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Economia, Mafie, Società

E’ tempo di chiedersi se la minaccia, prospettata diversi anni fa, di una ipotetica “federazione” tra i vertici mafiosi presenti nei vari paesi del mondo sia diventata (stia diventando) una realtà.
Questi, infatti, per meglio gestire la dimensione transnazionale dei loro traffici potrebbero aver deciso negli ultimi anni di organizzare un super livello gerarchico federale che già nel 1991, il giudice Falcone aveva intuito e che riteneva “un problema serio, anche se per il momento astratto e puramente teorico”.
Qualche anno dopo, il 31 ottobre 1995, era stato il generale Verdicchio, a quei tempi direttore della DIA, a dichiarare, in un seminario della Luiss, che si stava assistendo ad “...un progressivo processo di unificazione di questi grandi network delinquenziali: la regolamentazione dei conflitti e la delimitazione delle sfere di interesse sembra avvenire con modalità relativamente pacifiche che fanno supporre l’esistenza di veri e propri accordi e di consolidati meccanismi di contrattazione tra le oligarchie criminali dei diversi continenti”.
Anche nelle più recenti relazioni semestrali della DIA si possono leggere significativi passaggi di “sviluppi evolutivi” delle mafie italiane all’estero e l’operazione Platinum, di queste ultime ore, contro la ‘Ndrangheta, coordinata dalla DDA di Torino e condotta da DIA e forze di polizia italiane, tedesche, romene, spagnole, conferma la dimensione che non è più soltanto di una rete mafiosa europea.
Insomma, è possibile che si sia costituito, anche solo di fatto, un organismo coordinante, di tipo confederale tra le varie mafie (la ‘Ndrangheta, cosa nostra, le Triadi, la Yakuza, alcuni cartelli messicani e colombiani, la mafia turca, quella nigeriana) in grado di esercitare un’egemonia globale su tutto il crimine organizzato ripartendo pacificamente le zone e i comparti di competenza.
Sarebbe giunto, così, a maturazione quel processo di formazione di un “modello di mafia universale” o di mondializzazione della mafia che costituirebbe uno scacco globale per la nostra civiltà che con enorme travaglio, decisamente sproporzionato rispetto ai risultati, cerca di realizzare il progetto della convivenza e della collaborazione internazionale.
Senza lasciarsi travolgere da una tale prospettiva apocalittica occorre evitare l’errore di sottovalutare gli effetti deleteri che la criminalità organizzata è capace di operare sul contesto sociale in cui si annida e pensare che sia facile da contrastare o, almeno, da contenere. Sarebbe rassicurante poterlo credere, ma le preoccupazioni che vengono espresse nelle sedi internazionali, da parte di esperti e studiosi, e la situazione di forti condizionamenti delle mafie che si rilevano in Italia e in molti altri paesi dell’Ue ed extraeuropei, non lasciano dubbi.
Occorre, dunque, non sottovalutare il fenomeno nella sua globalità, la pacifica convivenza delle varie mafie che si rileva in molti paesi ed avere le idee ben chiare sulla perversità della sua natura sgombrando il campo da quei pregiudizi e quelle false valutazioni che, in buona e in malafede, vengono riproposti e accreditati sui risvolti positivi, sulla “funzione sociale” (il ruolo “anticolonialista” e “patriottico” in cui, talvolta, si esibiscono) che le mafie dei vari paesi pretendono di avere.

La mondializzazione è un terreno ideale anche per le imprese criminali
La criminalità organizzata ha, da tempo ormai, stabilmente acquisito la dimensione transnazionale.
Questo non significa necessariamente che tutti i gruppi criminali organizzati operano su questa scala, ma che esistono rapporti sempre più stretti e frequenti fra i traffici e le attività criminose di un paese e quelli di altri, poiché le organizzazioni guardano con interesse sempre crescente ai mercati d’oltre confine.
D’altronde, non è una novità in assoluto, se si pensa che già prima dello sviluppo odierno dei mezzi di comunicazione, si esercitava il contrabbando alle frontiere, attività considerata una delle più antiche del mondo.
Non è soltanto per esigenza di mercato che la delinquenza organizzata ha oltrepassato le frontiere nazionali, ma anche per garantirsi una maggiore sicurezza, per evitare le misure repressive, stabilizzando le sue basi nei territori in cui più blanda è l’azione di controllo delle autorità di polizia e più favorevole la legislazione e il funzionamento dell’apparato giudiziario. Questo non le impedisce, anzi, le consente in tutta tranquillità di sviluppare affari in zone che, invece, le assicurano i profitti maggiori.
Sul punto ci può essere utile il confronto con le imprese multinazionali legali, confronto che mette in luce diverse analogie: la solidità, la complessità gerarchica delle strutture, l’ampiezza e l’articolazione geografiche, la diversità delle operazioni e degli interessi. Come quelle, la multinazionale del crimine tende ad ampliare al massimo la propria libertà d’azione, riducendo al minimo gli effetti dei controlli nazionali e internazionali. Però le imprese legali cercano di stipulare accordi con i governi dei paesi in cui operano e ne accettano gli oneri relativi e, nel loro operare, la violazione delle leggi (l’uso della violenza, della corruzione e della frode) costituisce (o almeno dovrebbe costituire) l’eccezione.
Al contrario, per le organizzazioni criminali questa violazione costituisce la regola e la sostanza della loro identità, anche se le attività illecite vengono a connettersi, per esigenze di copertura o di riciclaggio, ad attività e a investimenti nell’ambito legale. Del resto le organizzazioni criminali operano sullo stesso tessuto sociale e si avvantaggiano delle sue stesse caratteristiche, trasformando le sue debolezze in opportunità di mercato.
E’ stata la rivoluzione dei trasporti e delle comunicazioni, la permeabilità delle frontiere nazionali, la liberalizzazione e la mondializzazione della rete commerciale e finanziaria a costituire il terreno ideale per l’internazionalizzazione delle imprese, anche di quelle criminali.
In particolare, il meccanismo finanziario dei cambi, che dipende dalle poche divise forti, e la possibilità di trasferire denaro per via elettronica, se da una parte hanno reso facili e rapide le transazioni economiche internazionali, hanno pure creato notevoli difficoltà ai governi relativamente al controllo dei movimenti di capitale, rendendo assai agevole l’occultamento o il riciclaggio di denaro sporco. Infatti, sono tanti i punti di accesso al sistema finanziario mondiale (paradisi finanziari) che, quando pure si riesce a controllarne qualcuno, si ottiene solo l’effetto di spostare semplicemente i flussi di denaro provenienti dal mercato del’illecito verso un altro varco.
Le grandi metropoli, simbolo della società industrializzata, dei prodotti e dei consumi di massa, sono anche i santuari del commercio, dello smistamento e dello stesso consumo dei prodotti illeciti, soprattutto stupefacenti, prostituzione, gioco d’azzardo ecc…
La droga, in particolare, è sempre il prodotto basico mondiale di questo mercato tanto che il commercio internazionale di stupefacenti ha raggiunto dimensioni astronomiche con profitti che superano il prodotto interno lordo di molti paesi in via di sviluppo.

Tratto da: liberainformazione.it

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