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Il 23 novembre 1980 un terremoto di magnitudo 6.9, con epicentro a Sant’Angelo dei Lombardi, sconvolse l’Irpinia. Una scossa violentissima dalla durata infinita di un minuto e mezzo che rase al suolo gran parte dell’entroterra della provincia di Avellino. A risentirne furono diverse zone della Campania, compresa la vicina Basilicata.
Alla fine, si conteranno 2.914 morti accertati, 8.848 feriti, 280 mila sfollati e danni gravissimi. Sin da subito le istituzioni competenti e il governo italiano si adoperarono per stanziare tutti i fondi necessari ad avviare una ricostruzione che era fondamentale per far ripartire le zone del “cratere”.
All’orizzonte si profilava un’ottima occasione per un rilancio generale, sociale ed economico. I governi Forlani prima e Spadolini poi, stanziarono complessivamente 50.620 miliardi di lire. Di questi, circa 44.620 miliardi provenivano da fondi a carico del bilancio statale e 5.980 miliardi da benevole elargizioni di soggetti pubblici e privati, nazionali ed esteri.
I soldi in arrivo erano un’enormità e facevano gola a tutti, veramente a tutti. La Camorra, che al tempo faceva affidamento ancora sul contrabbando di sigarette come attività principale, vide in questa tragedia una ghiotta occasione. Conseguentemente, con l’introduzione del decreto-legge n.776/80 (legge n.874/1980) prima e del decreto-legge n.75/81 (legge n.219/81) poi, è stata pesantemente condizionata la gestione dei finanziamenti pubblici, concedendo ampie deroghe ai procedimenti di spesa, deleghe di poteri pubblici a soggetti privati, il crollo di un impotente sistema dei controlli, la moltiplicazione dei centri di spesa e la sovrapposizione di competenze attribuite a soggetti portatori di interessi divergenti.
Da questo momento la storia criminale irpina e campana, in generale, cambia radicalmente. Come testimoniato dalla relazione della Commissione d’Inchiesta Parlamentare del 1993, i fondi stanziati per la ricostruzione non hanno sortito nessuna conseguenza positiva, anzi: “Ai 119 comuni colpiti dal sisma della provincia di Avellino sono andati circa 6.500 miliardi, oltre un terzo, cioè, delle somme complessivamente stanziate per i comuni. Nei 78 comuni della provincia di Benevento sono confluiti 1.475 miliardi. A tutt’oggi (l’anno di riferimento è sempre il 1993, ndr) nelle due province non sono state insediate significative iniziative industriali; non sono state create nuove occasioni di lavoro, anzi i livelli occupazionali registrano un ulteriore trend negativo; il reddito medio pro-capite è rimasto tra i più bassi d’Italia”.
In Irpinia, il Clan dei Quindiciari, che controllava la cittadina di Quindici e il Vallo di Lauro, si scinde in due organizzazioni differenti: il clan Cava e il clan Graziano. Oggetto della contesa era, ovviamente, i miliardi destinati alla ricostruzione. Inizia una crudissima faida che continua ancora oggi, mietendo anche vittime innocenti come Nunziante Scibelli.
Si muove in maniera decisa anche Raffaele Cutolo, capo della Nuova Camorra Organizzata. Elimina chiunque si metta tra lui e i fondi del terremoto. Emblematico è l’omicidio di Marcello Torre: il sindaco di Pagani, sua città natale, si opponeva fermamente alle infiltrazioni della criminalità organizzata nelle procedure di assegnazione degli appalti. Venne freddato da due killer, su ordine di “‘O Professore”, davanti la porta di casa.
A Torre Annunziata attualmente esistono due quartieri, Penniniello e il Quadrilatero delle Carceri, distrutti dal terremoto del 1980, ma malgrado le ingenti somme di denaro che si sono continuate a stanziare (10 milioni di euro per il primo nel 2007, 1,5 milioni di euro per il secondo nel 2009) ancora non è stata completata la loro ricostruzione. Questi quartieri oggi sono diventati la principale roccaforte della camorra (il Quadrilatero delle Carceri è ancora oggi il quartier generale del clan Gionta) ed una delle più agguerrite piazze di spaccio della regione Campania.
La sola a fare il salto di qualità e a sfruttare a pieno questa occasione di rilancio è, quindi, la Camorra, come sottolineato dalla Commissione d’Inchiesta Parlamentare: “Si registrano forti presenze camorristiche, presenze che, prima del 1981 erano assai flebili. Pertanto, l’unico vero fatto “nuovo” scaturito dalla grande occasione perduta è rappresentato dalle fortune della nuova struttura criminale che tuttora procede nell’opera di “riallineamento” dell’entroterra campano alle ben più solide situazioni del casertano e del napoletano”.
Dopo 41 anni, la ricostruzione non è stata ancora completata. L’Irpinia accarezza le proprie ferite che, ad oggi, a causa di interessi e di connivenze criminali, restano drammaticamente aperte.

Foto © Wikipedia/Bundesarchiv, Bild

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