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Scandalo Girgenti Acque: l’indagine “Waterloo” della Procura di Agrigento e l’ennesimo verminaio siciliano

I bisogni della Sicilia che finiscono per restare tali per alimentare la corruzione. I bisogni della Sicilia che servono per tenere in vita centri di potere e di intrallazzo così spudorati da non potersi nemmeno definire così tanto occulti. L’indagine “Waterloo” della Procura di Agrigento che ha acceso le luci sull’ennesimo scandalo siciliano, propone nomi parecchio noti della politica, dell’imprenditoria, colletti bianchi e professionisti, avvocati e giudici amministrativi. Anche giornalisti. Ce ne sono due in questa storia, Da una parte Alfonso Bugea, del Giornale di Sicilia, capo della redazione di Agrigento, dall’altra parte Franco Castaldo, firma de La Sicilia, direttore del periodico Grandangolo di Agrigento. Bugea è tra gli indagati, faceva l’ufficio stampa occulto della Girgenti Acque, Castaldo era invece un giornalista da fermare per Girgenti Acque. Bugea concordava gli articoli e informava Marco Campione, il super manager di Girgenti Acque, sugli articoli prossimi a essere pubblicati sul Giornale di Sicilia, Castaldo invece da tempo inseguiva la Girgenti Acque e le sue malefatte ancora prima che esplodessero le indagini, puro giornalismo investigativo. Bugea perfetto favoreggiatore di Campione, Castaldo spina nel fianco dello stesso imprenditore. L’indagine “Waterloo” definisce nei suoi contorni un centro di potere, l’acqua un mezzo per controllare Agrigento, la sua provincia, città assetate che sono servite per alimentare una grande tangentopoli. Il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio ieri ha parlato di una indagine che è appena all’inizio, e forse tra poco potranno apparire solo pochi i 94 indagati di oggi. Campione era uno che si muoveva su tutti i fronti, e senza andare tanto per il sottile considerato che era anche suo desiderio incontrare l’allora ministro Angelino Alfano per mettergli un “timpulune”. Sembra essere l’indagine “Waterloo” la fotocopia di altre inchieste, dove si scopre che il potente di turno, in questo caso Campione, poteva contare su gole profonde, investigatori che in cambio anche di una assunzione di un loro familiare tradivano il segreto istruttorio, facevano indagini riservate sulle banche dati, e riferivano tutto a Campione. L’indagine “Waterloo” non salva nessuno degli schieramenti politici, Campione era uno che sapeva essere trasversale, riuscendo ad arrivare a Gianfranco Miccichè, oggi presidente dell’Ars, il fautore del famoso 61 a zero che consegnò la Sicilia a Berlusconi, o al vice ministro del Pd Bubbico quando questi sedeva al ministero degli Interni. Un centro di potere quello di Marco Campione che somiglia molto a quello dell’ex presidente di Sicindustria Antonello Montante o a quello degli armatori del mare Vittorio ed Ettore Morace. Comune denominatore la corruzione e non a caso molti nomi sono in comune tra queste tre storie di Sicilia. Storie amare che però ancora non del tutto hanno saputo fare aprire gli occhi ai siciliani. Speriamo che questo possa presto accadere.

Tratto da: alqamah.it

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