenza criminale durante la caotica transizione all’economia di mercato successiva al crollo dell’URSS; la speculazione edilizia del dopoguerra permise a Cosa Nostra siciliana di entrare a pieno diritto nei mercati legali. E per far sì che oggi in Ucraina - così come in Afghanistan e in altri scenari di guerra - la situazione non si aggravi ulteriormente, e porre fine ai corsi e ricorsi storici, basterebbe avere il coraggio della memoria: perché l’emergenza mafia in Ucraina è un film già visto.

Rielaborazione grafica by Paolo Bassani (Illustrazione: it.depositphotos.com)

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