Il giornalista: “La mafia va denunciata. Ma quanto fango piove addosso a chi lo fa”
“'Borrometi dice minchiate'. Queste parole sono di Giovanni Donzelli, poi arrestato per reati mafiosi ma all’epoca (2016) intervistato da RaiUno. Tante volte l’ho sentita e risentita quell’intervista e tante altre ho ascoltato - anche da altri - questa frase. Troppe purtroppo. È capitato molto spesso che, dopo anni, quelle ‘minchiate’ fossero invece interamente confermate. È accaduto anche oggi. Dopo 7 anni dai miei articoli (in cui riportavo tutte le sue società, tutte anche quelle non intestate apparentemente a lui…e muovevo accuse precise e documentate). Dopo il mio libro ‘Un morto ogni tanto’. Dopo 6 anni da quelle parole, a Giovanni Donzelli sono stati confiscati 5 milioni di euro.
Si, avete capito bene, 5 milioni di euro. Lui che è a processo (anche) per reati mafiosi.
I Giudici della sezione misure di prevenzione li hanno confiscati, si legge, ‘sia per la pericolosità sociale dell’imprenditore ritenuto contiguo alla Stidda, sia per la sproporzione tra i redditi denunciati al fisco e i beni accumulati’. La mafia va denunciata. Ma quanto fango piove addosso quando lo si fa. E quante minacce. E quanta sofferenza. Grazie a chi, in questi anni, mi è stato accanto. Grazie ad ognuno di voi oggi lo Stato ha vinto ancora.
Per me invece un’altra piccola soddisfazione che dedico a mio Padre, lui da lassù starà sorridendo”.
Così ha scritto il giornalista vice direttore dell’AGI Paolo Borrometi sulla sua pagina Facebook riferendosi al sequestro di cinque milioni di euro all'imprenditore Giovanni Donzelli, attivo nel settore del recupero e della trasformazione di materie plastiche nella provincia di Ragusa. Il provvedimento, che ha riguardato anche tre aziende, immobili e autovetture, è stato emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Catania su proposta del procuratore e del direttore della Dia. I giudici hanno ritenuto "sussistenti" sia la pericolosità sociale dell'imprenditore, ritenuto contiguo all'associazione mafiosa Stidda operante nel territorio di Vittoria sin dagli anni '90, sia la sproporzione tra i redditi denunciati al fisco e i beni accumulati. Le indagini hanno tenuto conto delle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia secondo cui Donzelli ha "implementato i propri affari ed il proprio patrimonio reimpiegando i proventi delle estorsioni del gruppo criminale di appartenenza che, colpito da numerose operazioni di polizia e disarticolato da altrettante sentenze di condanna, aveva affidato il proprio capitale a soggetti insospettabili affinché lo reinvestissero in attività economiche apparentemente lecite". La figura dell'imprenditore, già condannato con sentenza definitiva nel 1994 dalla Corte d'Assise di Siracusa a 4 anni di reclusione per concorso in associazione mafiosa, riemerse nell'ambito di successive indagini della procura etnea. La prima culminata nel 2015 con l'arresto di 17 persone, ritenute appartenenti al clan mafioso operante nella provincia ragusana e responsabili, a vario titolo, di associazione di stampo mafioso pluriaggravata, finalizzata alla commissione di estorsioni in danno di operatori economici esercenti la raccolta di materiale plastico dismesso dai serricoltori, nonché di traffico illecito di rifiuti e detenzione e porto di armi comuni da sparo. La seconda dell'ottobre 2019 nell'ambito della quale vennero eseguite misure cautelari nei confronti di 14 soggetti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo mafioso pluriaggravata finalizzata alla gestione di rifiuti non autorizzata e per trasferimento fraudolento di valori con l'aggravante del metodo mafioso.
Fonte: facebook.com
Foto © Imagoeconomica
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