Nuovo libro di Toni Mira e Alessandra Turrisi: lo scorso lunedì si è tenuta la presentazione a Gorizia
Lunedì 11 ottobre si è tenuta a Gorizia la presentazione del libro “Dalle Mafie ai Cittadini. La vita nuova dei beni confiscati alla criminalità”, scritto da Toni Mira e Alessandra Turrisi, con prefazione di don Luigi Ciotti e di Federico Cafiero de Raho. Un libro che racconta storie, storie profonde, storie belle, storie che vorremmo sentire ogni giorno, sempre di più. Si tratta del racconto delle nuove vite, appunto, che privati ed istituzioni riescono a dare ai beni immobili confiscati alle organizzazioni criminali in tutta Italia.
La legge Rognoni-La Torre
Le legge sulla confisca dei beni è stata introdotta nel 1982, sotto il nome di Legge Rognoni-La Torre. Pio La Torre venne ucciso proprio per il suo impegno nel far emanare questa legge, a pochi mesi dall’assassinio di un altro grande uomo della lotta alla mafia, Carlo Alberto dalla Chiesa. Una legge, la Rognoni-La Torre, che non solo introdusse la confisca dei beni alla criminalità organizzata, ma anche il reato associativo di tipo mafioso (416 bis). Tale norma, ha dichiarato durante la presentazione Toni Mira, “è stata poi migliorata da una legge fortemente voluta da Libera, una legge che nasce nel 1996… Anche questa viene dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio, dopo le bombe che la mafia portò nel continente… Questa è una legge importante perché non basta togliere ai mafiosi, ma bisogna poi riutilizzare questi beni. Non basta creare dei vuoti, ma vanno poi riempiti questi vuoti”. Questa legge, dunque, prevede il riutilizzo dei beni confiscati a fini sociali. Non solo, dunque, per fini istituzionali, dunque per realizzare caserme, scuole, ospedali, pronto soccorsi, protezione civile, ma anche per fini sociali: “I beni vengono trasferiti dallo Stato (…) Lo Stato li trasferisce ai Comuni, che ne diventano proprietari”. Successivamente i Comuni assegnano tali beni, attraverso bando pubblico, per un determinato numero di anni, in comodato d’uso gratuito o in affitto gratuito, ad associazioni che lo richiedono per finalità sociali, che sono le più diverse.
Tali attività possono variare dall’assistenza al recupero dei tossicodipendenti, dei malati di mente, dei disabili, degli autistici, da progetti per scopi ambientali all’accoglienza degli immigrati per fini educativi. E ancora, si possono incontrare realtà che vengono incontro al disagio abitativo, agli sfrattati, a chi non ha una casa. Le motivazioni e gli scopi possono essere tantissimi. Attualmente, in Italia, gli enti del privato sociale che utilizzano beni confiscati sono circa 900. Come ha detto Toni Mira durante l’evento, “ci sono cooperative, cooperative sociali, anche di tipo B (…) parrocchie, diocesi, gruppi scout, sindacati, associazioni diverse, sindacati… È veramente un modo il più vasto possibile, è un mondo molto bello del nostro Paese, di cui probabilmente parliamo anche troppo poco sui nostri giornali, ma che c’è, esiste, e che non soltanto con la scelta di prendere un bene confiscato dà un segnale di coraggio, di voglia di cambiare il proprio territorio, ma offre dei servizi al territorio stesso. Pensate cosa vuol dire, per esempio, in certi territori, soprattutto del nostro mezzogiorno, dove sapete che la sanità e i servizi sociali sono particolarmente carenti, avere invece a disposizione dei servizi efficienti. E se tutto ciò lo facciamo pure in un bene tolto al mafioso del posto, beh la cosa è doppiamente bella”.
L’importanza della confisca dei beni, non solo al Sud
Tra i beni immobili già assegnati e beni ancora in gestione all’Agenzia Nazionale per i Beni Confiscati, si contano più di 30mila unità, e questo ci dà una misura della grande ricchezza delle mafie. Ricchezza delle mafie che è cresciuta moltissimo negli ultimi tempi, nonostante la Pandemia, e questo lo possiamo leggere dall’ultima relazione semestrale rilasciata dalla DIA. A riguardo, l’autore del libro ha analizzato il quadro che emerge dai dati sul solo porto di Gioia Tauro: “Calcolate che soltanto nel porto di Gioia Tauro l’anno scorso, malgrado la pandemia, sono state sequestrate 20 tonnellate di cocaina, che più o meno sul mercato avrebbero fruttato qualcosa come 4 miliardi di Euro (…) Quel 20 corrisponde circa al 20% di quanta ne passa nel porto, quindi altre 80 tonnellate sono passate”. Dunque, quello che possiamo dedurre è che la confisca dei beni non va ad intaccare il mafioso tanto da un punto di vista economico, vista le ricchezze immense di cui le criminalità organizzate godono, quanto l’immagine ed il consenso sul territorio. “La confisca dei beni è importante non tanto per il danno economico. Quello che conta di più per i mafiosi è perdere la faccia. Togliergli un bene vuol dire toglierli il segno del loro potere (…) Aver perso è non tanto perdere i soldi, ma è proprio il danno d’immagine. E perdere l’immagine vuol dire perdere il consenso. Le mafie non esisterebbero senza il consenso”, ha dichiarato Toni Mira.
E la confisca dei beni non riguarda solo il Sud. In Friuli è presente l’Osservatorio Regionale Antimafia, un organismo nominato dalla giunta regionale, che pubblica sul sito della regione l’elenco dei beni confiscati. A Cormons, una città a dieci chilometri da Gorizia, ad esempio, fino a qualche anno fa i carabinieri erano in una casa in affitto, per poi passare ad operare in Caserma. La casa in questione è stata poi venduta ad una agenzia immobiliare, che avrebbe dovuto ristrutturarla e farla diventare appartamenti. Quando la ristrutturazione sarebbe dovuta iniziare, si è fermato tutto, poiché sarebbe emerso che l’immobiliare in questione fosse legata ai Casalesi. La struttura è stata dunque posta sotto sequestro, situazione che persiste ancora oggi, in attesa della conclusione del procedimento. Dunque, è una situazione che riguarda anche e soprattutto il Nord, incluse aziende e terreni. Al Nord, anche parte della sanità privata è in mano alla Camorra. Come ha dichiarato Toni Mira durante la presentazione del suo libro, “l’anno scorso, in piena pandemia, quando si parlava appunto di RSA (…) Proprio in quei giorni, un’inchiesta sul clan dei casalesi aveva fatto emergere che il clan dei casalesi stava per comprarsi una RSA. Ora, dato che questi non lo fanno né per beneficienza né perché sono appassionati del settore, ma lo fanno solo per fare soldi, evidentemente è un settore dove si possono fare tanti soldi (…) Quasi tutte le inchieste sulla mafia riguardano il nord. E se riguardano il sud sono inchieste al sud che riguardano il nord. Quindi, come dice sempre don Luigi, è a nord che dobbiamo guardare soprattutto, anche dove sembra tutto tranquillo”.
L’Italia che ci piace
Quella raccontata da Toni Mira è l’Italia che ci piace. Un’Italia che accoglie, che aiuta, un’Italia che trasforma sé stessa in meglio, togliendo il male che c’è in lei e rimpiazzandolo con opere di bene.
È l’Italia di cui siamo fieri di essere cittadini, l’Italia che vorremmo sempre vedere. Tuttavia, purtroppo ancora oggi le organizzazioni criminali ricoprono un ruolo preminente nella società, e soprattutto negli ultimi due anni sono riuscite a penetrare nel tessuto socio-economico come mai prima era successo. A causa della povertà dilagante nel nostro Paese, dovuta alla crisi emergenziale del Covid-19 ed al quantomeno insufficiente intervento dell’attore pubblico per ripararne i danni, le mafie proliferano nei settori economici più disparati, facendola da padrone. È necessario porre un freno a questo stato di cose, ed è in questa direzione che vertono le confische di beni alle associazioni criminali. Come ha più volte ripetuto Toni Mira durante i suoi interventi, “è un mondo bello”, quello della confisca dei beni mafiosi, un mondo che si rigenera in meglio, dando opportunità a chi, spesso, un’opportunità non ce l’ha.