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Nell'inchiesta 'Ndrangheta stragista i segreti della Falange Armata e le parole di Graviano

La scorsa settimana la Corte d'Assise d'Appello di Reggio Calabria ha accolto la richiesta della Procura generale di Reggio Calabria, rappresentata in aula dal procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo (applicato al processo), per la riapertura dell'istruttoria dibattimentale al processo 'Ndrangheta stragista che nel luglio 2020 ha visto le condanne in primo grado all'ergastolo del boss di Brancaccio Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone.
Intervenendo a “Mezz’ora con”, format in onda sulla pagina Facebook dell'Associazione Memoria e Futuro, il caporedattore di ANTIMAFIADuemila, Aaron Pettinari, ha ripercorso 
alcuni fatti emersi in primo grado, come le dichiarazioni in aula di Graviano, alle tracce che uniscono in un filo unico stragi e delitti, sotto la sigla "Falange Armata" che fece comparsa per la prima volta nel 1990, dopo l'uccisione dell'educatore carcerario del carcere di Opera, Umberto Mormile.
Quella sigla venne utilizzata da diverse componenti e nel corso degli anni divenuta "ad uso e consumo" anche dei mafiosi. Così vennero rivendicati gli omicidi del politico Dc Salvo Lima e del maresciallo Giuliano Guazzelli, le bombe di Capaci e via d'Amelio, per poi passare alle stragi "continentali" di Roma, Firenze e Milano nel 1993.
"Per anni abbiamo creduto che la 'Ndrangheta non c'entrasse con le stragi - ha detto Pettinari - ora sappiamo che non è così e si può affermare che l'appoggio della criminalità organizzata calabrese non era solo morale, ma concreto. In quegli anni era in corso una vera e propria ristrutturazione di equilibri di potere. Un potere che in quegli anni si stavano rimodellando dopo la caduta del muro di Berlino". Rispondendo alle domande di Luca Giulisano, Pettinari ha poi ricordato le parole dette in aula da Giuseppe Graviano: "Il boss di Brancaccio ha detto tante cose. Non è certamente un collaboratore di giustizia, ma è chiaro che vanno approfondite così come sta facendo la Procura di Firenze con l'inchiesta sui mandanti esterni delle stragi che vede indagati Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri. E' chiaro che ha lanciato dei messaggi all'esterno. Tra le altre cose Graviano ha parlato anche di ergastolo ostativo e 41 bis. Ed è singolare che oggi, nel trentennale delle stragi, proprio queste normative vengono messe in discussione"

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