Per entrambi la prossima udienza è stata fissata per il 17 febbraio

Il sostituto procuratore di Milano Paolo Storari (in foto) (difeso dall'avvocato Paolo Della Sala) imputato a Brescia con l’ex consigliere del Csm Piercamillo Davigo nell’ambito del processo per il caso dei verbali dell’avvocato Piero Amara, ha chiesto di essere processato con rito abbreviato. Per il magistrato che aveva interrogato Amara e che poi aveva consegnato i verbali di interrogatorio a Davigo come forma di "autotutela" ad un presunto "immobilismo" dei vertici della procura di Milano (accusa dalla quale l’ex procuratore Francesco Greco è stato archiviato) si prospetta un processo a porte chiuse (senza pubblico né stampa in aula) basato esclusivamente sugli atti di indagine. E, in caso di condanna, Storari potrà beneficiare lo sconto di un terzo della pena. Diversa la strategia processuale di Davigo. Infatti l'ex consigliere del Csm, assistito dall'avvocato Francesco Borasi, non ha avanzato nessuna richiesta di rito alternativo e perciò - in caso di rinvio a giudizio - sarà processato con rito ordinario. Il che sul piano pratico significa che l'eventuale processo a carico di Davigo sarà pubblico con i giornalisti ammessi in aula. Una scelta annunciata, quella di Davigo, che già settimana scorsa, all'apertura dell'udienza preliminare, aveva chiesto un processo pubblico e aperto alla stampa, incassando il no del gup di Brescia Federica Brugnara.
Anche se i riti saranno diversi l’udienza per entrambi rimane fissata per il 17 febbraio, giorno in cui è attesa la decisione del giudice sulla richiesta di rinvio a giudizio per l'ex consigliere del Csm. Per Storari, invece, sarà la prima udienza del processo in abbreviato. Il consigliere del Csm Sebastiano Ardita (indicato da Amara come uno degli iscritti alla loggia Ungheria) si è costituto parte civile contro di loro. "Tutto quello che ha fatto, lo ha fatto nel rispetto della legge" ha detto Francesco Borasi, difensore di Piercamillo Davigo, sintetizzando quanto ha affermato l'ex consigliere del Csm, interrogato per circa tre ore davanti al gup di Brescia.
In base al capo di imputazione, Davigo “consegnava, informalmente e senza alcuna ragione ufficiale, ma al solo scopo di motivare la rottura dei propri rapporti personali con il consigliere Sebastiano Ardita, copia degli atti in questione al consigliere del Csm Giuseppe Marra, dopo averlo informato del loro contenuto, incaricandolo di custodirli e di consegnarli al comitato di Presidenza, qualora glieli avesse richiesti”. Oltre a ciò avrebbe riferito a un altro componente del Consiglio Superiore della Magistratura, Ilaria Pepe, “sempre in assenza di una ragione ufficiale, ma per suggerirle di ‘prendere le distanze dal consigliere Ardita, il contenuto delle dichiarazioni rese” da Amara, “invitandola a leggerle; riferiva, in assenza di una ragione d’ufficio, al dichiarato scopo di ottenere un giudizio sull’attendibilità” di quei verbali che gli erano stati consegnati da Storari. Inoltre secondo l’accusa Davigo avrebbe parlato, in modo confidenziale, delle dichiarazioni di Amara anche ad altri soggetti: al senatore e presidente della Commissione antimafia Nicola Morra, ad altri consiglieri del Csm, come Giuseppe Cascini, Fulvio Gigliotti, Stefano Cavanna e al vice presidente David Ermini, al quale avrebbe dato “copia degli atti al di fuori di qualunque ufficialità al punto che Ermini, ritenendo irricevibili quegli atti ed inutilizzabili le confidenze ricevute, immediatamente distruggeva detta documentazione”.

Foto © Imagoeconomica

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