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Sull'omicidio del sindaco pescatore Angelo Vassallo - ucciso a Pollica il 5 settembre 2010 con nove colpi di una Tanfoglio 9×21, da mano ancora ignota - è emerso un nuovo elemento che potrebbe aiutare a far luce sull'identità di mandanti ed esecutori. Una guida turistica della provincia di Napoli, il suo nome è siglato come E.L, ha raccontato di aver avuto un incontro nel febbraio del 2013 a Cartajena de Indios (Colombia) - l'uomo ogni inverno andava lì per qualche settimana - con un vecchio amico italiano, Pietro, trasferitosi in Colombia dopo la pensione. Assieme a quest'ultimo però c’era anche un uomo dal forte accento calabrese, Nicola. Il colloquio, come riportato sul Fatto Quotidiano, aveva deviato presto sul racconto delle infiltrazioni della mafia colombiana in Italia, sul perché in Colombia l’euro, al contrario del dollaro, viene cambiato clandestinamente in pesos con un margine molto inferiore al tasso ufficiale. “In Colombia entrano quantità impressionanti di euro ‘sporchi’ da riciclare, sono il frutto del traffico di cocaina in Italia, c’è una base logistica nel porto di Salerno” ha detto Nicola davanti a un bicchiere. Poi aggiunge: “Ecco perché il sindaco di Pollica, Angelo Vassallo, fu ucciso. Fu una decisione, in accordo con la ’Ndrangheta calabrese, del cartello paramilitare del narcotraffico colombiano, capeggiato da Salvatore Mancuso Gomez” il boss di 'Ndrangheta con doppia cittadinanza (Italiana e Colombiana) al centro anche di numerose inchieste sui traffici di coca tra la ’Ndrangheta e i “paracos” delle Auc, le Autodefensas Unidas de Colombia.

Gomez era già stato condannato in Colombia per 1500 omicidi e impaurito dalla prospettiva di esservi deportato aveva fatto trapelare di voler collaborare con la giustizia: “Vorrei incontrare di nuovo Gratteri, ho molte cose da dire”. Ma l’estradizione in Italia è stata bloccata.

E.L non ha mai parlato di questo episodio fino al periodo tra fine agosto e inizio settembre del 2020, quando i giornali avevano pubblicato le notizie sulla mancata estradizione in Italia di Salvatore Mancuso Gomez. Il Fatto ha rintracciato E.L e gli ha chiesto il perché di tanti anni di silenzio sull’episodio di Cartajena: “Il ‘calabrese’, di nome Nicola ma non ne sono sicuro al 100%, mi diede l’impressione di essere un pò gradasso e presuntuoso e perciò non lo presi in considerazione. Di solito i calabresi parlano poco, questo parlava senza che io gli avessi chiesto nulla. Ma fatti e vicende successive potrebbero secondo me dargli ragione”. Si può risalire a dove sia e cosa fa ora questo Nicola? Domanda il Fatto a E.L:Purtroppo non saprei. Me lo ricordo come una persona smilza, di età apparente tra i 50 e i 60 anni, magro e capelli grigi pettinati all’indietro. Pietro, il mio amico, che lo conosceva e forse poteva essere d’aiuto, è morto due anni fa”.

Oltre a questo l'uomo dal forte accento calabrese aveva accennato che Vassallo era un ostacolo per chi stava provando a trasferire le basi di quel traffico da Salerno, piazza compromessa per varie ragioni, ai porticcioli e alle insenature del Cilento: Acciaroli, Pioppi, Agnone, Casalvelino. Luoghi più tranquilli, meno controllati. Che il sindaco Vassallo era un ostacolo al  traffico di droga è stato più volte riscontrato nel corso delle indagini.

Ma c'è un collegamento concreto con l'omicidio Vassallo? Ci potrebbe essere.

Inoltre all’epoca del colloquio al bar di Cartajena era sconosciuto un dettaglio a E. L. e a chiunque non fosse un “addetto ai lavori” criminali: in un’informativa dei carabinieri del Ros datata 2014 viene riportato che Domenico Mancuso Hoyos, uno dei capi dell’esercito narco-paramilitare e cugino del boss Salvatore Mancuso, negli anni a cavallo del delitto Vassallo ha vissuto a Casalvelino, a meno di dieci minuti da Pollica, e faceva base a Salerno.

Un dettaglio non da poco e che dovrebbe assolutamente essere approfondito.

E. L. ha già incontrato Dario Vassallo, che da undici anni si batte per non far spegnere i riflettori sull’omicidio del fratello, per informarlo dei ricordi di Cartajena. Dario Vassallo ne ha fatto menzione alla commissione parlamentare antimafia che da maggio, con la guida del deputato M5S Luca Migliorino, sta indagando sul caso. Dalle varie audizioni sarebbe emerso che più persone ascoltarono un’automobile sgommare ad alta velocità subito prima e subito dopo gli spari. Forse l’auto che partecipò all’agguato, che con le sue manovre potrebbe aver costretto Angelo Vassallo a deviare il tragitto e a fermarsi dall’altro lato della strada, contromano. A poca distanza da un silos dove un killer potrebbe aver atteso per ore senza essere visto da nessuno.

Ora c'è da stabilire la veridicità delle dichiarazioni di E.L e se in quegli anni, oltre a Domenico Mancuso Hoyos, c'erano altre persone presenti a Casalvelino in quegl’inni.

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