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L’Associazione delle Agende Rosse di Milano “Peppino Impastato e Adriana Castelli” ha lanciato anche quest’anno il concorso nazionale “Il fumetto dice no alla mafia”.
L’iniziativa è dedicata al medico siciliano Attilio Manca che secondo diverse indagini fu assassinato da Cosa nostra - dopo aver curato il boss Bernardo Provenzano, all’epoca latitante - nella sua casa a Viterbo nel 2004.
A questo progetto hanno aderito anche il Ministero dell’Istruzione, l’istituto comprensivo “Monte Amiata” di Rozzano e il liceo artistico “Fausto Melotti” di Cantù e Lomazzo.
Certamente i soci dell’associazione delle Agende Rosse “Peppino Impastato e Adriana Castelli” hanno svolto nel corso degli anni delle attività di grande impegno e valore civile. Come ad esempio presenziare nelle scuole quasi quotidianamente per far conoscere agli studenti le storie delle vittime di mafia come Peppino Impastato, Mauro Rostagno, Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, anche attraverso i fumetti.
Oltre a questo l’Associazione milanese ha lanciato anche un altro concorso - dedicato questa volta alle donne che hanno avuto il coraggio di ribellarsi alla prepotenza mafiosa e di iniziare una nuova vita fuori dal cerchio criminale della propria famiglia di origine, come ad esempio Lea Garofalo e sua figlia Denise - dal nome “1,10,100 .., ninne nanne, filastrocche e giochi per dire No alla mafia”, al quale possono partecipare anche i bambini.
Il concorso in questione nasce dall’incontro con una testimone di giustizia, la quale, in un incontro pubblico, ha raccontato le abitudini educative che la cultura mafiosa - quella della ‘ndrangheta in particolare - esercita sui propri figli appena nati, dando loro un’impronta comportamentale e psicologica talmente profonda da condizionare irrimediabilmente il loro sviluppo umano. “Le mamme della ‘ndrangheta - hanno raccontato i promotori dell’iniziativa - quando allattano i propri figli al seno la prima cosa che gli dicono è: ‘... tu figlio mio con gli sbirri non ci parli …, tu figlio mio con gli sbirri non ci parli …, tu figlio mio con gli sbirri non ci parli …’, e questa diventa una vera e propria ninna nanna, una cantilena ripetuta ed interiorizzata nella giovane ed incosciente mente del fanciullo che mai come in questi primi anni di vita è ricettiva degli stimoli e ne fa tesoro”.
Il presidente dell’associazione ha raccontato come ha avuto origine l’idea di indire dei concorsi fumettistici che raccontassero la mafia, “sei anni fa sono entrato in una classe a parlare di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e l’ho fatto con un fumetto. Alla fine della lezione un bambino, Gabriele, mi ha consegnato il suo disegno: aveva raffigurato una partita di calcio con un tabellone con scritto Mafia 13 – Carabinieri 14. Da quel giorno ho capito che cosa avrei dovuto fare”, inoltre commentando i risultati raccolti dall’iniziativa ha voluto sottolineare che “abbiamo ricevuto più di 700 elaborati che arrivano dalle scuole di ogni ordine e grado: abbiamo materiale fatto dai nidi fino agli studenti dell’Università comprese le scuole di fumetto.
Non ci aspettavamo un simile successo e siamo felici che la nostra idea di usare il fumetto come veicolo di memoria e cultura sia funzionata” e ancora “ci siamo accorti che nelle aule non si parlava di mafia. Nei corridoi, nelle classi ci sono cartelloni dei primitivi, delle foglie, del corpo umano ma poche storie che parlano di legalità e di lotta alla criminalità organizzata”.
Da qui l’idea di rivolgersi al mondo dell’istruzione per passare il testimone ai più giovani. Il concorso, giunto alla sua seconda edizione, vuole stimolare la creatività dei ragazzi, invitandoli a realizzare non solo fumetti ma anche cartoni animati. “Sono questi i mezzi di comunicazione liberi e sempre più riconosciuti - spiegano gli organizzatori - dalle nuove generazioni, capaci di unire, con un linguaggio diretto, immediato e semplice, il disegno e la creatività nelle sue molteplici espressioni, con la conoscenza e l’approfondimento della storia”.

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