Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

A 43 anni dal disastro gli innominabili colpevoli sono ancora sconosciuti

Era la sera del 22 dicembre quando il volo Alitalia AZ4128 era partito da Roma diretto a Palermo e dopo circa 50 minuti di viaggio regolare, mentre era in posizione di avvicinamento all’aeroporto di Punta Raisi sparisce dai radar alle 00:38. Quando viene localizzato da alcuni pescatori a 3 miglia dall'aeroporto, è già semiaffondato e in acqua galleggiano insieme a diversi sopravvissuti, kerosene e bagagli.
Il bilancio delle vittime ancora oggi pesa gravemente: 108 morti e 21 sopravvissuti, salvati perché soccorsi casualmente dai pescatori che erano in zona.
Per la giustizia italiana non esistono colpevoli. La sciagura è stata addebitata esclusivamente dal pm Giuseppe Pignatone ai piloti, Sergio Cerrina e Nicola Bonifacio, morti assieme ai componenti dell'equipaggio. Per gli altri c'è stata l'assoluzione con formula piena: gli ex direttori dell'aeroporto di Punta Raisi Ugo Soro e Pietro Bonfiglio e l' ex direttore generale di Civilavia Paolo Moci accusati rispettivamente di omissione dolosa di cautele contro gli infortuni e omicidio plurimo colposo.
Scaricare ogni colpa sui piloti in fondo è servito a non ricercare altre responsabilità e a stendere un velo di silenzio su una sciagura non certo inevitabile.
Ma i dubbi sono ancora molti: il primo fra tutti è l'aeroporto stesso.
Tra mille polemiche e accuse reciproche il vescovo di Palermo Salvatore Pappalardo aveva puntato il dito contro chi aveva dato le concessioni per costruire quell'aeroporto, incastrato di fatto tra il mare e la montagna, e sui ritardi e le inadempienze dei mezzi di soccorso. Punta Raisi, come già ampiamente documentato, era stato costruito nelle vicinanze del territorio del boss mafioso Gaetano Badalamenti grazie ad un accordo politico-mafioso, come anche denunciato più volte dall'attivista Peppino Impastato, ucciso proprio per mano della cosca del boss di Cinisi. Ma gli interessi mafiosi non rientravano solo per la costruzione dello scalo. Infatti nel 1979 il capo della squadra mobile di Palermo Boris Giuliano aveva scoperto che Punta Raisi era al centro di un traffico internazionale di droga, armi e sigarette.
Inoltre l'aeroporto trattandosi di una base USAF (aeronautica militare statunitense) accoglie anche veicoli militari. Ed è curioso il fatto che nelle trascrizioni delle comunicazioni della torre di controllo c'erano anche dialoghi in inglese. C'era qualcun'altra in volo? In effetti si: un DC-9 dell'Aeronautica con a bordo il ministro della Difesa Attilio Ruffini (lo stesso che poi nominerà una commissione di inchiesta) il quale avrebbe richiesto la precedenza per l'atterraggio rispetto al volo dell'"Isola di Stromboli”.
Secondo un'inchiesta di "Panorama" un militare presente alla torre di controllo aveva visto tutto: l'aereo del ministro volava a circa due minuti dal veicolo civile e al suo avvicinarsi a Punta Raisi la torre di controllo avrebbe dato ordine al Dc-9 di Alitalia di effettuare una manovra evasiva per lasciare spazio a quello ministeriale. Una manovra che si rivelerà fatale in quanto, secondo il militare, il velivolo si sarebbe poi trovato in balia delle pericolose condizioni ambientali quali la scarsa visibilità e il forte vento. Tuttavia non si è mai potuto accertare cosa sia successo con esattezza poiché i nastri di registrazione risulteranno indecifrabili a causa di un rumore di sottofondo. Inoltre la scatola nera contenente tutti i dati tecnici del volo verrà ritrovata priva di tutta la parte riguardante le ultime manovre.
Sarà una rivelazione dell'Ansa a rendere il tutto ancora più inquietante: l'agenzia al tempo aveva segnalato che un'esplosione si era verificata vicino alla cabina di pilotaggio del Dc-9. Nonostante ciò non sono mai state effettuate perizie balistiche per verificare la presenza di esplosivi a bordo.
Alla fine la colpa è stata addossata unicamente ai piloti, accusati di essere "inesperti", "stanchi" e sotto l'effetto di alcol e di sostanza stupefacenti, accuse assolutamente infondate e confutate da una serie di rapporti che attestavano la loro competenza.
E poi altre cose non sono mai state dette: il radiofaro era disallineato e che quindi avrebbe condotto i piloti fuori rotta; non c’era il radar di avvicinamento, rimasto imballato a Roma, acquistato dal 1972 in seguito alla strage di Montagnalonga costata la vita a 115 persone; il T-VASIS (sistema luminoso di avvicinamento), unico segnalatore ottico ad aiutare in atterraggio a punta Raisi nel 1978, in quei giorni era guasto, come segnalato dai piloti;  quella sera una pista era chiusa per manutenzione, ma le sue luci erano state lasciate accese mentre per quella dove doveva atterrare il DC 9 erano in funzione al minimo; non hanno detto che c'era una motonave italiana nei pressi dell'incidente la quale però avrebbe ignorato la richiesta di soccorso, l’ufficiale che non aveva risposto all' SOS, venne poi indagato per omissione di soccorso ma assolto in seguito per amnistia; non hanno detto perché il relitto, con il suo equipaggiamento, è stato venduto come ferro vecchio a uno sfasciacarrozze di Palermo; non hanno mai detto che quel relitto era un corpo di reato, e che avrebbe potuto dire tante altre cose se non fosse stato inquinato e alterato in quel modo. La storia della strage di Punta Raisi è figlia del grande giallo italiano in cui le tragedie ricadono solo sulle vittime al fine di salvare gli innominabili colpevoli.

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos