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Antonio Ingroia si racconta a Repubblica tra esperienza in toga, vicende giudiziarie e mediatiche

Antonio Ingroia, già procuratore aggiunto a Palermo e oggi avvocato, ha parlato di sè a Repubblica, del suo passato e della sua lunga carriera da magistrato. Rispondendo alle domande del giornalista Salvo Palazzolo, Ingroia si è soffermato sul periodo più complicato dell'inchiesta sulla Trattativa Stato-mafia, sulla quale lavorava, quando venne sollevato dal Quirinale il conflitto d'attribuzione per la vicenda delle intercettazioni telefoniche tra Giorgio Napolitano e Nicola Mancino. "Un giorno dissi ai colleghi che con me seguivano il fascicolo sulla Trattativa: “È il momento di chiudere l’indagine, non prenderemo più nulla. Dobbiamo andare dritti all’udienza preliminare”. Non c’era più spazio per andare avanti. Anche l’allora presidente dell’Anm, Luca Palamara, era schierato con il presidente della Repubblica Napolitano. Eravamo isolati". Dopo quella dura decisione Ingroia lasciò la toga da magistrato. "Già allora stavo maturando la decisione di lasciare la magistratura", ha affermato. "Quando poi decisi il mio impegno in politica lo feci per dare un servizio proprio alla magistratura". "Nomi importanti mi avevano convinto che ci sarebbe stato un accordo con il Pd", ha aggiunto Ingroia ricordando quel periodo. "Da Leoluca Orlando ad Antonio Di Pietro, ad Oliviero Diliberto. Ma così non fu. Bersani non volle neanche confrontarsi con me. E Vendola, all’epoca capo di Sel, mi chiamò perché rinunciassi al progetto di Rivoluzione Civile, offrendomi un posto di senatore. Rifiutai. In meno di due mesi ebbi i voti di quasi un milione di persone". E ancora. "In questo momento faccio l’avvocato, con grande soddisfazione. Ho uno studio a Roma, uno a Palermo, uno a Milano e un altro in America, dove mi occupo di consulenza agli imprenditori italiani all’estero, o che all’estero vogliono investire. Di politica continuo ad occuparmi, ma sto ai margini di questa politica gridata". L'ex magistrato ha affermato di non aver nessun rimpianto. "Ho fatto una carriera di cui sono orgoglioso, ho avuto il privilegio di lavorare al fianco di Falcone e soprattutto di Borsellino, il mio maestro. E ho vinto tutti i processi, da Contrada a Dell’Utri, alla Trattativa". Ingroia ha poi parlato della recente sentenza che lo ha visto condannato (solo per il capo di imputazione meno grave) nella vicenda Sicilia e-servizi. "Sicilia e-servizi è stata una esperienza importante, ho fatto risparmiare svariati milioni di euro", ha commentato. "Sono stato condannato per l’accusa che ritengo più ridicola, ma soprattutto assolto dall’accusa più grave. E rilevo che da quando mi sono dimesso c’è stata una speciale attenzione nei miei confronti soprattutto da parte della nuova procura palermitana".
Sempre riguardo a recenti vicende che lo hanno riguardato, Antonio Ingroia ha riposto a una domanda sulle sue dichiarazioni al talk show di Klaus Davi in cui ha affermato che dietro al Coronavirus potrebbe esserci anche la ’Ndrangheta. Per Ingroia quell'affermazione è "poco più di una boutade. Era un’ipotesi dopo alcuni ragionamenti sui possibili complotti delle multinazionali del vaccino e sugli interessi delle mafie in questo momento storico", ha spiegato. Infine l'ex pm ha parlato di alcune delle figure pubbliche più importanti della Sicilia degli ultimi anni sulle quali si è discusso nei giornali e in televisione come ad esempio Antonello Montante, Silvana Saguto e Rosario Crocetta. L'ex pm ha valutato "positivamente" l'ex governatore della regione Sicilia "dal punto di vista etico ed umano. Ma - ha precisato - politicamente è stato timido. Aveva promesso una rivoluzione, che non c’è stata". Mentre sulla Saguto e Montante ha detto: "Non hanno fatto bene all’antimafia né l’uno né l’altra. Ma non li metterei sullo stesso piano. La Saguto era rappresentante delle istituzioni e della magistratura. Montante no".

Foto © Imagoeconomica

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