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Nel cuore di Palermo il giornalista de Le Iene illustra il suo podcast su “vite mafiose e morti ordinarie”

In Sicilia esiste un'espressione che oggi in pochi conoscono, specie tra i più giovani: “Armisanti”. Un’espressione di altri tempi che letteralmente significa “anime sante", spiriti venerati da un'antica credenza popolare siciliana. Si pregavano i dannati, quelli che in vita avevano sparso sangue e sofferenza nel mondo. Gente che, stando alla leggenda, vaga in Terra in attesa di redenzione. Come per esempio i boss di Cosa nostra. Ma “Armisanti” sono anche le anime sante morte di morte violenta. Come le vittime dei boss di Cosa nostra. Un filo che tragicamente lega vittime e carnefici e che caratterizza alcune delle storie più misteriose della Sicilia. Gaetano Pecoraro, giornalista de Le Iene, ha intitolato con questo nome il suo podcast, disponibile su audible.it, illustrandolo ieri sera nel bellissimo atrio del museo archeoligico Salinas, nel cuore della città di Palermo. Nel podcast, il primo del giornalista palermitano, vengono raccontate quattro storie di quattro persone “la cui unica colpa è stata quella di avere a un certo punto incrociato casualmente un boss mafioso”. Si tratta diGraziella Campagna, che nella sua vita semplice di ragazzina ha incrociato per una disgraziata coincidenza l'abbraccio mortale tra mafia ed estremismo di destra; Nicola Consales, che è morto per essersi innamorato della donna di Matteo Messina Denaro; Nino Agostino, semplice poliziotto che invece scoprì segreti così grandi che lo portarono alla morte insieme alla moglie; Attilio Manca, giovane medico dalla brillante carriera, il cui suicidio ha ancora il sapore della messinscena. Tutti, con i loro parenti, aspettano una risposta che li liberi da questa lunga attesa”. Gaetano Pecoraro ha indagato approfonditamente sulle loro vite e soprattutto sulle loro morti che ancora oggi, ha affermato, “sono senza una completa verità”. Quella del giornalista è un’inchiesta suddivisa in 9 episodi da 40 minuti circa, nei quali, con l’aiuto di Alessia Rafanelli, vengono ricostruiti questi cold case di mafia. “Ho scelto queste quattro storie perché sono storie che possono far capire al grande pubblico a che tasso di cinismo può arrivare la mafia”, ha detto ieri Pecoraro intervistato da Antonio Fraschilla. “Queste storie partono dagli anni ’80 e arrivano ad oggi. E’ fondamentale raccontarle per farle arrivare a chi magari la mafia non l’ha mai approfondita perché la vedeva come una cosa lontana”. “Il mio tentativo - ha aggiunto - è portare qualcosa di nuovo per ogni storia”. Tentativo riuscito. Nel podcast ci sono aspetti inediti su, ad esempio, gli ultimi anni di Giovanni Falcone. Ci sono le voci di esperti, di magistrati, di parenti di quelle vittime. Ma anche di parenti dei carnefici, come la madre di Matteo Messina Denaro che Pecoraro è riuscito incredibilmente a incontrare brevemente a casa sua a Castelvetrano. “Armisanti” è un’iniziativa coinvolgente e coraggiosa su alcuni dei misteri più fitti di una regione intera e più in generale, di un Paese intero.


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Misteri che, studiati e narrati da Pecoraro, prendono, catturano l’attenzione, accendono la curiosità. 5 ore e 30 minuti è la durata totale di tutto il podcast. Tempi interminabili se messi a confronto con quelli frenetici della televisione dove Pecoraro lavora da anni. Ma il progetto funziona, chi ascolta viene immediatamente catturato, coinvolto emotivamente. Si resta con tante domande e voglia di sapere su quei fatti tragici. “Ho avuto una libertà pazzesca nel raccontare le cose come volevo io - ha confessato ai presenti - cosa che in tv non puoi fare perché devi semplificare al massimo e molto spesso la semplificazione fa perdere la complessità”. La sfida, dunque, è stata questa: “E’ possibile raccontare una storia in un podcast senza far perdere la complessità?”. La risposta è sì. L’iniziativa infatti ha avuto un discreto successo, ha affermato Pecoraro, “decine di migliaia di persone l’hanno seguita nei primi due mesi dal lancio. Soprattutto tra i più giovani". Ed è su loro che punta il podcast. “E’ fondamentale che questo lavoro, il giornalismo, lo facciano le nuove generazioni”. Le nuove generazioni su cui tanto sperava Paolo Borsellino che a giorni, il prossimo 19 luglio, ricorderemo.

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