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Procuratore di Bari: “In questa indagine coinvolti colletti bianchi”

Sono 75 i soggetti raggiunti ieri mattina da un'ordinanza applicativa di misure cautelari personali (di cui 15 in carcere, 44 agli arresti domiciliari, 14 destinatari dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e 2 destinatari di misure interdittive) eseguite da personale della Direzione Investigativa Antimafia e del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Bari. L'inchiesta è stata coordinata dai pm Bruna Manganelli e Fabio Buquicchio con il coordinamento del procuratore aggiunto Francesco Giannella.
Numerosi sono stati i riscontri operativi eseguiti, durante le indagini, dalla Dia e dal Nucleo PEF Bari che hanno permesso di sottoporre a sequestro circa 186 kg di sostanza stupefacente (tra cocaina e hashish), oltre 4,4 milioni di euro in contanti abilmente occultati nelle intercapedini artatamente ricavate nella muratura delle abitazioni nella disponibilità dei vertici dei sodalizi, nonché 43.000 litri di miscele lubrificanti destinati all'autotrazione in evasione delle accise. Con l'operazione, oltre alle misure cautelari personali, sequestri di beni, tra i quali abitazioni di lusso, autovetture di grossa cilindrata, denaro contante, disponibilità finanziarie e compendi aziendali, del valore complessivo di oltre 18 milioni di euro.  "Questi sono soldi dei cittadini, sottratti ai medicinali, all'istruzione, alle opere pubbliche. La gravità dell'evasione fiscale per la tenuta della società non è inferiore a quella di chi va a spacciare droga. L'evasione è sottrazione di beni alla gente. Pensiamo a cosa vuol dire 4,4 milioni sottratti alla sanità in un momento di pandemia come questo". Ha detto il procuratore di Bari Roberto Rossi durante la conferenza stampa sull’operazione Levante.
"In questa indagine - ha detto Rossi - sono coinvolti colletti bianchi, professionisti che invece di svolgere il loro lavoro secondo le regole hanno aiutato a nascondere soldi".  "Quello che sembra emergere - ha detto Francesco Giannella - è un mondo complesso in cui si intrecciano criminalità organizzata, comune, imprenditoria e professioni, in una sinergia che sembra essersi consolidata per ottenere un immenso guadagno".
Con l'esecuzione delle misure, si legge in una nota della Procura, "sono stati riconosciuti gravi indizi di colpevolezza a carico dei componenti di 2 strutturati sodalizi criminali con proiezione transnazionale, operativamente collegati, dediti alla commissione di una pluralità di delitti". Il provvedimento cautelare, continua la nota, "si fonda su un compendio gravemente indiziario a carico di soggetti indagati, a vario titolo, per le ipotesi di reato di associazione per delinquere, aggravata dalla transnazionalità, finalizzata alle frodi fiscali, al riciclaggio e all'autoriciclaggio dei relativi proventi nonché al trasferimento fraudolento di valori, al "contrabbando" di prodotti energetici, alle estorsioni, al traffico di sostanze stupefacenti e alla detenzione illegale di armi". Sono, complessivamente, 86 le persone indagate, tra imprenditori, professionisti e pubblici ufficiali.

Un volume di affari di 170 milioni di euro
Un volume di affari illecito pari a circa 170 milioni di euro è quello sviluppato, secondo la Dda di Bari, dall'organizzazione criminale sgominata. Dalle indagini, spiegano dalla Procura, è, infatti, emerso che, "attraverso un sistema di aziende consorziate, l'organizzazione criminale avrebbe sviluppato un volume di affari illecito pari a circa 170 milioni di euro mediante ingenti frodi fiscali poste in essere attraverso l'indicazione di crediti Iva fittizi scaturenti da inesistenti operazioni passive indicate nelle dichiarazioni fiscali in assenza delle relative fatture. Tali crediti, asseverati da professionisti compiacenti, sarebbero stati poi utilizzati dal sodalizio - per il tramite di prestanome - per compensare poste attive o i versamenti relativi ai contributi previdenziali e assistenziali, alle ritenute fiscali e alle altre somme dovute. I guadagni per i membri del consorzio sarebbero risultati enormi, perché attraverso il meccanismo della creazione di crediti Iva fittizi non avrebbero versato le imposte nonché i contributi previdenziali e assistenziali dovuti". I proventi così illecitamente realizzati sarebbero, quindi, stati reimmessi nel circuito economico attraverso articolate operazioni di riciclaggio. Proprio nella fase della "monetizzazione" dei proventi illeciti sarebbe emerso il coinvolgimento della criminalità organizzata barese, in grado di reclutare numerosi "fiduciari" a cui intestare carte di credito con le quali drenare, secondo una tempistica prestabilita, le provviste illecitamente conseguite dal sodalizio per il successivo reinvestimento anche nel narcotraffico. In tale filone investigativo è anche emersa una presunta vicenda corruttiva coinvolgente un colonnello della guardia di finanza in servizio a Roma che, in cambio di utilità economiche e di altra natura, avrebbe fatto eseguire abusivi accessi al sistema informatico strumentali ad acquisire notizie da comunicare a uno dei promotori dell'organizzazione criminale.

Il commercio illecito di oli lubrificanti
Le ulteriori indagini delegate al Gico e al II Gruppo Tutela Entrate del Nucleo PEF Bari hanno consentito di accertare la presunta esistenza di un altro sodalizio criminale di carattere transnazionale, con base operativa in provincia di Bari, e attivo nell'illecita commercializzazione di oli lubrificanti, in evasione delle accise dovute all'Erario. In particolare, le fiamme gialle baresi avrebbero accertato numerose cessioni di basi lubrificanti, provenienti dall'est Europa, formalmente dirette, nella maggioranza dei casi, a società cipriote greche o maltesi, ma in realtà destinate in Italia ad uso autotrazione a favore di compiacenti imprese operanti nel settore della commercializzazione e della distribuzione stradale di carburanti, con una conseguente evasione di accise per oltre 2 milioni di euro. In questo secondo filone investigativo sono state ricostruite una pluralità di intestazioni fittizie di beni da parte di un esponente di spicco del clan Parisi di Bari in favore di terzi prestanome, "scevri da precedenti di polizia e penali", al fine di eludere l'applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale da cui era stato in precedenza attinto. Ciò mediante la collaborazione professionale di un ragioniere commercialista e di tre avvocati con studi a Bari e in provincia, tutti destinatari di misure cautelari personali.

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