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protocollo ilardo rainews24 finocchiaroSu Rai News l’inchiesta sulla morte del confidente dei carabinieri Luigi Ilardo

La sera del 10 maggio 1996 a Catania viene fermato per sempre il confidente dei carabinieri e della Dia Luigi Ilardo (nome in codice “Oriente”), freddato sotto casa dai colpi di pistola esplosi dagli uomini del clan Santapaola. Con sentenza definitiva sono stati condannati in Cassazione lo scorso 1° ottobre Giuseppe Madonia, Vincenzo Santapaola, in qualità di mandanti, Maurizio Zuccaro come organizzatore, ed Orazio Benedetto Cocimano, come esecutore materiale. Un passo importante certo, quello raggiunto con il pronunciamento dei giudici ermellini, ma molte domande sul caso restano aperte; presunte complicità istituzionali, soffiate, depistaggi. Di questo e molto altro parla l’inchiesta a firma di Pino Finocchiaro andata in onda ieri in prima serata su Rai News dal titolo "Chi ha fermato la fonte Oriente? Le ombre sul caso Ilardo". Un nome, “Oriente”, che solo alcuni degli addetti ai lavori sapevano. Gli stessi che seguivano il percorso di Ilardo di collaborazione con la giustizia che avrebbe dovuto ufficializzare a Roma tre giorni dopo la sua morte. Eppure Dia e Carabinieri non erano gli unici a sapere di questa seconda identità del capo mafia. Anche Cosa nostra, in qualche modo, ne era al corrente. Ed è qui che sorge la domanda sulla quale Pino Finocchiaro costruisce l'intera inchiesta. Come faceva Cosa nostra ad essere a conoscenza di un’informazione di tale riservatezza? Si ipotizza che la soffiata sia arrivata da ambienti esterni ad essa, in particolare da fonti istituzionali del tribunale di Caltanissetta che poi le avrebbero girate ai carabinieri del Ros i quali avrebbero infine diffuso la notizia in giro, come ha dichiarato in aula il pentito Pietro Riggio la scorsa settimana. Così come si pensa che Cosa nostra lo sia venuto a sapere con largo anticipo senza però intervenire subito, come sostiene il pubblico ministero Pasquale Pacifico raggiunto dal giornalista Finocchiaro: “Probabilmente Cosa nostra era al corrente del ruolo di confidente di Luigi Ilardo già tre o quattro mesi prima dell’omicidio”, dice riportando le parole del collaboratore di giustizia Antonino Giuffrè. Luigi Ilardo non viene ucciso perché faceva il confidente di Michele Riccio (il colonnello dei carabinieri con il quale Ilardo stava collaborando, ndr)”. Secondo Pacifico, il reggente di Caltanissetta viene eliminato “perché non si vuole che formalizzi la sua collaborazione con l’autorità giudiziaria”. Infatti, aggiunge, ci sarebbe stata “un’accelerazione dell’omicidio. E questo lo posso dire con cognizione di causa perché nella sentenza di primo grado, ripresa poi da tutte le altre sentenze, se ne parla specificamente”. Ma perché si temeva la collaborazione con la giustizia di Ilardo? Cosa avrebbe potuto raccontare il capo mafia di così dirompente ai magistrati? Sempre stando alle parole del magistrato che ha rappresentato l’accusa nel processo di primo grado,Luigi Ilardo aveva parlato a Riccio di Marcello Dell’Utri. Un nome che all’epoca aveva certamente un altro peso rispetto ad oggi”, precisa Pacifico. Di fatti quelli erano gli anni in cui iniziavano a delinearsi i primi effetti della trattativa tra lo Stato e la mafia di cui l’ex senatore e fondatore di Forza Italia era uno dei più illustri protagonisti. Luigi Ilardo però parla anche dei rapporti dei servizi segreti deviati con la massoneria. Parla di un summit a Palermo tra boss e gran maestri delle logge massoniche. A Mezzojuso era riuscito a portare i carabinieri a un passo dalla cattura di Bernardo Provenzano (allora latitante). Fa nomi di peso, rivela dinamiche, cointeressenze e tanto altro. Insomma Luigi Ilardo era una mina vagante. Ecco perché un'eventuale collaborazione con la giustizia sarebbe stata devastante per quegli ambienti grigi e quelle “menti raffinatissime” che in quegli anni facevano il bello e il cattivo tempo in Sicilia, come in tutta Italia. “Quelle verità non potevano essere consacrate in un'aula di tribunale”, dice Pino Finocchiaro ricostruendo tutta la vicenda. Per questo Luigi Ilardo viene lasciato a sé stesso - viene rimandato in Sicilia senza alcuna protezione da Gianni Tinebra (al tempo procuratore di Caltanissetta) dopo una riunione segretissima nella sede del Ros avvenuta qualche giorno prima dell’omicidio - e per questo viene ammazzato.
Ma i misteri avvolgono anche l’inchiesta che poi verrà riaperta da Pasquale Pacifico nel 2010. Il pm denuncia che agenti esterni hanno monitorato l’attività investigativa della procura: “Tutti abbiamo avuto questa sensazione, per questo - dice - abbiamo dovuto blindare l’inchiesta”.
L’unica certezza in questa vicenda “è che Luigi Ilardo è stato lasciato da solo dallo Stato”, come afferma Aaron Pettinari caporedattore di ANTIMAFIADuemila, anche lui intervistato dal collega Finocchiaro. La stessa cosa che denuncia da anni la famiglia Ilardo, su tutti la figlia del confidente, Luana, che oggi chiede allo Stato di assumersi le proprie responsabilità sull’isolamento del padre e chiede alle istituzioni di rispondere delle presunte complicità nell’omicidio. Complicità sulle quali ancora oggi, a distanza di 24 anni, non è stata ancora detta l’ultima parola.

VIDEO Guarda lo speciale andato in onda su Rainews 24

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