“Si dovrebbe agire su quelle che sono le menti di ciò che è successo, non sugli esecutori. La strada per arrivare alla verità è ancora lunga”. Questo è stato il concetto principale espresso da Salvatore Borsellino - fratello del giudice ucciso in via D’Amelio il 19 luglio 1992 a Palermo - intervenuto venerdì all’evento inserito nel progetto "Mafia in Nove Atti", organizzato dall’associazione Elsa Verona in collaborazione con l’associazione culturale Falcone e Borsellino. Oltre a Salvatore sono stati presenti il giornalista e caporedattore di ANTIMAFIADuemila Aaron Pettinari, il professore Enzo Guidotto dell’Osservatorio Antimafia, l’autrice del libro “Un giorno questa terra sarà bellissima” Silvia Camerino, l’ex membro della scorta di Giovanni Falcone e sopravvissuto alla strage di Capaci Angelo Corbo, due professori di diritto penale Roberto Flor e Lorenzo Picotti. Inoltre c’è stata la partecipazione di un attore della compagnia Teatro Bresci, Giacomo Rossetto, moderatore Niccolò De Pra.
Stragi senza verità
Indubbiamente come ha ricordato Aaron Pettinari “la storia del nostro Paese è stata attraversata da tante stragi sulle quali non c’è ancora una verità completa”. Zone d’ombra su cui ancora non è stata fatta piena luce, come “le presenze oscure di uomini dei servizi soprattutto in via d’Amelio” e la sparizione di documenti di estrema rilevanza come l’Agenda Rossa di Paolo Borsellino e i file di Giovanni Falcone, misteriosamente spariti dai suoi uffici dopo la strage di Capaci. “Non sono stati uomini di mafia che hanno prelevato l’agenda rossa dalla macchina di Paolo Borsellino” - ha concluso Pettinari - come “non sono stati dei mafiosi ad entrare nell’ufficio di Falcone nei giorni successivi alla strage”.
Silvia Camerino: “Paolo non è stato sconfitto”
Nel suo intervento Silvia Camerino, autrice del libro “Un giorno questa terra sarà bellissima”, ha descritto il percorso culturale che l’ha portata a scrivere questo testo, sottolineando successivamente il ruolo chiave delle giovani generazioni all’interno della società: “L’unico ruolo che noi abbiamo è quello di studiare. Perché è lo studio che ci permette di sviluppare una personalità e ci permette di essere delle persone oneste. Lo studio rende il nostro mondo il migliore de mondi possibili".
Senza dubbio la formazione culturale è un’arma potentissima, in grado di formare una coscienza critica che potrebbe portare ad un rinnovamento nel modo di intendere la società. Come ha affermato anche Silvia “un giorno questa terra sarà bellissima. Paolo non è stato sconfitto”.
Salvatore Borsellino: “Sicuramente Paolo in quell’agenda ha parlato della trattativa”
Il fratello del giudice Paolo Borsellino è da sempre in prima linea nella lotta per chiedere verità e giustizia sulla strage di Via D’Amelio. Nel suo intervento ha voluto precisare come i processi sulla morte di suo fratello abbiano da sempre subito ogni sorta di ostacolo e di depistaggio tali da provocare ritardi ed omissioni nell’individuazione dei responsabili.
“L’unica cosa su cui c’è stata una risposta - ha detto Salvatore - è che mio fratello sia stato ucciso forse…forse per mano della mafia. Non possiamo essere sicuri neanche di quello dal momento che il pentito Gaspare Spatuzza ha dichiarato che c’era un soggetto che sovrintendeva al riempimento del tritolo nella 126. Era uno dei servizi perché Gaspare Spatuzza non lo riconosce, non era di Cosa Nostra”.
Di sicuro, come già detto prima, uno dei più grandi misteri della strage di Via D’Amelio resta la sparizione dell’agenda rossa di Borsellino, la cui esistenza venne addirittura smentita dal capo della squadra mobile di Palermo Arnaldo La Barbera, il quale rispose con stizza e fastidio a Lucia Borsellino apostrofando la sua richiesta di riavere indietro l’agenda come un delirio mentale: “Agnese faccia curare sua figlia perché ha problemi mentali” furono le sue parole, così come ha raccontato Salvatore.
Inoltre non è mancato un riferimento alle recenti parole di Salvatore Baiardo, il quale, come emerge dalle sue dichiarazioni rilasciate in esclusiva alla trasmissione di Report, avrebbe gestito la latitanza dei fratelli Graviano, affermando che lo stesso Giuseppe Graviano era in possesso di una copia dell’agenda rossa. “Io la prima volta che ho sentito questa cosa sono rimasto allibito - ha spiegato il fratello del giudice - e mi è sembrata una menzogna. Ma poi ho pensato che, può darsi che una copia di quell’agenda sia stata data alla mafia come pegno del silenzio su quella scellerata trattativa che è costata la vita a mio fratello”.
Impegno a intermittenza nella lotta alla mafia
Occorrono sul versante “investigativo e giudiziario uomini e mezzi adeguati al livello del conflitto”. Così il professore Enzo Guidotto si è espresso durante il suo intervento, ribadendo più volte che la mafia a differenza dello Stato si è evoluta nel corso del tempo mentre quest’ultimo ha mancato di fornire alla magistratura e alle Forze dell’Ordine gli strumenti normativi necessari per combattere la criminalità organizzata: “La prima legge antimafia fu emanata soltanto nel 1982, a dieci giorni dalla morte del Prefetto della Chiesa e a quattro mesi dall’uccisone di Pio La Torre che era stato il primo firmatario del disegno di legge”.
Il professore ha evidenziato che lo Stato si è limitato a reagire successivamente alle azioni più eclatanti, non occupandosi invece dell’aspetto più pericoloso delle mafie, cioè quello delle infiltrazioni nel settore dell’economia e della politica. “È mancata quindi una strategia a 360°”, ha chiarito Guidotto, capace di aggredire sotto ogni aspetto le organizzazioni mafiose e soprattutto quel terreno fertile che ne ha permesso lo sviluppo.
Uno spazio nell’intervento è stato dedicato anche all’analisi degli effetti che la mafia ha sull’economia sociale, basata sugli studi del Censis (un istituto di ricerca socio-economico). Quest’ultimo in effetti “ha rilevato come negli ultimi anni se non ci fosse stata la zavorra della mafia sulle imprese e sul sistema economico, esso avrebbe potuto produrre e creare 180.000 posti di lavoro in più ogni anno”.
Nella parte finale il professore ha sottolineato che per combattere le infiltrazioni mafiose all’interno della politica devono essere espulsi “i corrotti e i collusi” e che occorre “sbarrare la strada dai corrotti ai collusi in base al criterio dell’articolo 54 della Costituzione dove si legge che chi svolge funzioni pubbliche si deve comportare con disciplina e onore”.
Quel passo in più per arrivare ai mandanti esterni
L’ex membro della scorta di Giovanni Falcone e sopravvissuto alla strage di Capaci, Angelo Corbo, ha raccontato la sua esperienza come giovane membro della polizia di Stato, il quale in un determinato momento, si è ritrovato a scortare il giudice di Palermo, per lui grande punto di riferimento.
Non erano anni facili per il magistrato e la sua scorta, “c’erano signore palermitane che venivano a lamentarsi per il rumore delle sirene delle macchine della polizia” ha raccontato Corbo, ricordando inoltre che lo Stato molte volte ha mancato di mettere a disposizione della squadra mobile i mezzi necessari per svolgere il servizio, “c’era un certo La Barbera che ogni tanto si dimenticava che il servizio di scorta a Giovanni era pericoloso e visto che alle volte le macchine della polizia erano rotte ci mandava in giro con macchine normali”.
Anche Crobo ha voluto sottolineare la natura anomala delle stragi del 1992 che “non sono state fatte da Cosa Nostra. Forse è stata il braccio armato, ma le stragi non sono state organizzate da Cosa Nostra”.
Cosi come per la strage di via D’Amelio infatti, anche all’interno di quella di Capaci, ci sono molte zone d’ombra. Come ad esempio la sparizione della ventiquattro ore che apparteneva al giudice Falcone, “nessuno parla mai della valigetta che aveva Giovanni Falcone quando scese dall’aereo”.
Certamente molti elementi investigativi sono arrivati a punti importanti ma “non si fa mai quel passo in più che ci consente di arrivare ai veri mandanti delle stragi” ha detto concludendo Angelo Corbo.
Una ricerca che 29 anni dopo ci riguarda tutti.
''Mafia in Nove Atti'': non solo Cosa Nostra organizzò le stragi
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- Luca Grossi