La relazione della Direzione nazionale antimafia: “41bis da potenziare e non attenuare”
"Il sistema penitenziario, già appesantito dalla cronica situazione di sovraffollamento degli istituti penitenziari, non ha retto all'impatto con la grave pandemia che ha colpito il Paese, né le misure emergenziali adottate per contenere il rischio di contagio epidemiologico tra i detenuti e tra gli addetti alla custodia degli stessi si sono rivelate adeguate alla gravissima compromissione degli standard di sicurezza all'interno delle carceri". E' quanto si legge nella relazione annuale della Direzione nazionale antimafia, la quale ricorda come "l'applicazione generalizzata di una interpretazione della disciplina dettata dagli articoli 146 e 147 del codice penale, sganciata dalla sussistenza effettiva e attuale dei presupposti normativi, ha determinato la contemporanea scarcerazione e/o detenzione domiciliare di centinaia di detenuti di elevatissima pericolosità, alcuni anche sottoposti al regime del 41 bis, cui ha fatto seguito il concreto rischio di una gravissima compromissione dell'ordine e della sicurezza pubblica". Secondo la Dna, "i provvedimenti di accoglimento adottati nei confronti di condannati per gravissimi delitti di criminalità organizzata non hanno nemmeno valutato le conseguenze devastanti di una detenzione domiciliare nella località di origine, dunque, nel territorio di operatività dell'organizzazione mafiosa di appartenenza vanificando totalmente e irrimediabilmente le esigenze di prevenzione che sono alla base del regime speciale previsto dall'articolo 41 bis e del regime di Alta sicurezza". Gli accadimenti, si legge ancora nella relazione della Direzione nazionale antimafia, "sono troppo recenti per una valutazione complessiva della vicenda che richiede un'analisi approfondita delle ragioni e delle conseguenze di quanto accaduto nel contesto della pandemia in atto", ma "certo è che nonostante i provvedimenti governativi che hanno tentato di porre rimedio alla conseguente gravissima situazione di pericolosità e il costante aggiornamento che questo ufficio assicura alle Dda in ordine ai detenuti AS3 e 41bis per i quali non è stata ripristinata la detenzione in carcere", si rileva nel documento, "ad oggi risultano ancora presenti sul territorio centinaia di 'mafiosi', appartenenti alle diverse organizzazioni criminali (Cosa nostra, 'Ndrangheta e Camorra) ai quale è stato consentito di riallacciare relazioni e contatti che indiscutibilmente rafforzeranno il potere della criminalità".
41bis da potenziare
Sempre in tema carceri, argomento sensibile nella dimensione della lotta alla mafia, osserva la Dna, “il regime deve essere potenziato e mai attenuato, atteso che sul fronte della lotta alla mafia si può solo avanzare e non arretrare e che, in tale contesto, il ruolo dell'istituto previsto dall'articolo 41 bis è imprescindibile". La Dna sottolinea che "si tratta pertanto di un ruolo che va potenziato con nuovi investimenti per la creazione di strutture adatte allo scopo e non certo depotenziato o rispetto al quale si possa addivenire ad una limitazione dei soggetti sottoposti per ragioni diverse dal venir meno della loro capacità di comunicare in maniera efficace con l'organizzazione criminale nella quale continuano ad avere un ruolo di vertice". In questo senso, si legge ancora nel documento, "diviene sempre più pressante l'esigenza di individuare nel piano carceri nuove strutture idonee, nate esclusivamente per l'assolvimento della funzione di prevenzione prevista dall'articolo 41 bis, e da destinare in via esclusiva a tale scopo".
I soldi del Recovery nel mirino delle mafie
Per quanto riguarda il fronte economia la Direzione azionale antimafia osserva che l’"immobilismo” delle mafie è solo “apparente” perché dietro si cela la "prosecuzione dei tradizionali business" e "l'esplorazione di nuove modalità, finalizzate ad inserirsi nei settori più appetibili dell'economia nazionale, alla luce anche del gettito monetario e dei cospicui contributi che l'autorità di governo e l'Unione Europea hanno deciso di stanziare e destinare, nell'ambito di un piano pluriennale, alle imprese e a tutti i settori produttivi del Paese". Il riferimento è agli aiuti Covid e i soldi del Recovery Plan, finiti sotto il mirino delle mafie. I finanziamenti legati all'emergenza pandemia rappresentano infatti una torta troppo grossa per rinunciarvi: “Le organizzazioni criminali - premette la relazione - continueranno ad essere veicoli d'infiltrazione all'interno del sistema economico, alimentando sempre più forme assistenziali correlate allo sviluppo di una economia sommersa. D'altra parte, esse hanno saputo ampliare gli orizzonti operativi e strategici, e - in una prospettiva di medio-lungo termine - indirizzeranno quantità ingenti di denaro di provenienza illecita verso nuove opportunità derivanti dalla post-epidemia, quali quelle offerte dal settore sanitario, dalle forniture medicali, ma anche quelle offerte dai più tradizionali settori dell'edilizia, del turismo, della grande distribuzione, del comparto scolastico".
Secondo gli analisti della Dna, "le organizzazioni criminali in piena crisi emergenziale hanno saputo sfruttare, anche se spesso solo attraverso maldestri tentativi, le condizioni favorevoli che il mercato nazionale e mondiale ha creato attraverso una impellente domanda di materiale para-medicale, in grado di fronteggiare l'avanzata del virus. Ben più allarmante è la constatazione che gli interessi criminali, soprattutto del tipo economico-finanziario espressi dai predetti sodalizi, hanno saputo cogliere il carattere dell'estrema urgenza sedente nella tutela della salute pubblica, subentrando anche attraverso la pre-costituzione di reticolate schermature societarie, nelle procedure pubbliche dirette all'affidamento della fornitura di beni e servizi, anche in deroga alle norme previste dal Codice degli appalti". Con l'intensificarsi delle attività preventive e repressive sia di magistratura e forze di polizia, "si è assistito ad una lieve flessione delle condotte criminali ruotanti intorno all'indotto della compravendita di materiale sanitario; per converso, come si rileva dal trend in crescita, registrato e rilevabile delle segnalazioni inoltrate dall'Uif, i rischi di usura sono accresciuti proprio a seguito dell'indebolimento economico di famiglie e imprese, facilitando l'acquisizione, diretta o indiretta, delle aziende da parte delle organizzazioni criminali". E "sulla stessa scia, infine, sono state rilevate anche numerose segnalazioni da cui sono scaturiti opportuni approfondimenti pre-investigativi che hanno avuto per oggetto le risorse a sostegno della liquidità messe a disposizione dal governo, soggette anch'esse a tentativi di sviamento e di indebita appropriazione registrati in capo a personaggi intranei e/o a disposizione di sodalizi criminali anche organizzati". Da ultimo “è stato interessante cogliere ulteriori spunti pre-investigativi dal contenuto di numerose segnalazioni riferibili all'emergenza sanitaria in corso, accertando non le classiche manovre speculative riferibili alla compravendita di materiale sanitario, ma anomalie inerenti a condotte di presunto riciclaggio di ingenti capitali allocati all'estero che, con il pretesto del finanziamento in favore di società italiane e destinati ad imprecisate attività volte a sostenere la contingente emergenza sanitaria, si è tentato di far rientrare in Italia".
‘Ndrangheta in grado di condizionare mercati
Per quanto riguarda la ‘Ndrangheta la Dna notifica come si tratti ormai di “una organizzazione criminale di nuova generazione, che non si limita a svolgere una funzione vessatoria e parassitaria sulle imprese e l'economia legale, ma è essa stessa impresa, in grado di condizionare il mercato, garantendo l'erogazione di servizi richiesti dai mercati legali in maniera estremamente vantaggiosa". Nella relazione viene sottolineato come le associazioni 'ndranghetiste tendano a conformarsi al modello delle aziende commerciali e a seguirne "le medesime tendenze: specializzazione, crescita, espansione nei mercati internazionali e rapporti con altre realtà economiche". Ne derivano la vocazione ad "ampliare lo spettro delle attività illecite e di proiettare la loro influenza su aree territoriali sempre più vaste" e "la capacità di tessere una ragnatela di rapporti con il mondo imprenditoriale e delle istituzioni", rendendo ancora più "allarmante e persistente la minaccia di infiltrazione nel comparto degli appalti di opere pubbliche". In sostanza, la ‘Ndrangheta si conferma "l'organizzazione criminale più pericolosa e più potente tra le mafie", "in relazione, sia ai volumi di affari raggiunti - in particolare nei traffici internazionali di droga, nella gestione delle attività estorsive e nel controllo degli appalti pubblici - sia alla capacità di infiltrazione e condizionamento della società civile e delle pubbliche amministrazioni”.
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