Il presidete dell'Anm: "Si rischia di danneggiare la corretta informazione"
Ieri, in commissione giustizia alla Camera, ci sono state le audizioni dei vertici dell’Anm (Associazione nazionale magistrati) i quali si sono espressi in maniera molto critica rispetto allo schema del decreto legislativo del governo sulla presunzione di innocenza, deciso dalla Camera, che ha approvato a marzo un emendamento, su spinta di Enrico Costa di Azione, e dei renziani. L’emendamento era stato già bocciato a novembre 2020 in Commissione, ma con la venuta dell’esecutivo Draghi è stato inserito nella legge di delegazione europea.
Usando il mantra "ce lo chiede l'Europa", il legislatore potrebbe quindi decidere di mettere un bavaglio ai procuratori, i quali nelle conferenze stampa si ritroveranno ad avere lo stesso diritto di parola di un pesce perché non potranno dire nulla con la scusa che ciascuno è innocente fino a sentenza definitiva (cioè fino al Terzo Grado di Giudizio): “La diffusione di informazioni sui procedimenti penali è consentita solo quando è strettamente necessaria per la prosecuzione delle indagini o ricorrono altre rilevanti ragioni di interesse pubblico”, si legge nel testo. In sintesi, i procuratori potranno ripetere come dei registratori solo ed "“esclusivamente tramite comunicati ufficiali oppure, nei casi di particolare rilevanza pubblica dei fatti, tramite conferenze stampa”. Diventerebbe quindi un’impresa ardua se non impossibile conoscere intercettazioni, ordinanze di custodia cautelare e altri provvedimenti di rilevanza sociale, che riguardano politici, membri del governo, magistrati e altri esponenti istituzionali.
Il presidente dell'ANM, Giuseppe Santalucia © Imagoeconomica
I cronisti non potranno nemmeno più chiamare i magistrati al telefono, con grande giubilo per chi sa di avere la coda di paglia.
I vertici dell'Anm si sono detti molto preoccupati non solo per la “ingessatura” dei procuratori e la “burocratizzazione dei giudici”, ma anche per il bavaglio alla stampa che ne deriverebbe da questa legge.
Con grande delusione i due grandi assenti erano proprio i garanti del diritto di cronaca, l’Ordine dei giornalisti, che ha declinato l’invito a essere ascoltato in Commissione e la Federazione nazionale della stampa, che ha disdetto il giorno prima.
Giuseppe Santalucia - presidente dell'Associazione nazionale magistrati - ha detto che si tratta di una "formalizzazione che può essere lesiva del bisogno di una corretta informazione", aggiungendo che "si è voluto irrigidire, attraverso l'esclusivo riferimento ai comunicati ufficiali e alle conferenze stampa il rapporto tra procuratori e stampa. In questo ambito - ha osservato - bisogna tenere presente l'esercizio dell'alta prerogativa di informazione che la stampa esercita anche sul procedimento, nei limiti consentiti. E' un irrigidimento eccessivo riferirsi solo a un comunicato ufficiale, impedendo che un procuratore possa rendere dichiarazioni a un giornalista fuori da una conferenza stampa preventivamente organizzata. E mi chiedo perché questo riguarda solo i pm e non anche i giudici".
Vittorio Ferraresi © Imagoeconomica
Santalucia ha precisato che "l'articolo del codice di riferimento è il 114" il quale prevede che "è sempre consentita la pubblicazione di atti non coperti da segreto ma ci sono limitazioni ai contenuti di atti. Nelle comunicazioni con la stampa si veicolano contenuti di atti che non siano segreti, mi pare dunque che il decreto legislativo si muova non in armonia con il testo del codice, perché l'esigenza di pubblicabilità risponde a un'esigenza di trasparenza, fermo restando che bisogna tutelare i diritti delle persone, ma bisogna evitare che il processo si chiuda alla possibilità che la collettività, attraverso l'informazione, sia resa edotta su snodi fondamentali e che questa forma di indebita segretazione non vada a detrimento del bisogno di una corretta informazione". Quanto poi alla possibilità dei procuratori di convocare conferenze stampa relegate a casi di rilevanza pubblica "si tratta di scelte demandate alla loro decisione e non ci sono forme di controllo", ha evidenziato Santalucia. In Commissione è stato ascoltato pure Nello Rossi - ex avvocato generale della Cassazione - il quale per quanto riguarda i limiti che si vogliono mettere al giudice che deve scrivere un provvedimento ha detto: “È un punto tortuoso del decreto, il giudice deve argomentare sugli indizi di colpevolezza, ma facendo salva la presunzione di innocenza, quindi con artifici linguistici non desiderabili ai fini di una motivazione seria”.
Il legale ha quindi suggerito, al fine di evadere danni di usare "una formula in cui emerga con chiarezza che il convincimento del giudice è relativo a quel dato momento in cui si trova il procedimento”.
Sullo schema del decreto si è espresso in modo critico anche Vittorio Ferraresi, M5S, il quale ha detto di essere preoccupato “per il diritto dei cittadini a essere informati su fatti di rilievo pubblico e anche per i giudici” trasformati in burocrati “per non violare questo diritto”. Infine, sul bavaglio all’informazione, ha dichiarato: “Siamo per la presunzione di innocenza, ci mancherebbe, ma il silenzio è preoccupante”. La settimana prossima la Commissione voterà il parere.
Fonte: ilfattoquotidiano.it