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Su ordine della Procura di Livorno, che ha diretto le indagini, i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Livorno - con il supporto dell’Arma territorialmente competente, dei Battaglioni “Toscana” e “Liguria” - ed i Finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Pisa, hanno dato esecuzione, nelle province di Livorno e Pisa, ad un’Ordinanza di applicazione di misure cautelari, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Livorno, nei confronti di 11 persone. I reati contestati, a vario titolo, sono: omicidio premeditato, associazione per delinquere, usura aggravata, estorsione aggravata e porto abusivo di armi da sparo. Il provvedimento è stato emesso a conclusione di articolate indagini avviate nel 2017 sulla scorta di significative emergenze indiziarie acquisite nell’ambito di due filoni investigativi denominati “Akuarius ”e “Akuarius 2-Mexcal”, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia presso la Procura di Firenze e sviluppati dai Carabinieri di Livorno unitamente alla Guardia di Finanza di Pisa, in direzione di associazioni finalizzate al traffico internazionale di cocaina, importata dalla Colombia, con collegamenti con gli ambienti criminali locali, in cui è confluito anche il contributo di un collaboratore di giustizia. La Procura di Livorno ha proseguito le indagini della DDA di Firenze e gli ulteriori, precisi riscontri acquisiti dai Carabinieri hanno consentito, a distanza di quasi 20 anni, di fare luce sull’omicidio di A. C., ricostruendone le fasi dell’esecuzione ed individuandone il movente.

L'omicidio di "Cacciavite"
“Cacciavite”, così veniva chiamato il C., fu vittima di un vero e proprio agguato: atteso in questa piazza Mazzini, era stato colpito all’addome da un colpo di arma da fuoco, mentre rientrava a casa, tra le 04.30 e le 05.00 del 30 giugno 2002. Per questo omicidio il Gip presso il Tribunale di Livorno ha disposto l’arresto di 3 persone: il ritenuto esecutore materiale, che avrebbe esploso i colpi di arma da fuoco, il complice che lo avrebbe accompagnato in sella ad un motoveicolo nei pressi della casa della vittima, ed un terzo soggetto che gli avrebbe fornito la pistola, un revolver calibro 38. Il movente, secondo gli inquirenti, sarebbe individuabile nei contrasti, sorti all’epoca del fatto nel mondo delle bische clandestine e del gioco d’azzardo, tra il circolo “La Garuffa”, di cui il C. faceva parte, e lo “Sporting Club”, che usufruiva della “protezione” della cosiddetta “batteria”: un potente e temibile gruppo criminale ritenuto in rapporti con esponenti del terrorismo di estrema destra, appartenenti a sodalizi di stampo mafioso e ad altri soggetti criminali di varia estrazione. A. C., come si legge nell’Ordinanza del Gip, era diventato un soggetto non gradito alla “batteria” per i suoi comportamenti prepotenti ed ostativi rispetto alle finalità perseguite da questo gruppo criminale. Da ultimo l’opposizione del Chimenti all’assunzione presso il circolo “La Garuffa” di un personaggio vicino alla “batteria”.
Non solo, Cacciavite con i suoi comportamenti dimostrava di non aver timore dei rivali erodendone il prestigio criminale. Da qui l’inesorabile decisione di “levarlo di mezzo”.
Le ulteriori indagini sugli ambienti delinquenziali livornesi, che la Procura di Livorno ha riattivato proseguendo l’attività della DDA di Firenze, e condotte dai Carabinieri con il determinante contributo del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Pisa, hanno portato a ritenere esistente una associazione per delinquere, operante da tempo nel capoluogo, finalizzata all’usura ai danni di persone in gravi difficoltà economiche, nonché altri gravi reati come estorsioni in danno di esercenti attività commerciali.
Originali le modalità con le quali si sarebbe concretizzata l’usura. Il “contratto” prevedeva che le vittime acquistassero dall’usuraio monili in oro ad un prezzo notevolmente più alto dell’effettivo valore (circa il doppio ed a volte anche il triplo), rivendendoli al loro prezzo corrente a compro-oro compiacenti. Le vittime, in tal modo, ottenevano dagli stessi compro-oro l’immediata liquidità di cui avevano bisogno, ma rimanevano debitori nei confronti dell’usuraio di una cifra pari a quasi il doppio di quella ricevuta.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti le vittime maturavano anche interessi passivi da corrispondere unitamente alla quota-capitale, allo stato quantificati in 150 euro a settimana. Le scadenze imposte dagli “strozzini” erano settimanali, quindicinali o mensili, indicate in gergo dagli indagati come “settimane” e “mesate”.
Paradigmatico il “contratto” con una delle vittime, che - per far fronte ad impellenti bisogni di liquidità - in poco tempo avrebbe maturato complessivamente un debito di circa 48 mila euro. La vittima avrebbe corrisposto 1.000 euro al mese, in due tranche pagate ogni 15 giorni, e 150 euro a settimana a titolo di interessi, per un totale di 1.600 euro mensili.
Parallelamente le indagini si sono sviluppate nei confronti di altri soggetti, che sarebbero noti negli ambienti della malavita livornese come violenti picchiatori, accusati di essere dediti alle estorsioni nei confronti di debitori di somme di denaro asseritamente pretese.
Anche per tali fatti il GIP livornese, ha condiviso la ricostruzione proposta dalla Procura ed ha accolto la richiesta disponendo l’arresto degli indagati.
Nel corso delle investigazioni sono stati documentati alcuni episodi particolarmente cruenti. Tra questi quello del marzo 2018 quando, il giorno dopo che uno degli indagati aveva parlato di “schiacciare la testa”, la vittima dell’estorsione, minacciata con un coltello ed un’arma da sparo, veniva sottoposta ad un sanguinoso pestaggio.
Oltre agli 11 destinatari dell’Ordinanza eseguita questa mattina, un’altra persona è indagata in stato di libertà.

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